Capitolo 3

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"Vi sto dicendo che Camila è l'erede di quella fortuna, e quei mezzi parenti se ne stanno approfittando."

"Wow. E così i suoi sarebbero morti?" Chiese Mani, la prima a ritrovare le parole dopo un lungo silenzio condiviso.

"Già."

"Ora capisco perché sembra sempre così malinconica. Povera ragazza." Commentò Ally, seriamente dispiaciuta. Aveva gli occhi lucidi, sempre empatica con tutti.

"E come è successo?" Chiese Dinah, troppo presa dalle novità per focalizzarsi su altro.

"Sembrerebbe un incidente stradale. I miei hanno detto che anche lei era in auto, ma ne è uscita illesa."

"Eccola." Ally si portò le mani al viso, alla vista della ragazza. Camila era assorta, come sempre, nei propri pensieri, lo sguardo basso, le mani infossate nella felpa. I capelli sciolti le coprivano parte del volto. Evitava come sempre il contatto visivo con tutti, restando rinchiusa nel suo mondo.

"Resta comunque strana." Commentò Dinah senza sensibilità, guadagnandosi degli sguardi dubbiosi da parte delle sue amiche. "Beh, voglio dire... i suoi sono morti da una decina di anni, ormai, potrebbe riprendere ad avere una vita normale. Ha i soldi, è effettivamente una bella ragazza... potrebbe avere tutti i ragazzi che vuole (e anche qualche ragazza se fosse interessata)" disse, lanciando un'occhiata maliziosa in direzione di Lauren, che arrossì visibilmente, "e se volesse, non credo che avrebbe problemi a farsi delle amiche. Ma lei nulla."

Le altre ragazze rimasero sospese nei propri pensieri, fin quando suonò la campanella. Si diressero nelle proprie aule, e nessuna di loro la rivide fino al giorno dopo, agli allenamenti di pallavolo di fine giornata.

"Camila, bene, sei tornata. Non ci speravo quasi più." Miss Lovato le andò incontro, sorridente, mentre i ragazzi e le ragazze eseguivano degli esercizi. L'ora era iniziata già da qualche minuto, ed erano tutti indaffarati. Il gruppo delle quattro amiche vide il volto improvvisamente preoccupato della loro allenatrice, e si voltarono in simultanea per capirne il motivo. Camila teneva il libro dell'insegnante stretto al petto, ma la cosa ad aver attirato l'attenzione e la preoccupazione dell'insegnante, erano certamente il livido sul suo zigomo, al cui centro c'era un piccolo cerottino bianco, e il labbro inferiore della ragazza, leggermente gonfio, con un arrossamento quasi al termine della rima labiale, e una visibile spaccatura.

"Che diavolo...?" Mormorò Normani, smettendo di allenarsi come le altre. Videro l'allenatrice prendere la ragazza per la mano e condurla nel suo ufficio. La donna accostò la porta senza chiuderla totalmente, come da abitudine. Le tendine erano tirate da principio, quindi le due scomparvero alla vista delle ragazze, che iniziarono a confabulare.

"Avviciniamoci." Propose Dinah, sempre la più curiosa del gruppo, quando si era già avviata verso l'ufficio.

"Non credo sia una buona idea." Si oppose Allyson, guardandosi furtivamente intorno. Lauren era già dietro la bionda, e Normani invece era dubbiosa, come la più bassa.

"Venite qui." La ragazza di colore si ricordò del ripostiglio dove si trovavano gli attrezzi, da dove avrebbero potuto sentire un'eventuale discussione senza però essere notate a sbirciare. Si rifugiarono tutte e quattro lì, sperando di riuscire a sentire qualcosa.


"Camila, cosa ti è successo?" L'insegnante si voltò verso la ragazza, che teneva gli occhi bassi e si mordeva il labbro inferiore, nonostante il dolore procurato dal taglio. Negò con la testa, allungando il libro davanti a sé.

"Ho-ho letto questo, Miss. Grazie." Parlò con la sua voce tremolante. La Lovato prese il volume, poggiandolo sulla propria scrivania, prima di poggiarvisi contro con atteggiamento rilassato, amichevole.

"Siediti." La sua, però, suonò poco come una richiesta, e Camila lo fece, lasciando scivolare il proprio zaino a terra. "Lo hai letto tutto?"

Silenziosamente, la ragazza annuì.

"Sono quasi cinquecento pagine, complimenti!" Dopo qualche istante, capì che la sua tattica di far sciogliere la ragazza non funzionava, e si avvicinò piano, accucciandosi davanti a lei per farsi guardare negli occhi. Le mise una mano teneramente sul ginocchio, l'altra sulla guancia, carezzandola dolcemente finché la minore non alzò lo sguardo nel suo, impaurita. Le sorrise per cercare di metterla a proprio agio, e le parlò con voce delicata.

"Camila, chi ti ha fatto questo?" Disse, sfiorando lo zigomo tumefatto. Una piccola smorfia di dolore le confermò quanto la zona fosse sensibile. "Puoi parlare con me, ti prometto che nulla uscirà da questa stanza. Voglio soltanto cercare di aiutarti."

La professoressa non era conscia della presenza delle altre quattro ragazze a poca distanza da loro, che potevano sentirle parlare. Né che una delle quattro, l'unica dagli occhi verdi, riusciva anche a vederle dalla propria posizione, entrambe di profilo.

"D-dovrei andare ora." La ragazza avrebbe voluto alzarsi, ma la presenza della donna, accoccolata davanti a lei, glielo rendeva impossibile. La mano sul suo ginocchio le trasmetteva un senso di calore, mentre quella che era sulla sua guancia la rassicurava leggermente.

"No, non devi... Non prima di dirmi cosa ti è accaduto."

Non lo confesserò mai. Negò con la testa, seguendo il filo dei suoi pensieri. Guardò la sua allenatrice. I suoi occhi erano ancora incollati ai propri, quando la maggiore mormorò, sottovoce.

"Sei così bella." La frase rimase realmente solo tra loro due, perché pronunciata talmente a bassa voce da non essere captata dalle altre. Camila sbatté le ciglia, confusa, un paio di volte. Lauren, dal suo nascondiglio, strabuzzò gli occhi, vedendo la sua allenatrice avvicinarsi piano al viso dell'altra, e sfiorare le sue labbra con le proprie.

Camila chiuse gli occhi, il fiato le mancava nei polmoni. Socchiuse le labbra per cercare aria, e l'altra lo prese come un invito per intensificare il bacio, facendo scivolare la propria lingua nella bocca dell'altra. Le loro lingue si incrociarono, si rincorsero in un gioco che per la studentessa era nuovo, finché non ebbe bisogno di respirare. A quel punto, Camila si riscosse e sobbalzò, alzandosi di scatto. L'allenatrice perse l'equilibrio e si resse al tavolino accanto a sé, per evitare di cadere con il culo a terra.

"D-devo- d-d-d-devo andare!" Camila prese il proprio zaino, abbandonato al lato della poltroncina su cui era precedentemente seduta, e corse fuori dall'ufficio, impanicata.

"Camila, aspetta." Provò a richiamarla l'allenatrice, rendendosi conto di quello che aveva appena fatto. Ma la ragazza era ormai lontana. L'allenatrice si rialzò, cercando di capacitarsi delle proprie azioni, e rimase qualche minuto nel suo ufficio per riprendersi totalmente. Non vide quindi le quattro ragazze sgattaiolare via dallo sgabuzzino per rientrare nuovamente in campo.

"Cos'è successo lì dentro?" Chiese Mani, confusa.

"Non ne ho idea." Mentì Lauren, mentre davanti ai suoi occhi vedeva ancora le due baciarsi. La sua allenatrice, quella per la quale aveva una cotta dal primo giorno del primo anno, aveva appena baciato un'altra alunna, nientemeno che Karla Camila Cabello. Lauren non poteva negare a sé stessa che la cosa la ferisse, ma non riusciva a capire se quello che la stava innervosendo fosse l'interesse della donna per un'altra ragazza, o il fatto che quella ragazza fosse proprio Camila.

No, non poteva essere. Scartò immediatamente l'idea. Lei non era interessata a Camila in quel modo. Lei non era interessata a Camila in nessun modo. Lei aveva una cotta per la Lovato, la donna affascinante, e irraggiungibile, che in quel momento stava rischiando il posto per aver baciato una studentessa. Se la cosa si fosse risaputa, sarebbe stata la fine della sua carriera. Decise di aver fatto la scelta migliore a non divulgare quello che aveva appena visto, nemmeno alle proprie amiche fidate.

Ripresero ad allenarsi come se niente fosse accaduto. Quando Lauren vide uscire Miss Lovato dall'ufficio, le lanciò una lunga occhiata quasi ostile, contrariata dalle sue azioni, ma l'allenatrice non se ne accorse, persa com'era nei suoi pensieri.

Invisible Chains - CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora