XXXXI. L'INCIDENTE

37 10 6
                                    

E poi finalmente la guerra finì. Fu Lolò a portarci la notizia. Urlava di gioia e nell'euforia del momento era regredita nel suo dialetto, così mi parve di vedere una fotografia della ragazza che più di vent'anni prima –sembrava un tempo infinito- era arrivata al castello.

La sera stessa ci fu una festa in paese, come se una festa potesse lavare via tutto il dolore, tutto il sangue, tutta la follia versati in quegli anni. Io non ero felice. Pensavo ad Albert, di cui non avevo più avuto notizie. Pensavo ad Herman, che speravo essere salvo. Pensavo a Julien sempre più chiuso in sé stesso. La guerra, in quei suoi anni di formazione, non gli aveva fatto bene. E poi c'era la faccenda dei soldi. Non ne sapevo molto, i miei genitori cercavano di tenermi all'oscuro, ma sospettavo che fosse complicata. Non sapevo che il peggio doveva ancora venire.

Proprio nel momento più glorioso, il giorno in cui fu dichiarata la fine della guerra, successe ciò che avrebbe cambiato la vita di Lotte per sempre. Era scesa al villaggio per festeggiare insieme ad Adam e al suo piccolo Roby, anche Lolò aveva insistito per accompagnarla, non si fidava infatti di lasciarle entrambi i bambini.

-Sono troppo piccoli per andare in giro così- si lamentò Lolò con me, ma sapevamo entrambe che quando Lotte si metteva in testa qualcosa era impossibile farle cambiare idea.

-Vuoi scendere anche tu?- mi aveva chiesto mia cugina, ma io avevo scosso la testa.

-Sono stanca e devo badare a Jola, è troppo piccola per festeggiare-

-Peggio per te- mi rispose lei.

Julien era al mio fianco, pallido baluardo. Guardò male Lotte.

-Scommetto che non vieni nemmeno tu- gli disse Lotte, canzonatoria.

-Preferisco stare con mia madre- rispose Julien.

Non lo corressi, non ne ebbi la forza. Lotte brontolò qualcosa di non chiaramente comprensibile. -E tu, Rosa?- chiese con tono più dolce.

La bambina scosse la testa, i riccioli scuri che le cadevano sul visino da bambola.

-Peccato- borbottò Lotte -Vuol dire che porterò Roby e Adam... loro sanno come divertirsi-

Lotte e il suo piccolo corteo partirono alle sei di pomeriggio circa. Io li osservai allontanarsi... e a un certo punto mi parve di vedere una figura bianca e spettrale unirsi a loro, un coltello stretto in una mano. Uno scherzo della luce, pensai, ma un senso di nausea mi aggredì. Fui inquieta per tutto il resto della sera, dedicandomi alla lettura di un libro.

Non ricordo che ore fossero quando sentii delle urla provenire dall'esterno, ma fuori era buio, molto buio.

-Cosa succede?- mi chiese Julien, lo sguardo spaventato.

-Non lo so- ammisi, appoggiando il libro su un tavolino.

Rose scoppiò a piangere. Julien l'abbracciò. Jola era seduta sul tappeto, intenta a giocare con una bambola di pezza.

Mi alzai in piedi, afferrai la pistola e andai alla finestra, il cuore che batteva all'impazzata. Era Betty che correva lungo la strada che portava al castello, illuminata solo dalla spettrale luce della luna. Posai la pistola sul davanzale e aprii le ante.

-Cosa succede?- gridai, le ginocchia tremanti.

-Gli hanno sparato, oh mio Dio, gli hanno sparato- urlava.

-A chi?- le chiesi.

-Al figlio di Lotte... gli hanno sparato- e piangeva.

Nessuno seppe mai chi fosse il colpevole. Secondo alcuni fu solo un folle incidente, qualche pazzo che decise di festeggiare la fine della guerra sparando, qualche ubriaco... ma c'erano altre teorie. Che si fosse trattato di Mimì, diventato completamente folle dopo ciò che i tedeschi gli avevano fatto? O Ricky che odiava Lotte e volle vendicarsi sul figlio? Non lo so, l'unica cosa certa fu che ringraziai il Cielo che non fosse morto mio figlio... oh, che egoismo, ma non potei fare diversamente.

La principessa e la cocotte: in amore e in guerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora