CAPITOLO 28

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"Caro diario,è già da molto tempo che non scrivo e di cose ne sono successe.

Ovviamente non sto quì ad elencarle tutte perchè sei un diario non dei segreti ma dove posso raccontare i miei strani sogni.

Stanotte ho sognato me ed Edward; eravamo vicini che quasi ci sfioravamo ma lui improvvisamente diventa una sfumatura nera,opaca,che si distoglie nell'aria."


So forse cosa voglia significare questo sogno: vuole dire che io ed Edward siamo fin troppo lontani per toccarci davvero.


Oggi è la solita routine quotidiana: ovviamente monotona.


Mi vesto con jeans scuri, canotta verde e le superga dell'omonimo colore.


Prima di uscire di casa mi do un'occhiatina allo specchio: l'occhio è viola e il collo sembra avere tanti cerchietti violacei.

Cerco con un correttore di coprire intorno l'occhio,ma mi è difficile farlo per bene visto il dolore che provo al tocco.


Esco di casa,e mi incammino per andare a scuola.

Arrivata a scuola è tutto ovviamente la solita cosa.


Al suono della campanella tutti come dei cavalli all'attacco entrano nell'atrio della scuola per raggiungere la propria classe.


Alla prima ora c'è l'ora di chimica e come sempre sono la prima ad arrivare in laboratorio.


Odio la chimica,ma la professoressa è la mia preferita: è con noi una persona umana, non una comune professoressa laureata con il massimo dei voti.


La professoressa,entra subito dopo di me in laboratorio e al posto del solito 'Buongiorno' mi chiede gentilmente di parlare fuori dall'aula.


"Mi dica professoressa" cosa vorrà dirmi?


"Gemma,sono la madre di Alex e mi ha spiegato un po' la situazione. Posso aiutarti in qualcosa?" un attimo,un attimo. La professoressa di chimica è la madre di Alex? E Alex le ha detto tutto? Vorrei essere invisibile,per scomparire da questa realtà e non tornare mai più.


"Professoressa,non so di cosa parli, non conosco alcun ragazzo che si chiami Alex" forse fingere è l'unico modo per uscire da questo discorso.


"Gemma,parlami, riesco a vedere il tuo occhio viola e i lividi sul collo" ma allora sei una maga? Sei realizzata?


" Prof. non c'è nulla da spiegare, anzi se lo faccia dire da Alex"


Detto questo,proprio non resisto. Vado via da scuola per recarmi al parco.

Ora anche la prof. sa di me. Devo parlare con Alex: anzi non lo voglio più vedere.


Al parco per mia fortuna non c'è nessuno,così vado nell'angolino nascosto dietro un albero secolare.

A non piangere proprio non ci riesco, anzi, a fermarmi proprio non ci riesco.


E' tutto una bolla,dalla quale mi riesce difficile uscirne.

Ed io odio questa bolla; dovrei esserci solo io,e non Alex,Jamie,Michelle,Will,la prof.di chimica e Edward.


Non posso credere che ora, il mio problema lo sanno così tante persone.

Vorrei poter avere l'aiuto di nessuno,essere da sola nella mia sofferenza.


Non so cosa fare,mi è tutto sconosciuto ed io sono impreparata su come affrontare la cosa.

Non so cosa fare,ma in tanto le mie mani hanno già composto il numero di Edward che ormai conosco a memoria.


Avrei così bisogno di sentire la sua voce, e sentirlo rassicurarmi.

" Pronto Edward?"

"Pronto chi è?" mi risponde una voce femminile. Ho sbagliato numero?


"Con chi parlo?" forse ho sbagliato numero.


"Sono Sophia"


"Ma questo è il numero di Edward?"

"Si, sono la sua ragazza, lui è appena uscito di casa e si è dimenticato il telefono da me. Gli dico che hai chiamato?" mi manca il respiro,mi manca l'aria,il mio cuore ha smesso di battere.


"No,f-forse h-ho sbaglia-to n-numero. C-ciao"

Il telefono mi cade di mano,sbattendo contro l'erba asciutta e spaccandosi totalmente.


Potrei paragonarlo al mio cuore in questo momento.


Le lacrime mi bagnano continuamente il viso,fino ad arrivare alle labbra e gustare quest' amara novità.


Il cuore, il mio povero cuore martella lentamente, e sembra che da un momento all'altro voglia smettere di battere. Mi fa davvero male il cuore,nel vero senso della parola.


Me lo aspettavo, ma ovviamente non potevo immaginare la scena,la mia reazione.


Non so descrivere come mi sento: vorrei non pensare a nulla.

Vorrei solo trovare una pistola,puntarla contro di me e premere il grilletto.

Forse sarebbe meno doloroso.


Odio questo martellare nel petto,queste lacrime amare e quest' emozione fin ora a me sconosciuta.


Lui si è dimenticato di me, e si è fidanzato.


Non è una logica o una definizione matematica: è semplicemente la vita,la mia vita.



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