Capitolo 34

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"Così, quella è mia figlia." Disse Jo, sorridendo avido mentre fissava la mia bambina ancora attaccata al seno di Camila.

Digrignai i denti, cercando di coprire al meglio il corpo semi nudo di Camila, ancora addormentata. Ero completamente gelosa di lei, non volevo che nessuno la vedesse così, tanto meno lui.

"Non c'è nulla che io non abbia già visto lì..." Continuò quel verme, fissandole avido il seno.

"Cosa ci fai qui?" Sibilai, innervosita.

"Si da il caso che Billie - ricordi Billie, la tua fidanzata? Quella che fa la dj... Si, proprio lei... Beh, Billie dopo qualche cicchetto di troppo, si è lasciata sfuggire che la ragazza che ho messo incinta è seduta su un grosso, grossissimo mucchio di soldi. Così ho deciso di fare la cosa giusta, e riconoscere mia figlia."

"La cosa giusta per chi? Solo per te..."

Alzò le spalle, con indifferenza. Il suo scopo erano solo e soltanto i soldi di Camila. Non potevo permettere che quel viscido facesse da padre a quella che ormai era a tutti gli effetti mia figlia.

"Beh, la novità che sfugge sia a te che a Billie è che io" sottolineai l'ultima parola, "sono il secondo genitore della bambina. Ricordi quel giorno che sono venuta da te con Camila, quel documento che hai firmato? Hai rinunciato a tutti i diritti sulla bambina, non soltanto ai doveri. E mi sembravi davvero contento di farlo, di scaricare tutto il peso sulle sue spalle. Quindi puoi tranquillamente andartene, non avrai niente da loro. Né oggi, né in futuro."

Mi fissò con il fuoco negli occhi, nero di rabbia. Lo vidi stringere i pugni, e mi preparai mentalmente a reagire, per proteggere Sofi e Camila.

"È carta straccia, solo carta straccia. Impugnerò quel documento, dirò che è falso."

"Provaci pure, ma abbiamo anche un filmato. Credevi forse che fossimo delle sprovvedute, eh? Camila ha pensato a tutto. Sei fuori dai giochi, ora puoi tornartene da dove sei venuto."

"Lurida str"

La voce rauca di Camila lo interruppe dal continuare, bloccando anche i suoi passi in avanti.

"Jo?" Chiese, riaprendo piano gli occhi. Lui le sorrise, un sorriso che riconobbi tranquillamente come falso.

"Camila, tesoro..."

"Tesoro?" Rise piano a quel termine. I miei occhi andarono al suo volto. Non si sarebbe fatta intortare così, vero? Non avrei potuto rinunciare a lei e alla bambina, non ora che erano qualcosa che immaginavo già nel resto della mia vita. Sofia intanto si staccò dal suo capezzolo, e accorsi in suo aiuto, ricoprendole il seno e prendendo la piccola, mettendola dritta sul mio torace per darle delle piccole pacche sulle spalle. "Beh, è già strano che tu ricordi il mio nome, giusto?" Mi rilassai leggermente sentendo il suo tono, non avrebbe ceduto, o almeno lo sperai.

"Sai che l'avevo detto solo perché ero sorpreso, vero? Ero stanco, e... e confuso..."

"E la volta dopo?"

"E-ero, ero solo spaventato dal diventare padre e..."

"Le sai raccontare bene le cazzate, vedo. Ora vattene." Chiuse gli occhi per un attimo, riaprendoli quando lo sentì ancora ribattere.

"Andarmene? No, no! Non me ne andrò, lasciandoti con questa... questa... approfittatrice!" Disse indicandomi. "Lei vuole solo i tuoi soldi!" Ero talmente sconvolta da spalancare la bocca e non riuscire a ribattere. Aveva rigirato la frittata, ma Camila non poteva credere a lui, giusto?

"Lauren non è così. Lei mi è sempre stata accanto, sempre, senza alcun interesse. Ha voluto questa bambina quasi quanto me." Fece una piccola pausa per bagnarsi le labbra con la lingua, si vedeva che fosse stremata. "Va' via, Jo. Non farmi alzare il culo dal mio grosso, grossissimo mucchio di soldi." Concluse.

Lui sbarrò gli occhi, capendo che Camila aveva ascoltato la nostra discussione. Fece ancora un passo avanti, e io poggiai Sofia sul torace ora coperto di Camila, che seppur debole, prese la bimba tra le braccia. Mi alzai in piedi, pronta ad intervenire e sbattere quell'uomo fuori di lì. Vedevo la sua rabbia aumentare, mentre voltò lo sguardo verso di me.

"È MIA figlia." Sottolineò il termine mia, furioso. "Non finirà così."

"Jo..." Camila alzò lo sguardo da Sofia per un istante, prima di riabbassarlo, quasi calamitata. "Il tuo seme non ti rende un genitore, e lo hai dimostrato. Mi avevi chiesto di liberarmi di lei, l'hai definita un problema. Non hai voluto saperne nulla fino a quando non hai saputo della nostra condizione economica. Ora... puoi andare a farti fottere." Concluse, indicandogli con noncuranza la porta con un cenno della testa.

Lui fece ancora un passo verso Camila e la bambina, minaccioso, e io mi misi davanti a lui sbarrandogli la strada, pronta anche a prenderle pur di proteggerle. Mi prese dalla maglietta, portandomi faccia a faccia con lui, che per farlo si piegò vista la sua stazza imponente. La porta dietro di lui si aprì, ed entrò Charles, che immediatamente lo spinse all'indietro, in direzione dell'uscita.

"Se ne vada immediatamente, o le assicuro che la faccio sbattere in prigione." Le parole dell'avvocato lo calmarono, e finalmente, dopo averci lanciato delle occhiatacce, se ne andò.

Al suo posto entrarono le ragazze, che quasi si lanciarono su Camila e la bambina, riempiendo la stanza di allegria. Avevano comprato fiori, palloncini e un peluche a forma di orso enorme. Mentre le guardavo, il mio cuore sembrava svolazzarmi nel petto, gonfio di orgoglio. Tornai accanto a lei, spalla contro spalla. Avrei voluto stringerla a me, ma non sapevo come l'avrebbe presa. Ogni tanto ci guardavamo negli occhi, ma lei, imbarazzata, lo distoglieva subito. Le ragazze rimasero con noi a lungo, andarono via solo quando alla porta si presentò nuovamente mia madre, stavolta accompagnata da mio padre. Vidi la cubana arrossire come un peperone, e ridacchiai, riprendendo la bambina tra le mie braccia.

"Vieni a conoscere ufficialmente i nonni, Sofi." La piccola afferrò il mio dito nel suo minuscolo pugno, facendomi quasi piangere dall'emozione, ancora una volta. La misi tra le le braccia di mia madre, ritornando accanto alla cubana.

Era quello il mio posto.

Mentre i miei si scioglievano in lacrime dando l'intera attenzione alla piccola, Camila finalmente si rivolse a me, mordicchiandosi il labbro prima di parlare.

" Lo? Non... non sei arrabbiata con me?" Mi chiese, preoccupata. Le sorrisi con tutto il mio cuore, negando e prendendole le mani tra le mie, senza stringere troppo viste le escoriazioni dell'incidente.

"No, Camz... Mi hai... sbalordita, quello si. Ma... non prendermi per pazza, ma la sento anche un po' mia..." Dissi, quasi in difficoltà. Non volevo che si preoccupasse, o che pensasse che magari stavo esagerando. Non sapevo se quello che volevo io coincideva con quello che voleva lei. Forse lesse nei miei pensieri, o forse nei miei occhi... Fatto sta che si buttò tra le mie braccia, facendomi arrivare il cuore in gola, prima di iniziare a singhiozzare. La strinsi forte, forse un po' troppo, visto che la sentii gemere dal dolore, quindi la lasciai quasi andare.

"Non farlo." Mi mormorò nell'orecchio, prima di essere lei stessa a stringermi forte. Chiusi gli occhi, tenendola a me ma cercando di non farle male, e mi lasciai cullare dal suo affetto, dal suo calore e dal suo odore.

Lei forse ancora non se ne rendeva conto, ma mi aveva appena cambiato la vita.

Invisible Chains - CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora