Prologo

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Song: 11th Dimension – J. Casablancas

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La stanza è arredata in modo fin troppo elaborato, odora di lucido, e quasi fottutamente risplende nella luce pomeridiana. E' fondamentalmente una pubblicità per un sito di casa e giardinaggio. E' magnifica, certo, con i suoi pavimenti di legno color miele e muri sui toni del crema, delle finestre pittoresche vivacizzano ogni stanza e i mobili più sfarzosi e riccamente ornati (in stile Barocco, per l'amor del Cielo) sono sistemati nel più originale degli schemi.

E' lussuriosa ed elegante. E, cazzo, Christian la detesta.

Non perché non sia bella – non è uno stupido – ma per ciò che è. Per ciò che rappresenta. Eccolo qui, ha sempre mantenuto una vita tediosa, perfettamente normale ed economicamente responsabile senza i soldi di suo padre (grazie mille) ed ora, come da accordo pervenuto tra i suoi adorati genitori in quella disgustosa sorta di divorzio alcuni anni prima, suo padre ha insistito che Christian frequentasse la più imbarazzantemente prestigiosa università che l'Inghilterra ha da offrire.

Nessuna pressione, ovviamente.

Ancora meglio, il carissimo padre non ha nemmeno tirato fuori i soldi per una singola; ha insistito per forzare Christian in una delle suite eccessivamente remunerate. Di quelle che richiedono un coinquilino.

Dunque.

Christian non solo è stato forzato ad entrare in una scuola completamente fuori dalla sua sfera di competenza (perché era davvero un festaiolo nel suo ambiente naturale, aveva un talento nel farsi troppi amici, se non altro), è ora contrattualmente obbligato a condividere il SUO spazio con qualche pretenzioso idiota che caga soldi e gioca ad un bel gioco di poca velata superiorità. (No, non ha ancora incontrato il suddetto coinquilino, e no, non ne ha bisogno per sviluppare tale giudizio). Christian non è mai stato preparato per gestire queste situazioni con tanta grazia. Sua madre gli ha sempre detto che la sua lingua tagliente sarebbe stata la causa della sua rovina, non essendo in grado di tenerla sotto controllo. E "tenere sotto controllo" è semplicemente una cosa che Christian non fa.

Con un tonfo che sembra contrastare l'elegante scenografia, Christian lascia cadere tutte le borse che sta trasportando, sospirando in modo drammatico mentre ispeziona l'ambiente. Sentendosi un po' poetico (questa, dopotutto, è la scena di apertura della sua tragedia) sculetta fino alla finestra, sbirciando gli edifici antichi e adornati d'edera, posti sulla vivace erba verde davanti a lui. La sua stanza è al piano terra, nota ancora una volta con disgusto. Le finestre sono incredibilmente basse, permettendo facilmente a qualsiasi estraneo pezzo di merda di saltare dentro senza davvero nessuna difficoltà. Qualcuno potrebbe, quasi letteralmente, scavalcare e si troverebbe dentro il suo appartamento.

Il che è eccellente.

Non che Christian possegga qualcosa che questi piccoli re Mida possano desiderare (escludendo uno stile impeccabile, grazia, e una corposa personalità. Per non accennare alle sue virtù e una solida etica del lavoro. Beh. Quasi sempre solida).

"Oh mio Dio," gli arriva la meravigliata voce dalla porta, e Christian si gira per vedere sua madre trattenere il fiato all'ambiente, gli occhi che guizzano da una parte all'altra per assorbire tutto.

"Lo so. E' un po' troppo, non credi?" Osserva Christian in modo tagliente, le mani infilate nelle tasche.

"E'.. è qualcosa," espira con tono basso, e a Christian non sfugge il rancore che giace appena sotto la superficie. "Tuo padre ha di certo un talento per fare le scelte più appariscenti". Pausa. "Quando implica la percezione pubblica."

Christian inarca un sopracciglio. "Si, Ivan è proprio così, non è vero?" risponde con delicatezza, applicando una speciale enfasi sul nome.

Non si era mai trovato davvero a suo agio con il termine 'padre'.

Con un ultimo freddo sguardo fuori dalla finestra, sospira e avanza con andatura rilassata. "Forza, allora. Portiamo tutto dentro."

Sua madre annuisce, ancora alla ricerca d'aria con lo sguardo corrucciato, prima di seguirlo fuori dalla porta.

*

Sua madre se n'è andata dopo averlo aiutato a trasportare scatolone dopo scatolone nella nuova residenza, il torbido cartone contrasta con le cornici dorate e l'ebano laccato che non c'entrano assolutamente nulla con una scuola del ventunesimo secolo.

Seriamente, perché cazzo ogni cosa è dorata? E' un'università, non Versailles.

"Ci vediamo presto?" ha chiesto sua madre prima di uscire, la voce vacillante sul bordo della fragilità.

Christian ha annuito, facendo del suo meglio per resistere dall'alzare gli occhi al cielo con afflitta esagerazione. E' una brava persona, lo è davvero – apre le porte per le minute signore anziane e tutto il resto – ma sua madre ha una propensione per la debolezza e le distrazioni favorevoli solo a se stessa, qualcosa che né lui, né le sue sorelle, possono davvero mai affrontare.

"Certo, mamma. Sarò di ritorno prima che tu te ne accorga. Una mattina ti sveglierai e io sarò lì, seduto al tavolo a pretendere la mia colazione."

"Oppure potrei farti visita?" ha detto lei con speranza infantile.

"Mamma," ha sospirato, condendo le proprie parole con finta pazienza. "Ti farò sapere. Il semestre non è nemmeno iniziato. Va bene?"

Lei ha annuito, gli occhi tristi puntati nei suoi. Imploranti.

Giusto. Ora di andare.

Senza nessuna risposta, Christian ha avvolto con impazienza le braccia attorno a sua madre. "Grazie ancora per tutto. Ciao. Ti voglio bene." Ha lasciato un rigido bacio sulla sua guancia. "Dì alle ragazze che mi mancano, ma solo qualche volta. Bandiscile dalla mia stanza. E tienile d'occhio, va bene? Non dimenticarti di loro."

Lei ha annuito, gli occhi ancora tristi. "Non lo farò. Ciao, Chri. Mi mancherai, tesoro."

"Meglio iniziare ad andare! Il tempo è denaro!" è stata la sua risposta, recitata in un tono eccessivamente allegro.

L'ha osservata andarsene per solo un momento prima di passare all'incarico successivo, la mente ancora fissa sulle valigie gettate sui pavimenti scintillanti.

Così adesso, Christian è rimasto solo a fronteggiare scatoloni chiusi col nastro adesivo, vistose pareti che canzonano lui e le sue scarpe non di marca, nessun coinquilino (per ora), e davvero una forte sensazione di affogamento.

"Beh," mormora, tirando su col naso mentre ispeziona disperato lo sfarzo che lo circonda, "immagino che qui sia dove tutto ha inizio."

Young & Beautiful - Zenzonelli's versionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora