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Damon

3 mesi dopo...

La scuola è nuovamente iniziata.
Sono passati già due mesi circa, e il mio piano continua.

«Oggi a scuola non ci andrai.», urla mia madre.
«È solo una stupida tosse.», la riassicuro.
«Andremmo in ospedale.», dice di fretta e furia per poi afferrare la borsa che si trova sulla penisola.
«Devo andare a scuola.», faccio per alzarmi dallo sgabello.
«Tu non andrai da nessuna parte.», insiste mettendosi davanti a me.
«Mamma, io devo andarci.», sottolineo quel: "devo".
Ho bisogno di vedere scintilla.

«No che non ci andrai, questa tosse non mi piace.», mi ripete.
Mi arrendo contro i suoi ordini, così usciamo di casa, entriamo in auto e ci dirigiamo in ospedale.

«Perché ti preoccupi così tanto?», le chiedo.
«Mi sei rimasto solo tu, e per lo più sei mio figlio è ora di fare il lavoro da mamma.», dice fissando la strada.
«Devo prendermi io cura di te.»
«Damon, hai fatto fin troppo, ora tocca a me prendermi cura di te.»
«Io non ne ho bisogno.»
«Sì, ma non te ne rendi conto.»

Arriviamo in ospedale, ci dirigiamo alla reception.
«Buongiorno, cerco il dottor Smith.»
«Certo, lo chiamo subito.», dice la segreteria prendendo il cellulare della reception.

Vedo mia madre preoccupata, agitata, nervosa, mentre cammina davanti e dietro.
«Mamma, ti clami per favore.» Mi avvicino a lei. «Non sarà niente.», le dico appoggiandole le mani intorno le spalle.
E all'improvviso, mia madre cade tra le mie braccia, abbracciandomi forte a sé.

«Buongiorno signora e signore Collins.», sentiamo dire alle nostre spalle.
È il dottore Smith.
«Salve. Dottore, mio figlio si è svegliato con una brutta tosse.»
Senza spiegare altro, il dottore ci fa accomodare nel suo studio.
«Se non le dispiace signora, la faccio aspettare fuori.»
«D-d'accordo.»
Il dottore chiude la porta alle mie spalle
«Si sieda.» dice indicando con gentilezza le sedie.
Mi accomodo.
«Mi dica altro. Ha perso sangue?»
Annuisco.
«Mucoso?»
Annuisco nuovamente.
«Quantità?»
«Abbastanza.»
«Secondo la tua diagnosi, preferisco tenerti in sotto osservazione.»
«D'accordo.»
Il dottore si alza. «Venga con me.»
Usciamo dallo studio, laddove trovo mia madre seduta su una sedia in sala d'attesa.
Appena si accorge che io e il dottore siamo fuori dallo studio, si alza.
«Signora. Vorrei prescrivergli un ciclo di prelievi se la situazione è peggiore. Ma ne richiedo uno adesso.»
Io e mia madre, inseguiamo il dottore fino ad arrivare nella sala prelievi, dove troviamo altri pazienti.
«Si segga.», dice indicando una poltroncina. «Signora lei può sedersi a fianco.» Indica una sedia di legno al mio fianco.
Dopo qualche minuto arriva un infermiera con sé ago farfalla, è una piccola provetta.
«Salve.», salutiamo.
«Salve.»
Senza perde tempo, la signora circonda il mio tricipite con un filo di gomma.
Inserisce l'ago nella vena, e dopo che ha prelevato il sangue, toglie l'ago.
«Abbiamo finito.», dice con un sorriso. «Le faremo sapere i risultati domani.», ci avvisa. «Arrivederci.», ci saluta con un sorriso e se ne va.
«Vedi non era niente di che.», riassicuro mia madre con amarezza.
Mia madre mi sorride, e ci alziamo.
Mentre usciamo dalla sala prelievi, ci ritroviamo il dottor Smith.
«Signora Collins, le darò aggiornamenti domani, e le farò sapere se il giovanotto ha bisogno di un ciclo di analisi.»
«Va benissimo.»
«Buona giornata.», dice il dottore dandomi due pacche sulla spalla.
«A lei.»

Tornati a casa, mi ritrovo a pensare sul mio letto.
E se è qualcosa di grave, come lo dirò a scintilla.
Lo sbaglio che ho fatto qualche mese fa non vorrei rifarlo.
Afferro il cellulare e digito il numero di Thomas.
«Amicoo.», esclama Thomas.
«Vuoi venire a casa, è importante.»
«D'accordo. Cinque minuti e sono da te.»

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