II.

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:-devi affondare non parare-:

:-non se voglio difendermi-:

:-dovrai pur attaccare!-:

:-non se voglio difendermi-:

:-ma che insinuazione è questa?!-:

:-credi che Chirone si arrabbierà?-:

:-se ci becca a battagliare nel giardino della Casa Grande? Non credo-: Annabeth osservò divertita il suo ragazzo che, seppur concentrato a parare i suoi colpi, aveva un sorriso da ebete che gli dipingeva il volto.

In effetti quello non avrebbe dovuto essere né il momento né tanto meno il luogo adatto ad un combattimento improvvisato all'ultimo minuto, ma lo era diventato, inconsapevolmente, quando i due ragazzi, ritrovatosi con due spade in mano, avevano deciso di ingaggiare il loro tempo allenandosi.

Chirone probabilmente li avrebbe fatti fuori una volta scoperti: sapevano quanto l'anziano centauro ci tenesse a quel bel giardino e che fosse il suo luogo di pace e solitudine senza la benché minima interruzione; Annabeth e Percy, però, non volevano trasformarlo nella loro arena personale.

Quella mattina si erano recati lì con l'intento di aiutare Chirone a sgomberare un paio di scatoloni dalla soffitta impolverata. A breve sarebbero arrivati alcuni ragazzi dal Campo di Giove, Jason sarebbe tornato a Nuova Roma per svolgere alcune mansioni insieme a Reyna, e Leo e Calypso l'avrebbero accompagnato con la scusa di far visitare alla ragazza parte della città. Per questo Chirone voleva fosse tutto in ordine, per accogliere i nuovi arrivati.

Da quando i due campi avevano fatto pace vigeva un'armonia perfetta che aveva permesso ad entrambi di consolidare salde alleanze e valide amicizie: parecchi ragazzi del Campo Mezzosangue passavano mesi interi nel Campo di Giove, passeggiavano per Nuova Roma, imparavano a diventare guerrieri più abili, imparavano a leggere le profezie dei libri Sibillini e, viceversa, erano tanti altri i ragazzi che raggiungevano il Campo Mezzosangue passando anche l'intera estate ad allenarsi e cantare intorno al falò prima di ritornare per l'inverno a Nuova Roma.

Il campo era sempre pieno, ogni giorno arrivava gente, le cabine non avevano più spazio, potevano vedere i propri amici, stare insieme...Annabeth stava bene, Annabeth era felice.

Forse lo sarebbe stata ancora di più se il suo ragazzo, in quel preciso istante, non avesse deciso di fare una mossa avventata e sfilarle la spada dalla mano. La vide cadere per terra pesantemente e lanciò uno sguardo sorpreso a Percy difronte a lei che faceva roteare la spada in aria.

:-te l'avevo detto che bastava difendermi-: fece beffardo avvicinandosi alla ragazza. Annabeth non lo degnò di uno sguardo, recuperò la spada da terra e lo osservò dall'alto verso il basso con uno sguardo scettico.

:-ma davvero?-: rispose altrettanto beffarda lei. Percy sorrise.

:-davvero-: erano ad un palmo di distanza, così tanto che, di lì, Annabeth poteva inalare quel forte odore di mare che tanto la faceva star bene. Si morse le labbra e si avvicinò a Percy posandoli una mano sul volto. Osservò i suoi occhi verdi, le sue forti braccia che le stringevano il busto, i suoi capelli scompigliati e arruffati in cui lei amava infilare le mani...

Percy era molto cambiato in quegli anni, si era fatto il tipico bel ragazzo che piace a tutte, il burlone del gruppo, l'impacciato ragazzo con il sorriso da piantagrane... Non che prima non fosse bello, anzi, Annabeth era riuscita a scorgere il suo fascino fin da quando avevano dodici anni, ma in quel momento...in quel momento non era più un ragazzo, o meglio, non era più il ragazzo di tanti anni prima, era maturato, cresciuto, cambiato, si era fatto uomo. Ma c'era una cosa che non sarebbe mai cambiata di lì a distanza di anni: l'amore che Annabeth provava per lui e viceversa.

𝓘𝓵 𝓯𝓪𝓽𝓸 𝓭𝓮𝓲 𝓯𝓾𝓸𝓬𝓱𝓲 𝓲𝓶𝓶𝓸𝓻𝓽𝓪𝓵𝓲 𝓭𝓲 𝓞𝓵𝓲𝓶𝓹𝓪-𝓟𝓙Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora