16 Solitudine

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Il soffitto di camera mia è bianco, le pareti sono bianche, i mobili sono bianchi. Mi fanno schifo. Io non sono pura, io sono sporca. Ho addosso la sporcizia di anni e anni. Sono nera, sono rossa. Sono il peccato. Per questo passo molto tempo in acqua. Può purificarmi, ma forse sono corrotta fino al midollo. Mi sento da buttare. Mi sento come se non fossi abbastanza per continuare a vivere. Osservo le mie cicatrici. Dovrebbero rendermi brutta ma per me rappresentano lo sbagliato che c'è in me. Me le sono procurate in modo onorevole e poi sono andata a sporcarle come meglio potevo.

Apro l'armadietto delle medicine e ingoio due pasticche. Non so nemmeno se mi servano ancora.

Sono guarita? No.

Sono degna di camminare su questa terra? No.

Perché sono ancora in vita? Perché un proiettile non mi uccide? Sembra che ci sia qualcuno che mi voglia qui. Sarei dovuta morire decine di volte, ma respiro ancora.

Afferro il bicchiere di whiskey appoggiato sul lavandino e me lo scolo, il liquido mi brucia, bravo disinfetta e cancella lo schifo dentro di me.

Sono riuscita ad allontanare tutti.

Roth, quanto male gli ho fatto?

Barcollo verso il mio letto e mi sdraio sopra. Ho i brividi che mi percorrono tutto il copro. Che ore sono? Avevo qualcosa da fare.

Fa nulla.

Chiudere gli occhi potrebbe farmi bene.

Non mi piacciono i miei pensieri. Non mi piaccio io.

Magari se lo chiudo domani non li apro più.

Guardo il telefono, ci sono parecchie chiamate.

Risponderò dal mondo dei morti.

Il respiro è affannoso, sento odore di piscio. Probabilmente il mio. Il buio mi circonda, solo un minimo di luce entra da una crepa nel muro. Non risco ad alzarmi in piedi. Atena ricorda, cosa è successo? Il dolore pulsante alla testa mi ricorda che mi hanno colpita. Ho perso i sensi.

Ho la gola secca e gli occhi sono impastati, vorrei potermeli toccare ma ho le braccia legate sopra alla mia testa. Devo essere stata immobilizzata.

Cerco di parlare ma qualcosa mi costringe a tenere la bocca chiusa. 

Il cuore inizia a battermi all'impazzata.

Merda.

I talebani mi hanno presa.

Il respiro accelera come il mio cuore, nessuno ti può preparare a questo. Delle lacrime sfuggono al mio controllo. Dovevo sposarmi tra tre settimane!

MARK! Cazzo. La squadra! 

Strattono le corde con le braccia ma non sembra vogliano cedere.

Aiuto.

Devo pensare lucidamente.

Una porta si apre e delle grida entrano nella stanza.

Mark sta urlando di dolore.

"daeuna namrah mae alfasiqat albayda'"dice uno dei due uomini, mentre l'altro ride.

"la talmashi!" grida Mark dalla stanza, probabilmente lui mi vede.

I due uomini lo ignorano. Perché non ho studiato la loro lingua?

Appena uno dei due si avvicina alle mie mutande cerco di divincolarmi ma il tutto invano. Sono troppo debole. Mi strappa l'indumento da dosso. Il mio mondo diventa ovattato. Il mio mondo si sporca in quel momento.

Un destino di famigliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora