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Nerea

Spengo il tablet ormai stanca. Non riesco a scrivere niente, nessuna idea che salta fuori. Normalmente intorno a me, tutto è fonte di ispirazione.
Guidare, mangiare, pure una tazza di caffè.
Resto impallata a guardare il vuoto ma stavolta non si accende niente nel mio cervello.

Stufa mi vesto per andare in palestra, magari tra la ghisa troverò l'ispirazione.
Le palestre americane sono totalmente diverse da quelle italiane, sopratutto da quelle commerciali. Ognuno si allena, si aiutano in caso di bisogno.
Nessuno che deride nessuno.
Cammino un po' sul tapirulant. La palestra è stranamente vuota. Si sentono solo i miei passi e il mio respiro affannato, ma c'è pace.
Mi alleno senza sosta, ho bisogno di sentire i muscoli a pezzi per star bene.
Sono esausta. Inutile dire che non ho trovato nessuna fonte d'ispirazione.

Il blocco dello scrittore non ci voleva ora.
Non quando tra due settimane devo consegnare il libro per la nuova uscita.
Ho bisogno di idee adesso.
Torno nel mio appartamento e mi abbandono ad un bagno caldo.
La schiuma copre il mio corpo. Potrei rimanere così per ore.
Ormai quando l'acqua è fredda e le mie mani piene di grinze, decido di vestirmi.
Cerco nell'armadio una felpa di pile.
Prendo cappello ed i guanti ed esco per le vie natalizie della mia nuova città.

Resto incantata da ogni casa e negozio, addobbati e pieni di luci. Enormi pupazzi di Santa Claus sono sparsi per le strade, per non parlare delle persone travestite da Babbo Natale fuori dai negozi.
In America lo sentono molto il Natale, sembra di stare dentro un film.
Entro in un bar, mi accomodo ed ordino una cioccolata calda.
Guardo ogni angolo del bar in cerca di ispirazione, fino a quando i miei occhi non si posano su una massa di capelli scuri e due occhi intenti a fissarmi.
Sposto lo sguardo appena arriva la mia cioccolata, in cerca di distrazioni che non attendono ad arrivare.

"Nerea"

"Il mio nome pronunciato da te sembra brutto"

Sposta la sedia e il suo profumo invade il mio spazio vitale. Ordina un caffè al ginseng, mentre continua a fissarmi. Inizio a credere che sia un possibile psicopatico.

"Smettila di fissarmi"

"Non ci riesco".

Lo guardo e penso di aver fatto la scelta sbagliata. Oggi la sua faccia da schiaffi è più bella del solito. La giacca in jeans con il pellicciotto dentro nasconde il suo corpo.

"Bello quello che vedi?"

"Se non fosse per la faccia da schiaffi forse si"

"Quindi avrei la faccia da schiaffi?"

"Assolutamente ".

Lo sento ridere e ringraziare il cameriere.
Beve il suo caffè ed inizia a contemplare fuori dalla vetrina.

"Sei qui per un'altra scommessa?"

Si gira verso di me con aria interrogativa e scuote la testa sorridendo.

"Credo di aver sbagliato metodo di approccio. Che ne dici se riprovo?".

Mi allunga la mano che prendo senza tanti complimenti.

"Piacere Ascanio".

I nostri sguardi non si staccano uno dall'altro, i suoi occhi sono talmente scuri che si possono confondere quasi con le pupille.

"Nerea"

"Per te non è un piacere piccoletta?"

"Forse".

Stacca la sua presa dalla mia mano, per portarsi le mani sotto il mento.
Mi guarda derisorio. Ho già detto che istiga alla violenza?

"Non uccidermi piccoletta, il tuo sguardo potrebbe incenerirmi".

Sto per ribattere quando una bambina si avvicina al nostro tavolo.
Un vestitino rosa e bianco di lana la riveste completamente. Gli occhioni azzurri e le guance rosse le danno un'aria talmente tenera che il mio cuore diventa di zucchero e miele.
La mamma le tiene la manina piccolissima.

"Ei piccola dimmi"

"Sei quella Nerea?"

"Penso di si"

Guarda la mamma che annuisce e dal suo zainetto prende il mio ultimo libro di fiabe.

"Mamma dice che le scrivi tu, mi fai la firma?".

Annuisco e le accarezzo la testa.

"Certo tesoro".

Le rendo il libro e mi stampa un bacio sulla guancia, per poi correre via felicissima verso l'uscita del bar.
È per questo che amo il mio lavoro, per vederli felci così.
Nel frattempo Ascanio ha preso un altro caffè al ginseng.
Penso che sarà una lunga serata.

I don't like you Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora