1. Prologo: Bijarim

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Il sole era già tramontato da ore ormai, il cielo era colmo di stelle illuminando così l'intera città di Cheju.
La luna piena - così come le sue amate stelle - regalava quella luce soffusa, quasi tetra ai miei occhi, permettendomi però di guardare la selvaggina e la rigogliosa natura presente nel luogo senza dover per forza illuminare la zona con la torcia tra le mie mani.

Una grande quercia si ergeva dinnanzi ai miei piedi, una lunga serie di cespugli contornava quest'ultima come fossero degli scudi, pronti a proteggere la regina della foresta Bijarim.

Le strade erano buie, silenziose e sole a ormai metri lontane da me, riesco ancora a unire il ruggito di una moto rimbombare selvaggia lungo la strada.
Dopo un leggero sospiro decisi finalmente di incamminarmi con maggiore costanza nei pressi del bosco.
Tremai appena quando una folata di vento mi raggiunse imponendomi di chiudermi più stretto nel mio giubbotto, percorrendo in seguito un piccolo sentiero libero ricoperto di fango ancora fresco, facilmente percettibile a occhio nudo.
I miei stivali neri mi permisero di attraversare quel percorso senza rischiare in alcun modo né di sporcarmi e incuriosire più del dovuto la mia famiglia una volta rientrato a casa, né di inciampare su qualche ramo grazie alla loro alta suola.

Attento guardai attorno a me procedendo spedito lungo quella stretta via che mi avrebbe condotto ben presto al cuore di quell'immensa radura.

I rumori circostanti, dettati dall'ululare di lupi e il ronzio di piccoli insetti svolazzanti, mi incutirono maggiormente, costringendomi così ad alzare la guardia e guardarmi costantemente alle spalle. Inoltre, grandi pipistrelli volavano sopra la mia testa, alti in quel cielo illuminato, rendendo il mio viaggio ancora più spettrale di quanto già lo fosse.

Ma non erano solo gli animali selvatici o i fastidiosi insetti a spaventarmi...

Una volta raggiunto il fine di quel fitto sentiero, cacciai un sospiro di sollievo prima di sedermi a terra ed estrarre dallo zainetto la mia fedele macchina fotografica.
Scattai qualche foto intorno a me, dei vari alberi squarciati, rovinati da chissa quale essere, prima di incentrare nel mio mirino la sfera sopra di me.

Brillava alta nel cielo, limpida, creando un'atmosfera a tratti appagante.
Avevo aspettato una decina di giorni per tornare in quel bosco, avevo aspettato il suo arrivo per ritrovare il territorio in condizioni favorevoli, scoperto e chiaro ai miei occhi così da ottenere un piccolo vantaggio nel disperdermi in quel labirinto di foglie e arbusti. La luna piena era al centro del mio viaggio.

E fui in grado di approfittare di quella scia luminosa per scattare e immortalare il territorio - a tratti inquietante - travolto da misteriose ombre. Il minimo rumore mi spaventava costringendomi a voltarmi cercando la causa associante così da tornare alle mie ricerche.
Ma fortunatamente quella notte sembrava che la fortuna fosse dalla mia parte.

I rumori erano leggeri come il vento fresco di quella sera, non mi disturbavano tantomeno spaventavano.
Niente e nessuno si muoveva in quel fitto hosco permettendomi così di concentrarmi sul mio lavoro.

Dirigevo un prezioso giornalino alla mia Università, lì a Cheju, che si occupava principalmente di eventi paranormali e surreali. Nella mia epoca infatti quei soggetti erano tornati a spiccare nonostante fossero ormai passati secoli dalla prima horror story, risalente al 1764.
La rinascita di questa moda si sviluppò dopo la scomparsa di una ragazzina qui in città, Pranpriya Manobal avvenuta decenni fa. Una serie di casi di omicidi e varie scomparse era avvenute prima di lei ma solo dopo la sua seguita sparizione la gente ha iniziato a temere per la salute dei propri figli e familiari.

La piccola purtroppo non fu mai trovata ma neanche cercata da quanto avevo letto da delle fonti attendibili nella biblioteca comunale in provincia.
Da quanto riportato da quest'ultimi, le origini tailandesi della sventurata la hanno completamente esclusa da qualunque tipo di ricerca della sua persona.
La polizia, così come investigatori privati e meno, si erano infatti opposti nell'aiutare e cercare quindi la bambina di appena 5 anni, abbandonando così la famiglia in uno stato orribile che neanc'ora oggi ha deciso di arrendersi all'idea di lasciare la figlia.

Sweet Blood [kooktae]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora