XXVI.

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Leo fu spinto con tale forza nella cella in cui li rinchiusero che sentì i suoi denti battere per la botta. Si risollevò in fretta sul pavimento e iniziò a vederci doppio: la guardia che l'aveva trascinato a forza fino a quel momento si era triplicata e girava forte come una trottola.

Sentì la porta della cella cigolare e chiudersi fragorosamente; chiuse gli occhi un paio di volte e si massaggiò la testa dolorante. Accanto alla sua cella, Jason venne spinto dentro con la stessa forza, rimettendosi seduto lentamente, dall'altra parte spinsero Calypso contro il cemento duro e così tutti gli altri.

Le guardie non dissero una parola, chiusero a chiave ciascuna delle celle in ferro ed uscirono con passo deciso lasciando i ragazzi da soli e in silenzio. Rimasero in quella assurda quiete per un paio di minuti, i loro respiri affannati e le loro paure presero piede nella stanza.

Leo era rigido come una mazza di scopa: il suo corpo tremava, se per il freddo delle pareti in cemento o per la paura che gli martellava in petto non lo sapeva; il cuore stava per uscirgli dalla gabbia toracica, la sua mente era ancora invasa dalle immagini vissute poco prima, sentiva ancora il bruciore al petto quando il fuoco era uscito fuori. E poi...quegli occhi dorati, i respiri mozzati e lo sguardo privo di vita ed emozioni.
Quello che gli aveva fatto più paura non era stato il fatto che Mida avesse preso il controllo dei loro amici, ma l'autonomia che li abbandonava, le emozioni che lasciavano spazio all'avidità di un uomo avaro e bramoso di potere.

Quello che loro dovevano fare in modo che non accadesse, era accaduto, il Fato dei Fuochi Immortali di Olimpia si era avverato, aveva compiuto il suo destino e loro non avevano fatto nulla per fermarlo.

Era tormentato dalla preoccupazione, ma gli ci volle poco prima che si precipitasse da Calypso di fianco alla sua cella.

:-Leo!-: esclamò la ragazza allarmata; fece passare le mani attraverso le grosse sbarre di ferro e le intreccio con quelle di Leo dall'altra parte. Quelle del ragazzo erano calde, la ragazza invece ce le aveva fredde; lui le strinse tra le sue e le diede un bacio delicato.

:-stai bene?-: chiese la ragazza osservandolo bene in volto. Leo sorrise e si lasciò scappare una risatina. La osservò dritto negli occhi, ne osservò tutte le intense sfaccettature, i suoi capelli disordinati ma che la rendevano bellissima e tutte quelle piccolezze che avevano fatto innamorare il ragazzo dal primo istante in cui l'aveva vista.

:-sto bene-: decretò. La ragazza sorrise dolcemente e lì, in mezzo a quel freddo pungente e a quella paura, Leo si sentì al caldo.
Dall'altra parte della stanza, in due celle vicine va, il rumore di un bacio invase l'aria. Ci volle poco prima che Leo potesse notare Annabeth e Percy che si baciavano: erano uniti l'uno all'altra, le mani intrecciate, le labbra unite... Avevano passato troppe notti lontani per star ancora separati e trasmisero tutto quello in quell'unico bacio.

:-dobbiamo uscire di qui!-: decretò serio Jason.

:-sì, concordo!-: lo appoggiò Frank :-non mi piacciono le gabbie-:

:-ma...avete visto...avete visto cosa...-: Juniper non finì mai la frase, ma non ci fu bisogno, sapevano tutti che se avesse parlato ancora avrebbe detto "avete visto cosa li ha fatto?" e loro avevano visto: gli occhi dorati, le pose rigide... Leo si costrinse a chiudere gli occhi e a scuotere la testa per scacciare quelle immagini dalla mente.

:-dobbiamo salvarli-: disse Percy :-glielo dobbiamo, loro...è anche colpa nostra se sono in questa situazione-: i ragazzi annuirono.

:-innanzitutto dobbiamo uscire di qui!-: Grover strinse con forza le sbarre che li bloccavano e le strattonò frustrato.

𝓘𝓵 𝓯𝓪𝓽𝓸 𝓭𝓮𝓲 𝓯𝓾𝓸𝓬𝓱𝓲 𝓲𝓶𝓶𝓸𝓻𝓽𝓪𝓵𝓲 𝓭𝓲 𝓞𝓵𝓲𝓶𝓹𝓪-𝓟𝓙Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora