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Damon

Ormai la vacanza è finita.
Tra meno di un mese incomincia la scuola e il lavoro.
E il prossimo anno il mio intento sarà proprio come l'anno passato.

Ora mi ritrovo nella mia macchina, in moto per andare a prendere mia madre.
Mentre scintilla, è a casa sua.
Tra i pensieri su pensieri, decido di accendere la radio, laddove metto un po' di musica.
Decido poi, di mettere la playlist, la nostra playlist.
Come prima canzone, tra le pareti della mia auto, rimbomba: Those eyes.

Sono finalmente arrivato alla struttura.
Arrivo alla reception, laddove dico nome e cognome di mia madre, e dopo qualche istante la vedo uscire da delle cancellate.
E quando i miei occhi incrociano i suoi, sorrido.
È uguale a prima, sempre con la sua bellezza, i suoi occhioni, e il suo sorriso.
Ma mese dopo mese la vedo sempre più dimagrita.
Non è un problema della struttura anzi.
La pago ogni mese, facendomi il mazzo a lavoro.
Danno buona quantità di cibo, ma la causa per la quale mia madre dimagrisce mese dopo mese è la mancanza del figlio, che tra l'altro quei mesi che è all'interno della struttura non è possibile chiamare un parente più di una volta al mese.
E per lo più, mancanza anche del marito.
La comprendo, perché anche a me manca papà giorno dopo giorno, ma sono comunque abbastanza forte.
Invece mia madre no, è tenera come il vetro.
Infatti quando ho scoperto che si distruggeva pian piano con diverse sostanze e medicine, questa cosa mi ha distrutto.
Quando l'ho scoperto, ho subito contattato tante strutture.
Ovviamente mia madre era contraria, ma non volevo perdere anche lei.

Lei corre subito fra le mie braccia, stringendomi a se.
«Ti stai facendo sempre più grande, ometto.», dice, mentre mi accarezza il viso con il suo sguardo puntato nel mio.
I suoi occhioni sono lucidi dal pianto.
«Non vedo l'ora di uscire e passare tempo con te.», dice facendomi un sorrisetto.
«Anch'io, mamma.»

«Come è stato questo mese senza di me?», domanda mentre ci infiliamo in macchina.
«Sono succede tante cose.», le dico mentre metto in moto l'auto.
«E Yasmine?»
«C'entra anche lei in queste: "tante cose".» Le sorrido.
Mia madre sobbalza dalla felicità.
«Non ci credo!», esclama mettendo le sue mani sulla mia che è sulla marcia.
«La mia piccola Yas.», continua.
Amavo e amo tutt'ora il legame che c'è tra scintilla e mia madre.
È una delle cose che mi rende fiero di entrambe.
Mia madre fin da quando la conosco è stata come una sorta di seconda madre.
E la ringrazio, perché Yasmine merita davvero tanto.

Arriviamo a casa, poso le borse di mia madre in camera mia, e scendo nuovamente al piano inferiore, laddove trovo mia madre seduta sullo sgabello con Dobby tra le braccia.
«Allora? Raccontami tutto.», dice, mentre accarezza con dolcezza Dobby.
«Prima però voglio farti mangiare.», le dico mentre mi avvicino al forno. Laddove al suo interno c'è tanto cibo.
«Ma che, sto bene così.»
Apro il forno, ed estraggo tutto il cibo che ho cucinato stamattina presto per mamma.
Prendo le prime due teglie, e le appoggio sulla penisola.
«Wow.», dice mentre guarda con sguardo felice il cibo. «Stai diventando sempre più bravo. Proprio come tuo padre.», continua alzando il viso nel mio.
Quando mia madre parla di mio padre, ne parla con sguardo innamorato, come se mio padre non se ne fosse mai andato.
Ma mia madre, ormai rassegnata, quando ne parla c'è sempre quel sorrisetto triste.

Apro il cassetto, e prendo una rotella taglia pizza.
Nelle teglie ci sono ben due pizze.
Quella preferita di mia madre: pizza ai quattro formaggi.
E una semplice Margherita.
Le porgo la sua fetta all'intento di un piatto.
«Ora però, manca solo il verdetto finale, per paragonarti a papì.»
"Papì" è il soprannome che usavamo entrambi per chiamare mio padre, nonché suo marito.

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