Capitolo 16

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"Spogliati, Cabello."

Proprio come nelle mie più sfrenate fantasie sessuali, le sue labbra avevano davvero pronunciato quella frase.

Lasciai uscire il fiato dai miei polmoni, continuando a guardarla con quelle coperte in mano, come se fosse impazzita.

"I nostri vestiti sono completamente freddi e bagnati. Non so tu, ma non voglio morire assiderata." Disse, già a busto nudo, solo il reggiseno a coprirle la pelle. Quando è successo? Si voltò, dandomi le spalle, mentre raggiungeva il gancetto e lo sbottonava, le bretelle le scivolarono dalle braccia sotto il mio sguardo bruciante. Osservai la sua pelle bianca, come porcellana, accigliandomi nel vederla arrossata nella zona in cui la porta doveva averla colpita.

"Ti verrà un bel livido, lì." Dissi senza pensarci.

"In effetti mi fa un po' male, ma direi che questo è l'ultimo dei nostri problemi." Disse, abbassandosi il pantalone che indossava. Restai a fissarle il culo, ipnotizzata da tanta perfezione. Cercai di cogliere anche la minima piega, il dettaglio più insignificante, dissetandomi con la sua vista. Ti prego, togliti anche le mutandine. Pensai, ingoiando un fiotto di saliva. Si tirò su senza toglierle, mentre con i piedi scalciava le scarpe, i calzini e i pantaloni, e si mise una delle coperte sulle spalle. Tossì quando inalò un po' di polvere, cercando comunque di coprirsi per avere un po' di calore. Si voltò verso di me, e dissimulai la mia faccia da pesce lesso. "Sei ancora così?"

Abbassai lo sguardo, ricordandomi della mia caviglia pulsante. E non era l'unica cosa che stava pulsando in quel momento. Merda. I miei ormoni si erano risvegliati nel momento sbagliato, come al solito.

"Oh, giusto, la tua caviglia. Ti aiuto." Disse avvicinandosi. La guardai terrorizzata, teneva sotto il braccio la coperta destinata a me, che poi poggiò sul mobiletto al quale mi reggevo. Si inginocchiò davanti a me, mandandomi uno sguardo che si ripercosse sul mio clitoride. Cazzo, cazzo, cazzo.

Iniziò a slegarmi la scarpa sinistra, il piede infortunato. Il dolore mi distrasse dal calore che sentivo nel mio basso ventre, e ringraziai per questo. Mi morsi il labbro per cercare di trattenere dei mugolii di dolore, mentre lei armeggiava delicatamente con la mia scarpa. Alla fine me la sfilò, tirando via anche il calzino con molta grazia.

"È peggio di quello che pensavo. Mi sa che è rotto." A quelle parole guardai in basso, vedendo il piede ormai gonfio e violaceo. Serviva a qualcosa ribadire che era soltanto colpa sua?

All'improvviso le sue mani erano sul laccetto del mio pantalone, e me lo abbassò subito. Mi sentii le guance andare a fuoco, sapere Lauren inginocchiata davanti alle mie mutandine, bagnate dei miei umori, era un sogno erotico realizzato. Ma cercai di ricordarmi che non stava per leccarmela. O no?

La vidi chiudere gli occhi ed espirare profondamente. Poteva sicuramente sentire l'odore della mia fica, e forse della mia eccitazione. Buttò fuori l'aria, colpendo il mio centro già surriscaldato. Mi sfuggì un piagnucolio, lo stesso che facevo con Demi per convincerla a soddisfarmi dopo una lunga presa in giro.

Lauren al suono riaprì gli occhi, sbattendoli un paio di volte, come se stesse riprendendo contatto con la realtà.  Sembrava confusa, con quello sguardo quasi nero. Mi fissò in viso, prima di rimettersi in piedi, lasciandomi i pantaloni ammucchiati alle caviglie. Si guardò intorno, allontanandosi poi per raggiungere un tavolino con due sedie. Ne prese una, portandola verso di me.

"Siediti." Mi ordinò. Mi tremarono le gambe - amavo troppo ricevere ordini, mi faceva sempre un grande effetto - e ringraziai il cielo che ci fosse la sedia. Così eseguii il semplice ordine. Mi tolse velocemente anche il resto, lasciando la parte inferiore del mio corpo coperto solo dalle mutandine. Poi si allontanò, lasciandomi fare il resto da sola. Lei era di spalle, così mi denudai il torace e rabbrividii, prima di coprirmi con la coperta.

"Merda che freddo." Non mi rispose. Era affaccendata. "Cosa cerchi?"

"Qualcosa da mangiare e possibilmente dell'acqua. Magari delle medicine. Non so quanto resteremo qui."

"Oh. Sei organizzata. Sembra che tu ci sia già passata." Osservai con stupore.

"Ho fatto la scout da bambina, quindi so cosa fare per sopravvivere. Tu non sei stata una scout?" Mi rispose con tono nervoso, facendomi arrabbiare nuovamente.

"No, Lauren." Risposi acida. "Se ancora non l'hai capito, tutta la mia vita è una completa merda. È andato tutto a farsi fottere dai sei anni in su, quindi scusami se non sono stata una dannata scout e non so cosa cazzo fare in questa situazione di merda." Mi diedi mentalmente il cinque per il numero di parolacce appena dette, doveva essere uno dei miei record personali.

Respiravo nervosamente, attendendo una risposta che non arrivò. Si rimise a cercare per qualche minuto.

"C'è del cibo in scatola!" Disse, quasi allegra. "Scaduto da almeno tre mesi." Continuò, con tono meno contento. Guardai altrove. In questo momento odiavo la sua presenza, ed ero sicura che per lei fosse lo stesso. "Devo trovare qualcosa per il tuo piede."

"Cosa vuoi fare al mio piede?" Chiesi impaurita. Solo pensare di toccarlo mi faceva aumentare il dolore, quindi avrei evitato volentieri tutto.

"Metterci qualcosa di rigido intorno per tenerlo fermo."

"Lo tengo fermo da sola."

"Cabello." Quasi ringhiò contro di me. Mi feci piccola sulla sedia, guardandola con disappunto. Lei mi ridiede le spalle e si rimise a rovistare.

"Non potevo rimanere bloccata con qualcun altro?" Mormorai, imbronciata. Lauren si voltò, fulminandomi con lo sguardo.

"E con chi, di grazia? Con la Lovato? Con Mendes? O ti scopi anche altri?"

"Vaffanculo, Lauren. Intendevo Ally, o Dinah. Anche Normani. Almeno non sono sempre lì a darmi addosso. Qualcuno che mi tratti quasi da essere umano!"

In alcuni momenti eravamo tranquille, l'attimo dopo volevamo aggredirci. Sembrava che avessimo il ciclo entrambe, anche se in realtà io non ce l'avevo. Speravo nemmeno lei, sarebbe stato un guaio. La verità è che l'una non sopportava la presenza dell'altra, ci odiavamo, nonostante in alcuni momenti di creasse una tensione sessuale non indifferente.

Presi improvvisamente una decisione. Anche se ci avesse provato, io non avrei ceduto, dandole la soddisfazione di farle credere che io fossi una ragazza facile come insinuava lei. No, dovevo resisterle, nonostante bramassi il suo contatto da tanto tempo. E magari dovevo restituirle lo schiaffo della prima sera. No, non l'avevo dimenticato. Come non avevo dimenticato la sensazione delle sue tette morbide tra le mie mani, il sapore delle sue labbra e della sua bocca, e il fuoco liquido che mi aveva fatto tremare le gambe prima che la sua mano impattasse contro la mia guancia.

Chiusi gli occhi, cercando di non battere i denti dal freddo. Dovevamo solo aspettare che qualcuno ci tirasse fuori da lì, quindi tanto valeva riposarsi. I miei muscoli indolenziti e ora anche infreddoliti avrebbero ringraziato.

Sentivo ancora rumore di cassetti aperti quando mi resi conto di una cosa: niente più pallavolo per me, con una caviglia rotta me lo potevo proprio scordare. Al cugino di mio padre non avrebbe fatto per niente piacere, e questa fu l'unica cosa a farmi sorridere, prima di addormentarmi con la testa riversa contro la parete.

Invisible Chains - CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora