Mi risvegliai confusa, infreddolita e dolorante. Un peso era su di me, sul mio torace. Aprii gli occhi per cercare di capire la situazione.
"Lauren." Mormorai, vedendo il suo viso a pochi centimetri dal mio. Era il suo corpo ad essere sul mio. Un rivolo di sangue le tingeva la pelle della fronte, partendo da un punto imprecisato tra i suoi capelli umidi. Ebbi paura, bloccata com'ero sotto di lei, mi mancava l'aria. Chiusi gli occhi per cercare di riprendere un po' di calma, ma fu peggio.
***
L'auto sfondò il guardrail, mentre i fari illuminarono il nulla sotto di noi. Sentivo il mio corpo essere sballottolato in varie direzioni, forse l'auto continuava a vorticare nel vuoto. Riaprii gli occhi per fissare un muro nero che impattava contro il muso dell'auto. Non fu tanto l'impatto ad essere duro, quanto più il sentire l'acqua gelida che iniziò a bagnarmi. L'automobile stava sprofondando nel fiume nero.
"Mamma! Papà!" Urlai impaurita. Erano svenuti. Mi liberai dalla cintura di sicurezza, mentre mio padre iniziava a riprendere conoscenza.
"Mija! Sinu!" Cercò di liberarsi senza riuscirci, la cintura doveva essersi incastrata. Allungò la mano in direzione di mia madre, scuotendola per la spalla. Lei aveva del sangue a rigarle il volto, tanto, tanto sangue. Quando mio padre la scosse, ribaltò la testa dall'altro lato, come fosse una delle mie bambole. Ero piccola, ma avevo già capito.
Mia madre era morta.
***
Urlai, cercando di spostare il corpo di Lauren dal mio, quel sangue sul viso mi ricordava completamente mia madre. I miei ricordi non erano mai arrivati fino a quel punto, ero scossa, tremavo, piangevo. Stavo andando fuori controllo.
"Cam- Camila. Ehi, ehi." Lauren aveva ripreso lentamente conoscenza, e ora mi guardava con preoccupazione. Liberò il mio corpo dal suo, permettendo ai miei polmoni di riempirsi di aria. "Ce l'abbiamo fatta, tranquilla, siamo al sicuro." Ma il problema non era quello. Era quel gelo, quel dolore antico che sentivo dentro di me, il mio cuore batteva furiosamente nel petto. Lauren mi tirò a sedere prendendomi dai polsi. "Calmati."
Come poteva pretendere che mi calmassi? Mi tornò tutta la furia nei suoi confronti, e presi a batterle i pugni sul petto, mentre lei cercava di fermare la mia crisi.
"Fermati! Camila! Camz, fermati cazzo!" Mi urlò, probabilmente un po' dolorante per i miei colpi.
"È tutta colpa tua, tutta colpa tua! Vaffanculo Lauren! Vaffanculo!" Le urlai, calmandomi finalmente un po'. Rimasero solo le lacrime a rigarmi il volto e i singhiozzi che mi squarciavano il petto.
Mi tirò contro il suo petto, mentre con una mano continuava a tenermi i polsi fermi, con l'altro mi abbracciò goffamente, permettendomi di piangere sulla sua spalla. Dopo quello che mi sembrò un'eternità, finalmente presi leggermente le distanze dal suo corpo.
Mi lasciò andare i polsi che aveva tenuto fermi fino a quel momento, controllando i miei movimenti, probabilmente non del tutto certa che mi fossi calmata a fondo. Rabbrividii. Mi guardai intorno, cercando di studiare la situazione, mentre cancellavo dal mio viso i residui delle lacrime. Eravamo in una stanza buia, abbastanza piccola, che probabilmente faceva da cucina e da stanza da letto insieme, c'era un'altra porta, sperai si trattasse di un bagno. Eravamo bloccate lì dentro da chissà quante tonnellate di neve. Rivolsi l'attenzione alla porta, fortunatamente non si era spalancata completamente, probabilmente gli alberi avevano bloccato e rallentato gran parte della neve. Poi mi ricordai di Lauren che si era messa davanti alla porta. Era riuscita a proteggerci, a tenerla semi chiusa. Mi voltai a guardarla.
Anche lei stava analizzando il tutto, così potei osservare il suo viso preoccupato, segnato da quella scia di sangue. Vederlo mi agitava, così mi tirai la manica della felpa nel pugno e istintivamente le pulii il viso. Sussultò al contatto, portando poi le sue mani al volto. Si bagnò i polpastrelli col suo stesso sangue, osservandoseli. Lessi un inizio di panico nei suoi occhi, e provai a calmarla. Stavolta toccava a me.
"Non è molto, devi aver battuto la testa quando hai tenuto la porta." Risalii la piccola scia, sentendo sotto i miei polpastrelli un bel bernoccolo tra i suoi capelli.
"Ahia!" Si lamentò, senza sottrarsi al tocco.
"Non sembra grave." Alzai le spalle, ritraendo la mano e pulendomela sul pantalone della tuta. "Magari puoi dire in giro che sono stata io a colpirti." Le dissi, improvvisamente acida. Mi era tornato in mente tutto, ancora un po'.
"Camila, io non ho detto quelle cose, te lo giuro. Ho solo detto alle ragazze che i tuoi erano morti in un incidente d'auto, te lo giuro. Poi sai come vanno avanti le cose, qualcuno deve aver origliato la nostra conversazione e aver riportato l'informazione. Lo sai che di bocca in bocca, le informazioni si modificano."
"Si, come no." Non volevo crederle. Era troppo facile dare la colpa agli altri.
"Te lo giuro. So che non ti fidi di me, e che non ci siamo simpatiche, ma non avrei mai mentito su un discorso così delicato." Le sue parole mi sembravano sincere, e lei si accorse dei miei dubbi, quindi continuò a parlare. "Il mese scorso Normani si è baciata con uno, ma è stato solo questo, un bacio. Due giorni dopo girava la voce che avessero scopato nello stanzino dei bidelli e che lei fosse incinta."
"Quindi non lo è?" Ok, forse l'avevo sentita anche io questa diceria, e mi ero ritrovata più di una volta a guardarle la pancia, per cercare una conferma. Lauren rise, alzandosi finalmente dal pavimento.
"No, e ti dico di più. Anche se sembra quello che sembra, è una ragazza tutta di un pezzo. Sta aspettando il vero amore."
"Vuoi dire che è ancora vergine?" Chiesi stupita, ed estremamente incuriosita. La curiosità era un mio grande, enorme difetto. Lauren ridacchiò, confermandomi la cosa con un cenno della testa.
"Ma non dirle che te l'ho detto." Mi disse allungandomi la mano per tirarmi su. Sembrava più un gesto simbolico, mi stava chiedendo una tregua. Presi la sua mano nella mia, poi guardai la mia caviglia che pulsava ferocemente. MI alzai facendo peso sull'altro piede, ed evitai di poggiare il sinistro a terra. "Ti fa tanto male?"
Storsi il naso in risposta.
"Chiudiamo questa porta, almeno proveremo a scaldarci un po'." Dallo spiraglio rimasto aperto, mi resi conto del guaio in cui eravamo. C'era un vero e proprio muro di neve a sbarrare l'entrata. Spingemmo entrambe fino a chiudere la porta con molta fatica. Quel po' di neve che era entrata si stava sciogliendo sul pavimento, e nostri vestiti erano freddi e bagnati. Lì dentro dovevano esserci zero gradi.
"Moriremo di freddo." Mormorai, poggiandomi contro un mobiletto lì vicino. Mi illuminai, vedendo in un angolo un camino in pietra. "Un caminetto. Lauren possiamo accendere un fuoco!"
"Non contarci." Mi spiazzò lei.
"Ci sarà della legna, altrimenti bruceremo qualcosa, magari questo stupido mobiletto." Stavo per tirargli un calcio, ma come mossi il piede che tenevo penzoloni, una fitta mi fece desistere.
"Non è quello. Non sappiamo se la cappa è libera dalla neve. Nel caso contrario, il fumo ci stordirà e moriremo asfissiate."
"Cazzo, non ci avevo pensato." Mi sentii improvvisamente stupida. Ma quel freddo mi faceva intorpidire anche il cervello. Lauren stava aprendo degli sportelli, degli armadi, per capire cosa potevamo utilizzare lì dentro.
"Si!" Esultò, calandosi per prendere qualcosa. Si girò con delle coperte tra le mani, guardandomi fissa negli occhi e arrossendo. Perché arrossiva? Con la breve frase che pronunciò in seguito, arrossii anche io.
"Spogliati, Cabello."
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Invisible Chains - Camren
FanfictionLauren Jauregui e le sue amiche conoscono Camila Cabello solo di vista, è una ragazza della loro stessa scuola che è quasi un fantasma, finché quest'ultima decide di prendere in mano la propria vita e reagire.