35. Wish It was You

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Quattro, forse cinque, giorni erano trascorsi. E ancora io e Jeongguk eravamo bloccati in quella stanza che ormai preservava solo gelo, tristezza, paura e tanta, tanta nostalgia.

Le mie condizioni erano gravemente peggiorate: la ferita al mio braccio si era rimarginata totalmente ma la temperatura fredda aveva permesso al mio corpo di indebolirsi e piccole chiazze violacee avevano circondato i miei avambracci, allo sfregamento con la corda ancora spessa ai miei polsi.

Solo il giorno prima il corvino, stanco e stremato, mi aveva riferito di vedermi più pallido, bianco almeno quanto lui, le mie labbra erano ormai diventate di un tenue blu e la stanchezza mi aveva costretto ad appisolarmi almeno dieci volte.

Ero affamato, avevo oramai perso l'energia anche solo di restare sveglio e guardarmi intorno. Inoltre, rialzarmi mi riusciva complicato visto il mal di schiena. Vedevo le mie mani incavate, le gambe pallide tremare innaturalmente.
E vedermi in quello stato pessimo, mi spaventava continuamente poiché, ad ogni mio risveglio, era sorprendente ritrovarmi sempre in quella stanza, appoggiato a quella parete, imprigionato.

Inoltre, fastidiosi formicolii costringevano il mio corpo a sopportare crampi e fitte altrettanto dolorose. Mi sembrò assurdo essere capace di sopportare tanti malesseri.

E vedere Jeongguk nel medesimo stato mi faceva stare addirittura peggio. Ormai da un giorno e mezzo aveva deciso di girarsi verso il muro per non guardarmi, per non essere tentato dal mio aspetto e farsi prendere dai propri bisogni. Spesso scoppiava in gemiti agonizzanti ed esuberanti, alzava il capo al cielo e sbatteva con forza i pugni sulla parete frustrato, facendomi spesso trasalire.

E inizialmente gli avevo anche chiesto di non ferirsi inutilmente, ma -con il passare dei minuti, delle ore e dei giorni -avevo compreso fosse sicuramente meno doloroso di quel costante istinto insopprimibile che lo attanagliava incessantemente.

Anche lui come me aveva perso energia, forza e stava lentamente perdendo anche la speranza che sin dal primo giorno aveva mostrato di avere.

Per lo meno, la fame non lo avrebbe... Ucciso, come avrebbe potuto far con me. Tuttavia, avrei voluto in qualche modo prendere una parte del suo incessante dolore e condividerlo con lui.

"Jeongguk..." lo richiamai in un sussurro, ora disteso su un fianco in sua direzione. "Ti prego, voltati" lo supplicai, la mia voce che s'incrinò, ma questo era imperterrito a colpire lentamente il muro.

Oramai la potenza e la frustrazione impresse in ogni colpo erano andate ad affievolirsi.

"Ho bisogno di vederti" aggiunsi sommessamente e lui presto si girò in mia direzione. Ebbi finalmente l'opportunità di vedere il suo volto quel giorno, ancora nelle sue perfette e mascoline condizioni.

Jeongguk era uno spettacolo, il tempo, la fame, il dolore non avrebbero mai potuto rovinare la sua eterna bellezza.

Non era dimagrito, non aveva perso la forma stazionaria e robusta del suo fisico allenato ma questo era solo leggermente ricurvo per l'estenuante sopportazione.

Se i suoi occhi riuscivano al contempo a donarmi serenità e farmi sentire quanto meno la pesantezza di quella situazione, la sua lontananza era tragicamente insopportabile.

Non erano la fame, la sete, la stanchezza o il freddo a spaventarmi e rendermi tanto demotivato. Affatto, poiche sapere che ci fosse un'altro essere umano nelle mie stesse condiziono, a patire quanto meno tali sofferenze rendeva ciò sopportabile; parzialmente sopportabile .

Era la distanza da lui, sempre più opprimente e rigida che mi rendeva immensamente triste.

Avevo bisogno di lui. Avevo bisogno di toccarlo, baciarlo, abbracciarlo e sapevo che - seppur la sua temperatura corporea fosse nettamente più bassa della mia e mai avrei potuto approfittare di questa per sopportare quanto meno quel rigido clima - anche la sua singolare vicinanza mi avrebbe fatto patire in quantità minore quel gelo.

Sweet Blood [kooktae]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora