VIII. COMPETIZIONE

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Lotte cominciò subito la sua grande vita a Parigi. Ammirava la figura di Mata Hari e voleva ripercorrere i suoi passi.

-Diventerò famosa come lei- dichiarò un pomeriggio, le mani puntate sui fianchi, l'espressione determinata che avevo imparato a conoscere e a temere. Rivelò così il reale motivo per cui era venuta. La cosa non mi sorprese.

-Forse non sei a conoscenza del fatto che Mata Hari fu fucilata- le ricordai. E soprattutto non era incinta, avrei voluto aggiungere.

-Io imparerò dai suoi errori- ribadì.

E così cominciava il solito gioco. Lotte fissa nei suoi pensieri, nei suoi progetti, nelle sue ossessioni. Albert che non approvava. Lotte a cui non importava. Io mi trovavo così sempre in mezzo, a cercar di fare da paciere, di tamponare quell'emorragia di odio che scorreva tra loro e che rischiava sempre, in qualche modo di colpire Julien. Compresi presto che Lotte non perdonava ad Albert, ora che lo vedeva spesso, il fatto di averla rifiutata. Albert non le perdonava invece quel fascino selvaggio che forse lo seduceva ancora. Io diventavo così l'oggetto del loro amore, della loro competizione, della loro gelosia. Mi tiravano da un lato all'altro come se fossi stata una bambola. Julien era il muto osservatore di quello che stava succedendo. Taciturno mi guardava. Capiva già quanto fosse complicata la situazione? Probabilmente sì. Spesso mi stringeva a sé.

-Non mi lascerai, vero?- mi chiedeva, con la sua vocina da bambino.

-Mai- gli promettevo. In quei momenti mi sentivo fragile, sul punto di esplodere.

Lotte mantenne la sua promessa e divenne una stella splendente. In giro parlavano di lei come della nuova Mata Hari. Per l'occasione mia cugina aveva acquistato una parrucca fatta di capelli nerissimi.

-Ho intenzione di dire in giro che sono di origini orientali- continuò. E con quella carnagione olivastra che aveva tutti ci avrebbero creduto.

Gli amici di Albert facevano a gara per invitarla, per corteggiarla, per averla almeno una sera a casa loro. Io, inevitabilmente, passai in secondo piano. Non ero più una novità, ma solo qualcosa di già visto e, a ben guardare, poco affascinante. La storia si ripeteva. Lotte mi offuscava.

Ero certa che almeno Louis avrebbe resistito al suo fascino. Lo consideravo troppo intellettuale per farsi tirare nella rete di sensualità e carnalità di mia cugina. Attesi così il loro incontro con i battiti del cuore che scandivano gli istanti. Avrei riso della sconfitta di Lotte. L'occasione fu una cena. Albert non sembrava essere così felice della cosa.

-Due nemici alla stessa tavola- commentò.

Io mi limitai a ridacchiare, una risatina nervosa che celava tutte le mie emozioni. E poi successe. Louis vide Lotte e... avvampò. Non era quindi immune neppure lui, compresi con orrore. Esisteva forse un uomo capace di resisterle? Di affrontarla? La cena mi lasciò turbata e intristita, fui costretta a osservare Lotte, a comprendere che lei avrebbe sempre vinto. Parlava dei suoi successi, chiedeva a Louis informazioni sull'università, esprimeva il suo desiderio di studiare.

-Non sono sempre stata brava?- chiedeva, rivolta a me.

E fu quella sera che forse qualcosa in me cambiò. Una piccola incrinatura che avrebbe rotto il vetro che c'era nel mio cuore. Perché non potevo essere come lei? Perché dovevo essere sempre la seconda?

Il giorno dopo Louis tornò a farci visita. Lo scorsi dalla finestra, mentre avanzava verso casa nostra, le braccia piene di libri e fogli. Avanzai e mi feci trovare all'ingresso, dove una cameriera stava facendo entrare il mio compagno di studi. Mi salutò, fissandomi sorpreso.

-Louis, quanti libri- mormorai, il cuore che batteva forte. C'era qualcosa che non andava, una sensazione che mi graffiava dentro.

-Sì... sono per Lotte-

Venni così a sapere che voleva convincere Lotte a studiare medicina al mio posto. Fu come essere gettata nel passato. Ricordai quando Ricky, il ragazzo che giurava di amarmi, aveva preferito Lotte a me. Barcollai, soppressi la rabbia, strinsi i denti.

-Visto che tu non vuoi più studiare- aggiunse, arrossendo, in visibile imbarazzo.

-Non ho mai detto di non voler più studiare- replicai.

-Credevo che volessi fare la moglie a tempo pieno e... - non dovette proseguire la frase perché proprio in quel momento comparve Lotte, formosa e perfetta, in piedi sulla rampa di scale, un lungo abito rosso fuoco che la vestiva. Mata Hari risorta dalle sue ceneri.

-Oh, Louis, che bello vederti!- corse giù, saltellando, di ottimo umore.

Louis avvampò, poi iniziò a parlare, le parole impastate per l'agitazione che si accavallavano e uscivano poco chiare. Le porse i volumi e gli appunti che aveva ricopiato con cura, in modo tale che lei capisse tutto. –Anatomia- spiegò.

-Grazie, grazie- Lotte prese tutto, lo sguardo verde, da gatta, che brillava. Era bellissima in quel momento, la gioia che le deformava il viso.

-Di nulla... adesso vado- e Louis ebbe il buon gusto di congedarsi nonostante le proteste di mia cugina.

Lotte cominciò a studiare la sera stessa, si recò perfino a lezione. Stava strappando pezzi della mia vita.

-Non farti influenzare- mi disse Albert –lo sai com'è fatta, le piace giocare con le persone-

Certo, certo, era sempre la solita storia, ma questo non rendeva la cosa meno dolorosa.

In quei giorni il mio rapporto di amicizia con Jacqueline si rafforzò. La ragazza non sopportava Lotte, probabilmente ne era invidiosa, così preferiva passare il tempo con me, che ero certamente meno irritante di lei. Ne ero felice. Avevo almeno un'alleata in quella Parigi che da splendente stava diventando soffocante.

Pensavo che una volta sposata le cose sarebbero andate diversamente. Sbagliavo. Lotte restava sempre la prima, la diva, l'unica. Seduceva chiunque si avvicinasse. E poi il modo in cui guardava Albert... lo amava, era chiaro.

Fu così che decisi di tingermi i capelli di biondo. Lotte in fondo voleva farsi bruna, no? Voleva passare per un'orientale, giusto? Perché io non potevo fingermi un'altra? Una bionda e pallida fanciulla? I ruoli si stavano invertendo, ma io quasi non me ne rendevo conto. Era la lontananza da casa forse, oppure, più probabilmente, era la voglia di libertà.

Mi aiutò Jacqueline, ridendo per quello che prendeva come uno scherzo ad Albert. Io sapevo che non era così. Mio marito non si sarebbe opposto a quel cambiamento. Quando infatti mi vide si limitò a sorridere e a dire che gli piaceva moltissimo la mia versione bionda. Lotte invece ne rimase sconvolta.

-Se Lolò ti vedesse... - disse seria, scrutandomi con attenzione.

-Qui Lolò non c'è... o vuoi scriverle tu?-

-Io? Chi è senza peccati scagli la prima pietra, no?-

C'era un'altra cosa che mi turbava molto. Sebbene fosse passato ormai del tempo dal matrimonio non ero ancora incinta. Albert non sembrava impensierito dalla cosa.

-Succederà- diceva solamente –quando meno te lo aspetti-

-Tu non vuoi un figlio?- gli chiesi una volta piano.

-Abbiamo già Julien- rispose lui.

Possibile che non capisse? Possibile che non comprendesse che volevo un figlio solo mio?

Mancavano pochi giorni a Natale. Al castello sospettavo che aspettassero quella mia notizia, quasi come un regalo. Non sarebbe arrivata. Non potevo ancora sapere che presto le cose avrebbero preso una strana piega.


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Cosa ne pensate dei nuovi sviluppi?

A presto!

La principessa e la cocotte: in amore e in guerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora