Capitolo 5

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Camila.

Avevo molto timore a rimettere piede in quella palestra. Quello che era accaduto con la mia nuova allenatrice era stato breve ed intenso, ma era un errore. Non doveva capitare più. Lei poteva perdere il lavoro, e io prenderle di santa ragione, e non era il caso. Per niente.

Nonostante tutto, non potevo cancellarlo dalla mia mente, ma quello che ero doveva restare sepolto dentro di me almeno fino alla maggiore età. O fin quando sarei riuscita a liberarmi di quel parassita del mio tutore, che navigava nell'oro che i miei genitori avevano messo duramente da parte per me, spendendo e spargendo per cercare di essere al livello del mio papà. Ma non era nemmeno la sua ombra. Mio padre era un uomo onesto, umile, di buon cuore, mentre lui è tutto il contrario.

Fissavo quella porta ormai da qualche minuto, in piedi mentre rimuginavo, cercando una via d'uscita, quando una spallata mi fece quasi cadere. I libri che avevo in mano cascarono, spargendosi in terra con tutti i miei appunti delle lezioni che svolazzavano in giro. Le risate di due ragazze mi colpirono. Ridevano di me. Come sempre, del resto.

"Togliti dai piedi, incapace."

"Ci intralci la strada, non vedi? Cos'è, sei talmente stupida da non sapere come si cammina?" 

Abbassai la testa, facendomi di lato per lasciar passare quelle due ragazze arroganti, rendendomi conto che stava arrivando altra gente, che sicuramente aveva visto la scena. Una delle due, camminando, calpestò i miei appunti, rovinando la pagina e rendendola inservibile. La sentii ridere ancora una volta, e qualcosa dentro di me diventò rosso. Chiusi i pugni e gli occhi, cercando di calmarmi. Respiri profondi. Pochi attimi dopo ero di nuovo in pieno controllo delle mie azioni, e mi chinai per raccogliere le mie cose, prima che qualcun altro le rovinasse.

Sentii una presenza avvicinarsi, e aspettai l'ennesima presa in giro.

Che però non arrivò.

La persona in questione si inginocchiò accanto a me, iniziando a raccogliere i miei appunti. La prima cosa che pensai fu che volesse rovinarli ancora di più, magari strappandoli. Non sarebbe stata la prima volta. Ma alzando gli occhi verso di lei - si, era una ragazza, lo avevo intuito dalle mani delicate - trovai un dolce sorriso ad attendermi.

La biondina - che era nel cerchio delle amiche di Lauren - mi porse gli appunti, ormai tutti mischiati, che presi con una mano tremolante.

"G-grazie." Balbettai, rivolta ad Allyson Brooke.

"Dai, Ally, muoviti." Disse un'altra ragazza, più alta, che non mi degnò nemmeno di uno sguardo. Era Dinah Jane Hansen. Ed era affiancata da Lauren magnifica Jauregui e dalla sua spalla destra, Normani Kordei. Erano tra le ragazze più belle della scuola, le avevo osservate spesso da lontano, ma loro non si erano mai accorte di me.

Ammettevo da sempre a me stessa di avere una gran cotta per Lauren, e l'altra sera ritrovarmela a casa mia in quel vestitino striminzito mi aveva sconvolta, ma anche un po' eccitata. Ora che ci pensavo, aveva visto la scena con mio 'zio', e di sicuro ora tutti sapevano quello che era accaduto. Abbassai la testa volendo evitare i loro sguardi e di sicuro i loro giudizi. Lauren aveva collegato il livido sul mio volto, che era ancora presente, con la scenata che avevo fatto quella sera? 

Sentii i loro passi allontanarsi e sospirai. Perché mai Lauren laragazzapiùbelladellascuola Jauregui avrebbe dovuto fregarsene del mio livido? Probabilmente non se ne era nemmeno accorta.

Mi alzai, stando attenta a non intralciare nessuno e a non far cadere nuovamente i miei libri e miei appunti, e finalmente varcai la soglia che tanto mi spaventava.

I miei occhi analizzarono velocemente la scena. I miei coetanei entravano ed uscivano dagli spogliatoi, alcuni lasciavano la propria roba sulle scalinate, altri sulle panche. Incontrai un paio di occhi marroni che mi scrutavano da lontano, e non riuscii ad evitare di passare il mio sguardo su quel corpo tonico e definito che mi aveva tenuta sveglia per gran parte della notte. Arrossii al pensiero, ma non ero riuscita a smettere di pensare alla Lovato, al sapore delle sue labbra e della sua lingua, a quanto avrei voluto sentire quella lingua sul mio corpo, sul mio centro. Mi ero masturbata pensando a questo, fin quando il mio corpo stanco e sudato non aveva ceduto al sonno.

Mi riscossi dai miei pensieri, vedendo che la donna in questione ora era a pochi metri da me mentre mi sorrideva e mi osservava. Non sapendo cos'altro fare, mi guardai le scarpe.

"Ciao Camila, sono felice di rivederti." Mi disse, tenendo il tono di voce basso. Non risposi, era difficile articolare un qualsiasi suono in quel momento. La docente capì il mio imbarazzo e cambiò discorso. "Vuoi provare ad allenarti con gli altri oggi?"

Il terrore si impossessò di me, e alzai gli occhi, implorandola con lo sguardo. Non volevo essere presa in giro da tutti, ancora una volta. Uno sguardo di comprensione mi fece rilassare.

"Possiamo fare un po' di pratica dopo la lezione, se ti va." Arrossii, i miei pensieri erano andati altrove ancora una volta. Dannazione. Dovevo scaricare questa eccitazione sessuale che mi portavo addosso. "Tranquilla, non intendevo in quel senso, anche se non mi dispiacerebbe." Aggiunse a bassa voce, con il tono roco. "Ma prometto di aiutarti ad imparare a giocare." Mi disse facendomi un occhiolino.

"V-va bene. Le spiace s-se mi siedo laggiù?"

La Lovato acconsentì, portando poi l'attenzione agli altri e il fischietto alle labbra, assordandomi. "Bene, iniziamo." Urlò poi al gruppo di adolescenti chiassosi.

Mi allontanai sentendo ancora quel fastidioso ronzare nelle orecchie, la mia attenzione ancora focalizzata su quelle perfette labbra morbide che si chiudevano sul fischietto. Il mio cervello me lo riproponeva in loop, e senza accorgermene mi ritrovai seduta, con il mio quaderno sulle ginocchia ad immortalare quell'immagine per non dimenticarla mai più. Ogni linea, ogni lieve screpolatura di quelle labbra apparve magicamente in pochi minuti su quel foglio prima immacolato. Avevo perso contatto col mondo reale per qualche minuto, mentre disegnavo quella immagine, mentre nella mia mente quelle labbra meravigliose e sensuali si chiudevano sul mio clitoride gonfio.

Gemetti, esasperata dai miei ormoni in subbuglio, stringendo forte le cosce. Il mio corpo esigeva un qualche tipo di rilascio.

Misi via il quaderno, cercando di concentrarmi su quel gioco che man mano mi sembrava un po' più familiare. Studiarne le regole mi aveva aiutato tanto, e almeno iniziavo a capirci qualcosa. Trascorsi così tutta l'ultima ora. Finalmente finì. La maggior parte dei ragazzi andò via direttamente, mentre il resto si diresse verso lo spogliatoio. Feci un respiro profondo e mi alzai, avvicinandomi all'allenatrice che mi guardava con un sorrisino sul volto.

"Finalmente sole." Mi disse, provocante. Una serie di risate provenienti dagli spogliatoi catturò la mia attenzione. Conoscevo una di quelle risate. L'avevo sentita altre volte. Era Lauren culomozzafiato Jauregui. 

Si, ok, stavo sviluppando una fissa malsana per quella ragazza, ma vederla allenarsi in quegli shorts striminziti, tutta sudata e ansimante, mi provocava delle scariche di piacere nel basso ventre. Già prima la ammiravo da lontano, ma ultimamente era sempre più nella mia orbita.

Riportai l'attenzione a quella donna matura che si era avvicinata ancora di più, mi fissava mordendosi le labbra. Sospirò, mostrandomi il pallone sotto al suo braccio.

"Ok, iniziamo dalle basi."

Invisible Chains - CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora