Capitolo 19

27 2 0
                                    

Rimango sveglia. Non passerò le mie ultime ore a dormire. Domani mattina mi consegneranno e non ci sarà nulla da fare per scampare ad una morte certa.

Il ragazzo moro rimane di guardia assieme all'uomo più anziano mentre tutti gli altri dormono. Sento i loro occhi su di me registrare anche il più impercettibile movimento. Ogni tanto rivolgono l'attenzione altrove, assicurandosi che non ci sia nessun altro in questo luogo. Il fuoco è quasi spento, una piccola fiamma ancora brucia al centro del rovo di rami.

Il suono di un ramo che si spezza richiama la loro attenzione. Un secondo ramo fa la stessa fine con un rumore secco.

I due uomini si alzano in piedi. Ne approfitto per cercare di sciogliere i lacci che mi tengono uniti i piedi. Riesco a muovere abbastanza le mani, ma sfregare i polsi tra di loro mi provoca dolore. Stringo i denti e continuo.

Il rumore di altri rami spezzati spinge anche gli altri uomini ad aprire gli occhi e a mettersi in piedi, appena in tempo per il palesarsi di Orfeo.

Penso di star sognando, o saranno le allucinazioni dovute alle ferite. Ha il mio sandalo sinistro in un mano, l'altra alzata in segno di resa.
"Lasciatela andare" afferma facendosi avanti. Ho quasi finito di sciogliere la corda ma devo tirare indietro le mani prima che mi scoprano. "Ho qualcosa che vale molto di più del denaro che l'Imperatore ha offerto."

Gli uomini si scambiano degli sguardi. "Ci ha offerto più di quanto tu possa immaginare ." dice uno di loro.

"Ciò che vi offro vale almeno il doppio" ribatte Orfeo.

"Facci vedere" gli ordina l'uomo dalla barba bianca.

Orfeo si toglie la collana che ha sempre portato al collo e di cui non ha mai mostrato il pendente. Ora è sotto gli occhi di tutti, illuminato dalle ultime fiamme del fuoco e dalla luna: un anello di diamanti. Interamente incastonato di diamanti luccicanti. Penso di non aver mai visto così tanti diamanti nemmeno nelle vetrine delle gioiellerie.

Gli uomini sono rimasti a bocca aperta ed io sono riuscita finalmente a liberarmi.

L'anziano fa un passo avanti verso l'oggetto, Orfeo uno indietro. "Se ve lo do, lei viene con me, e ci lascerete in pace. Ognuno per la sua strada" mette in chiaro Orfeo.

"Liberatela" ordina l'uomo. Il ragazzo moro si avvicina per fare quanto gli è stato detto.

"Mi dispiace tanto" mormora scostando le corde. "Mi dispiace davvero tanto. Io... pensavo che fossi spacciata. Non volevo che andassi incontro ad una morte violenta."

"Di cosa stai parlando?" gli domando più confusa che mai.

"Io..." mormora ancora concentrato sulle corde.

"Perché ci mette tanto?" La voce di Orfeo mi arriva improvvisamente lontana. Molto lontana. Ed inizio a vedere delle bolle di sapone galleggiare nell'aria. Poi della luce così forte che mi spinge a chiudere gli occhi.

"Che mi hai fatto?" gli chiedo, ma non sento la mia voce. Così glielo ripeto, ma i suoni mi appaiono ovattati.

Sento l'odore di giglio. Orfeo. Sento tante voci confuse che si mescolano tra di loro, si sovrappongono e mergono insieme. Delle braccia mi sollevano e mi portano lontano da queste voci.
Mi giunge all'orecchio quella inconfondibile di Orfeo. "Andrà tutto bene."

Quando riapro gli occhi è mattina. Non riconosco il luogo in cui mi trovo, le pareti in legno che mi circondano e tutti i barattoli contenenti liquidi colorati sistemati sui tavoli.

Riconosco Orfeo dai suoi capelli biondi, ora spettinati e dai quali spunta qualche fogliolina. Sta parlando con un uomo dall'altra parte della stanza. Li vedo seduti ad un tavolo e della loro conversazione mi arrivano solo mormorii.

Mi metto a sedere e vorrei alzarmi ma mi sento la testa pesante e la stanza inizia a girare. Orfeo e l'altro uomo mi si avvicinano.

"Sei ancora molto debole, devi riposare" mi dice lo sconosciuto.

"Che è successo?" chiedo ad Orfeo la cui mano è sulla mia schiena. Mi accarezza delicatamente spingendomi a tornare sdraiata.

"Sei stata avvelenata, ma ora sei al sicuro. Gaius ti ha guarita" risponde indicando l'uomo.

Mi torna in mente tutto, gli uomini che mi hanno rapita e quel tizio che mi ha offerto del cibo. "Mai accettare cibo dagli sconosciuti" dico ad alta voce, pensando a quello che mi dicevano sempre i miei genitori quando ero piccola. Immagino che avessero ragione.

Gaio mi passa dell'acqua che accetto volentieri. Non mi ero resa conto di avere la gola così secca.

Gaius si congeda affermando che andrà in paese, lasciandoci soli. Mi accorgo solo ora delle bende che mi coprono i polsi e le caviglie, e di qualche crema dallo strano odore spalmata sui lividi.

"Pensavo non saresti venuto" gli confesso.

"Emma, se ancora non lo avessi capito, scenderei negli inferi pur di salvarti." Mi lascia un bacio sulla mano. "Per la prima volta, dopo tanto tempo, ho avuto paura. Ho avuto una fottuta paura di perderti ed è tutta colpa mia."
"Ci siamo dentro entrambi" gli ricordo accarezzandogli la guancia.

"Non vedo come potrei mai perdonarmi per tutto quello che è successo. Ero così ossessionato dal piano da non riuscire a pensare ad altro."

"Abbiamo entrambi cose di cui dobbiamo perdonarci. C'è ancora una lunga strada da fare. Ne verremo a capo."

Passo la maggior parte del tempo a dormire, e nei momenti in cui sono sveglia parlo con Orfeo.
"Come hai conosciuto Gaius?" gli domando a cena di fronte ad un brodo caldo.

"Ti ho detto che conoscevo quelli come te, strega" risponde citando il modo in cui mi chiamò la prima volta che ci incontrammo. Sorrido a quel ricordo pensando a quanto tempo sia passato. Sembra un'eternità. "La prima volta che sono andato a Roma per chiedere la mano di Delia sono stato morso da un serpente. Successe in pieno giorno e un uomo che passava di lì mi vide accasciato a terra. Mi portò da Gaio che mi curò, salvandomi la vita."

Perdersi un giorno d'autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora