Capitolo 33

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"Sofia Cabello Jauregui." Lo corressi subito, con decisione. "Dopotutto, sono appena diventata mamma."

Charles rimase spiazzato per un attimo, poi annuì, comunicandoci che avrebbe pensato lui a tutti i documenti. Sentii qualcuno trascinarmi verso le sedie, e ringraziai chiunque mi avesse fatta sedere.

"Beh, congratulazioni mammina." Mi disse Normani. Ancora non mi capacitavo della cosa.

"I-io non so come crescere una bambina." Parlai, in pieno shock.

"Nemmeno Camila, ma sapeva che l'avresti fatto nel migliore dei modi, Laur." Mi confortò Dinah, prendendomi una mano nella sua.

"Laur?"

"Si?" Mi riscossi.

"Dovresti chiamare i tuoi... Saranno entusiasti di avere una nipotina." Sorrisi, ripensando alle volte che negli ultimi mesi mia madre era stata lì con Camila, a consigliarla, a offrirsi di fare da babysitter e si chiamava giocosamente 'nonna'. Quelle due andavano davvero d'accordo. Mi alzai, facendo il numero di mia madre, mentre camminavo avanti e indietro. Rispose al terzo squillo.

"Lauren, tesoro, dove sei? Ti ho cercata tutto il pomeriggio."

"Oh, mamma... io... io s-sono in ospedale." Sospirai. "Mà... è nata la bambina."

"Oh mio Dio, Lauren è stupendo. Vengo subito lì. Come sta? E Camila? Come l'ha chiamata? Ma non è un po' presto? Mancava almeno un mese al termine."

"Mamma." La interruppi dal suo sproloquio. Forse notò il mio tono di voce, quindi rimase in silenzio per un attimo.

"Dimmi solo che stanno bene." Ora era preoccupata, il suo tono di voce lo mostrava in pieno, era impossibile da dissimulare.

"La - la bambina sta bene. Sofia. Sofia Cabello Jauregui." Sentii solo silenzio dall'altra parte. "Mà, ci sei?"

"Jauregui?" Chiese dopo un po'. Mi immaginavo la sua faccia sconvolta in quel momento. "Credo di dovermi sedere." Sentii il rumore di una sedia che strusciava sul pavimento, e mia madre all'altro lato del telefono che faceva dei respiri profondi. Doveva essere un bello shock anche per lei.

"Camila ha - ha indicato me come secondo genitore, nel caso le fosse accaduto qualcosa, quindi... congratulazioni, sei appena diventata nonna a tutti gli effetti."

"Ah- oh." Seguirono altri suoni sconnessi. "A-aspetta, cos'è successo a Camila? Come sta?" Mi chiese all'improvviso. I miei occhi si riempirono di lacrime, mentre la gola si serrava.

"Lei... è stata investita... e ora è in coma." Le parole mi uscirono soffocate, mentre le lacrime riprendevano a scendere. Sentii mia madre singhiozzare dall'altra parte della cornetta. Dopo qualche minuto, ci calmammo entrambe.

"Vengo subito lì, recupero tuo padre dal lavoro e lo aggiorno strada facendo."

Dopo qualche minuto ci fecero entrare in una stanza. Camila era lì, sdraiata, pallida. Addormentata. O almeno lo sembrava.

"Lauren." La dottoressa entrò in camera con la bambina urlante tra le braccia, e io iniziai a sudare freddo. Perché piangeva? Aveva fame? Sonno? Freddo? O forse caldo? Male da qualche parte? Sentiva che sua madre stava male?

Me la piazzò in braccio, e io la guardai sconvolta. Era talmente piccola e leggera che mi sembrava di non sentirne nemmeno il peso. Non sapevo da dove iniziare.

"Tienila così." Mi istruì. La cullai brevemente e si calmò dal pianto disperato di poco prima, continuando a piagnucolare. "Ha fame."

Hamburger e patatine?

Mi voltai a fissare Camila, senza riuscire a trovare soluzione.

"Dobbiamo farla attaccare al seno. Ti insegno come fare, vieni." Con la coda dell'occhio, vidi le ragazze sparire dalla stanza, e ne fui leggermente sollevata. Forse ero egoista a pensarlo, ma era un momento solo nostro. Mi dispiaceva soltanto che Camila non fosse cosciente per viverlo a pieno.

"Si sveglierà?" Chiesi con voce rotta. La dottoressa mi guardò, prima di annuire.

"Si, dovrebbe svegliarsi nel giro di poche ore. Dopo averla stabilizzata l'abbiamo leggermente sedata per il dolore." Tirai un sospiro di sollievo, e il mio cuore svolazzò dalla gioia. 

Lo capii all'improvviso. Non avrei potuto vivere senza di lei. E senza Sofia. La mia vita era con loro, erano loro.

La dottoressa scoprì il torace di Camila, i suoi seni erano più grandi dall'unica volta che li avevo visti, e nonostante i lividi violacei, erano stupendi. Mi posizionai accanto a lei, seguendo le indicazioni della dottoressa, con Sofia tra le braccia, che avvicinai al suo capezzolo. Dopo qualche attimo di incertezza, la piccola attaccò le labbra e iniziò a succhiare. Rimasi incantata a guardare quello spettacolo, fin quando non sentii un lieve gemito nel mio orecchio.

Mi voltai per incrociare Camila che riapriva lentamente gli occhi, a fatica. Mi fissò, per poi fissare la bambina attaccata al suo seno. Sul suo viso si stampò un sorriso, mentre ritornava nel mondo dei sogni. Le asciugai la lacrima che le stava solcando il viso, prima di baciarle la guancia.

"Ti amo, Camz." Le sussurrai, sapendo che non l'avrebbe sentito. Asciugai anche le mie lacrime, ricordandomi della presenza della dottoressa nella camera, ma non c'era. Era andata via, ma io ero troppo incantata per accorgermene. Troppo innamorata. Sapevo di questo mio sentimento nei suoi confronti da un bel po' di tempo, ma all'inizio lo negavo, poi mi ero incatenata a Billie, e non sapevo come uscire da quella relazione. Ma ora, ora l'avrei fatto. Per lei e per... beh, mia, nostra figlia.

Qualcuno bussò discretamente alla porta della camera. Coprii il seno scoperto di Camila, rendendomi conto di essere gelosa di lei, e mormorai un 'Avanti', stentato. Chi osava interrompere il primo pasto di mia figlia?

"Lauren, tesoro."

"Mamma." Aveva infilato la testa all'interno, le feci segno di entrare tranquillamente. Sofia scelse quel momento per presentarsi a sua nonna, riprendendo a piagnucolare. E ora che succede?

"Devi cambiare." Mi spiegò mia madre.

"Eh?" La guardai confusa.

"Il seno. Falla attaccare all'altro." Sentii il mio viso incendiarsi dall'imbarazzo, e mia madre si avvicinò in mio soccorso, soffocando una risatina. Prese Sofia tra le mani, ammirandola un attimo con orgoglio, prima di girarla al contrario, puntando il suo viso contro il seno che avevo coperto poco prima. Lo scoprii, morta di vergogna, sperando che la bambina si attaccasse subito all'altro capezzolo. Non fu così, naturalmente.

"Dalle una mano." Mia madre, anche se con dolcezza, se la rideva. "Non vorrai farmi credere che è la prima volta che la tocchi?"

"Mamma!" Il mio fu un mugolio che non riuscii a trattenere. Lei mi rise apertamente in faccia, poi mi lasciò lì da sola con le mie due ragazze. Tentennai, prima di sfiorarle il seno gonfio, accompagnando il capezzolo tra le labbra di Sofia, che riprese a nutrirsi. Il mio cuore svolazzava dalla gioia, non riuscivo a credere che tutto questo stesse accadendo.

Sentii la porta riaprirsi, mi voltai pensando che mia madre fosse rientrata, ma mi morì il fiato in gola, vedendo la persona che stava entrando. Il mio istinto mi implorò ricoprire di nuovo il torace di Camila.

"Così, quella è mia figlia." Disse Jo, sorridendo avido mentre fissava la mia bambina ancora attaccata al seno di Camila.

Invisible Chains - CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora