41 Kabul

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consiglio caldamente l'ascolto della playlist che trovate su Spotify durante la lettura

abbiamo raggiunto i 15000

devo ammettere che non ci credo nemmeno di vedere un numero simile ma soprattutto vi devo ringraziare in mille modi, ma ahimè mi toccherà tingermi i capelli di blu!

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Il sole mi acceca i sensi. I ricordi mi inondano la mente. La pelle brucia. Gli occhi sono umidi.

Mi muovo, lentamente, sul tetto dell'edificio in line d'aria con l'ambasciata americana, sto tenendo sotto controllo i movimenti del nostro caro senatore, il quale da ultime notizie è in corsa per la presidenza.
Non arriverà mai alla Casa Bianca; la morte, cioè io per chi non lo avesse inteso, lo sta andando a prendere.

Sono immobile da ore mentre il mio caro non cognato è all'interno dell'edificio che sto tenendo sotto controllo, sta parlando con Spencer in un cazzo di ufficio tutto tirato a lucido.

Ci sono parecchi civili in strada e il frastuono del traffico è assai fastidioso.

Prendo le cuffiette e ne inserisco una all'interno dell'orecchio destro per far partire della musica, devo rimanere concentrata, sono gli occhi e la copertura per Angel, non so se lui farebbe lo stesso per me ma so che non mi permetterò che qualcun altro muoia quando ci sono io di guardia.

Ma a quanto pare l'incontro è durato poco, i due si stanno salutando stringendosi la mano.

Mi vibra il Nokia 3310 dell'anteguerra.

Tutto a posto, mi fa fare un giro nella zona X. Aspettami al rendez-vous.

Leggo il messaggio da parte di Angel e velocemente inizio a smontare l'arma e riporla nello zaino tattico. Per le autorità del luogo io e Angel siamo dei giornalisti inviati per documentare la situazione sociopolitica del paese.

Dovrei girare scortata da un uomo, costantemente, e da un locale ma non si sono ancora fatti vedere e penso che ci sia di mezzo il mio collega.

Non so ancora se fidarmi di lui, non so se posso. È da un anno che è con noi, non ha più tradito la fiducia di nessuno. Eppure qualcosa mi fa stare all'erta, forse sto diventando pazza, forse sono paranoica, ma il mio istinto non mi ha mai tradita; so che mi sta nascondendo qualcosa ma non so ancora cosa.

Sicuramente ha venduto una storia di me e Damon per essere rientrato nelle grazie di Spencer così velocemente ma il dubbio che mi sorge è se sia mai uscito da esso.

So che Dominc l'ha contattato dopo aver ricevuto la notizia della perdita delle sua ultima guardia del corpo storica.

Si sente indifeso e io arriverò di soppiatto come se fossi un ombra, non se ne accorgerà e solo in quel momento mi permetterò di recidergli la giugulare con taglio netto. Morte veloce ma sgorgherà sangue e questo mi renderà soddisfatta.

Mi ritrovo tra le strade di Kabul, oggi il sole è ustionante, vedo il calore che sale dall'asfalto sconnesso della strada. 

Mi metto un paio di occhiali da sole e abbasso la testa, lentamente mi dirigo verso un ristorante vicino al bazar.

Lì c'è una persona dal passato che è venuta a darmi una mano, o meglio, è qui per riportarmi sulla retta via. Così ha detto se non sbaglio.

Scorgo da dietro le sue spalle possenti avvolte in nel tessuto verde della sua maglietta a maniche corte, ha il collo coperto da una shemagh, la tipica sciarpa afgana a scacchi bianca e nera.

Un destino di famigliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora