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- arabella -

Mi sedetti di fronte a Samuel, guardandolo blaterare sui modi migliori per crescere un figlio. Come se ne avesse già uno.

"Ti ricordi qualcosa della nostra infanzia?" Chiese, a questo punto era come se stesse parlando più a se stesso che a me. Il modo in cui camminava fianco a fianco con la sua tazza di caffè mezza bevuta e con una penna nell'altra mano, correndo di tanto in tanto verso il suo taccuino per scarabocchiare appunti o citazioni 'ispirazionali' "Non è vero!"

Seduto sul divano, la schiena cominciava a farmi male e sentivo che il mio corpo cominciava a irrigidirsi se non facevo una piccola passeggiata "Sammy..."

"Secondo la terapista di Tabitha, questo significa che ho subito un qualche tipo di trauma!" Ansimando e fermandosi drammaticamente, finalmente guardò me invece del soffitto "Trauma, Arabella!" Gridò, posando il caffè e prendendo posto accanto a me, scuotendomi un po' le spalle "Trauma infantile!"

"Ok, Sammy" Scrollando le sue mani e spingendolo indietro, fu il mio turno di camminare mentre lui si sedeva ingoiando ciò che aveva scoperto "Questo tipo di conversazioni devono essere fatte tra te e un terapeuta, cosa che io non sono e non desidero diventare"

Samuel si mordicchiò il labbro, si fermò e alzò lo sguardo "Pensa davvero che io abbia bisogno di una terapia?"

"Tutti ne abbiamo bisogno" Mi sono schernita, tenendomi il fondo della pancia con una mano e appoggiando l'altra sulla parte bassa della schiena "Non ci sei mai stato?"

Sbuffò e scosse la testa, sdraiandosi sul divano a faccia in giù. Continuò a blaterare, questa volta di terapia e di come pensava di averne bisogno e così via.

Non lo stavo ascoltando, ma ero felice che non stessimo parlando di me, o di me e Zayn.

Zayn.

Erano passati tre giorni interi e non mi aveva ancora contattato, e questo mi faceva infuriare. Mentre lui era da qualche parte a fare lo stronzo, io ero qui a soffrire per il peso di suo figlio.

Sentendo le gambe che cominciavano a formicolare, mi avvicinai all'altro divano e mi sedetti, rilassandomi contro i morbidi cuscini. Fuori c'era un tempo pazzesco, un'ora di freddo e l'altra di caldo. Questo pomeriggio faceva caldo, troppo caldo.

Mi sciacquai le mani e vidi Sammy che si alzava, borbottando parolacce mentre si dirigeva verso la porta d'ingresso. Forse qualcuno aveva bussato e io non me ne ero accorto, in ogni caso non avevo intenzione di aprire.

Continuando a sventolarmi, sentii una voce fin troppo familiare, la cui proprietaria mi fece gelare. Entrò nella mia visuale "Bella!"

Restando in piedi, mi ha portato un po' di gioia vederla, ma poi ho ricordato dove doveva essere e con chi doveva essere e mi ha fatto arrabbiare di nuovo.

"Doniya" Tuttavia, la salutai. Abbracciandola, la guardai prendere posto dove Samuel si era appena sdraiato e non potei fare a meno di darle voce "Che ci fai qui? Pensavo dovessi essere nel Regno Unito"

Doniya sorrise, accettando l'acqua da Samuel e voltandosi verso di me "Pensavi davvero che ci saremmo persi la festa del bambino?"

Aprii la bocca per dire qualcosa, per chiederle dove fosse suo fratello, ma ci pensai una seconda volta. Non c'è bisogno di metterla in mezzo, soprattutto perché era suo fratello.

"Certo" Sorrido di nuovo, sentendo le mie viscere turbinare per le diverse emozioni che provavo. Avevo bisogno di controllarmi, di controllarmi, altrimenti sarei finita in ospedale "Allora, sei qui da sola?"

"Solo per stanotte" Lei ride con nonchalance, accavallando una gamba sull'altra e sedendosi "Mamma e papà partiranno domani pomeriggio e Waliyha partirà stasera con Safaa"

"E Zayn?" Come se fosse stato convocato, Samuel è apparso per restare accanto a lei, facendo la domanda che avevo troppa paura di fare. Aveva un piccolo sorriso, probabilmente pensando che la sua stupida domanda fosse un'ottima domanda "È volato a Londra..."

"Samuel, perché non mi porti dell'acqua?" Glielo chiedo, interrompendo la sua bocca rumorosa dal versare altre cose. A volte era davvero stupido. Gli lancio un'occhiata, ma lui se ne restava lì confuso, con una faccia stupida e scuotendo la testa "Ho sete, Sammy"

"Prendi la mia acqua, amore" Doniya si offrì, allungando la bottiglia verso di me e girando leggermente il corpo verso quel cretino di mio fratello "Cosa vuoi dire? È volato a Londra?"

"Samuel" Gli lancio un'occhiataccia, mentre la sua mente finalmente registra quello che volevo che registrasse un minuto fa "Portami dell'acqua"

Si è alzato lentamente e in silenzio, alzando le mani e lasciandoci soli. Cambio idea: non è stupido a volte, è stupido sempre.

"Bella, mio fratello è volato a Londra?" Chiese incredula Doniya, posando la bottiglia d'acqua rifiutata sul tavolino. Sembrava confusa e arrabbiata, con le guance che diventavano più rosate di quanto non fossero già "Dimmi la verità"

Sospirai e sprofondai nel divano, era inutile nascondere le sue bugie "Sì" Mormorai, ma improvvisamente un'ondata di tristezza mi invase. Gli occhi mi pungevano e sentivo la gola annodarsi "Lui... lui ha detto che avrebbe... che avrebbe dovuto essere lì per affari"

Era triste vedere quanta strada avevamo fatto, ma lui sentiva ancora il bisogno di mentirmi. Pensavo che avessimo costruito qualcosa e se non era quello che volevo io, almeno poteva essere la fiducia.

Mentre Doniya camminava a braccia alzate e parlava in un inglese veloce, io restai sul divano a guardarla con qualche lacrima che mi scendeva sulle guance.

Mi sentivo estremamente triste e non sapevo nemmeno perché. Non sapevo se piangevo perché ero rimasta sola o perché mi aveva mentito.

Una cosa era certa: non volevo che la nostra relazione diventasse un rapporto di coppia. Non eravamo altro che amici con una figlia e questo mi faceva più male di quanto pensassi.

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Kiwi | Z.M [Italian translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora