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Yasmine

Bene, sono a casa Collins.
Non è che la cosa mi dispiaccia, ma se lo verrebbe a scoprire Jacob, non credo che la prenderebbe bene.
No, non glielo detto, e non vorrei dirglielo. Perché lo conosco troppo bene, e se glielo dicessi non credo che le cose finirebbero bene.

Abbiamo cenato, e parlato. Ed è stato molto bello restare qui come i vecchi tempi.
«Dalle un tuo pigiama, Damon.», le dice la madre. «Io vi aspetto qui.», continua, mentre si avvicina al divano.

Io e Damon saliamo al piano di sopra, dirigendoci in camera sua.
Appena apre la porta, le prime cose che noto sono le valigie della madre.
«Che fanno le valigie di tua madre qui?», chiedo, mentre Damon si fa strada verso il suo armadio.
«Mia madre non riesce ancora ad entrare in camera sua.», dice mentre apre le ante del suo armadio.
«Ah...»
Non immagino il suo dolore.

«Tieni.», dice lanciandomi addosso un suo pigiama.
«Con quanta delicatezza, eh.»
Si avvicina a me con passo sicuro, per poi abbassare il capo all'altezza del mio orecchio.
«Mi ero dimenticato di quanto sei fragile, scintilla.», usa un scintillo di malizia nel suo tono.
Si allontana per poi sedersi sulla parte del letto difronte a me, con le gambe delicatamente divaricate.
«Devi per forza stare qui?», chiedo.
«È camera mia.», scrolla le spalle.
Giusto.
«Ma devo spogliarmi.»
«Spogliati.», dice mantenendosi sulle braccia appoggiata sul materasso più dietro dei suoi fianchi.

«Davanti a te?»
«Mica ti mangio.»
«Ti odio.»
Dopo questa mia frase, sul suo volto gli angoli delle labbra di curvano verso il su, maliziosamente.
Gli lancio addosso la sua maglietta, che mi ha dato come pigiama.
«Hai intenzione di rimanere senza maglietta mhm, scintilla?»

«No, idiota. Rimango con la canotta.», dico sfilandomi la mia maglietta larga, dove sotto indosso una canotta bianca.
«Vuoi anche questa?», dico ironica porgendogli la mia maglietta.
Ma la sua attenzione è rivolta su tutt'altro, su una parte più bassa del mio viso.
Non mi ci vuole molto a capire cos'è la cosa che ha attirato la sua attenzione così tanto. Non indosso il reggiseno (perché lo odio), quindi credo che i miei capezzoli si siano induriti.

Lui non risponde, ma dopo un po' si alza, avvicinandosi a me.
Quando i nostri corpi si trovano a neanche dieci centimetri di distanza, mi afferra con dolcezza il mento, alzando il mio viso, finché i nostri sguardi s'incrociano.
«Non voglio una stupida maglietta. Quero você.», sussurra.

«No, Damon! Odio quando mi parli in questa lingua.»
«Infatti, lo faccio perché adoro vederti nervosa.», dice, e il suo angolo del labbro si alza verso il su.
Subito dopo esce dalla camera.
Mi infilo velocemente la parte inferiore del pigiama di Damon, e vado al piano inferiore laddove mi aspettano in soggiorno.
Ci mettiamo seduti, belli e comodi sul divano, e guardiamo il film che Taylor ha scelto, cioè: Dirty Dancing.

Abbiamo anche un grande recipiente di gelato, dalla quale estraiamo cucchiaiate di gelato.
Be', loro in realtà, io l'ho rifiutato. Dopo ciò che ho mangiato, non sono in grado di mangiare  altro.
Anche se quel gelato sembra molto invitante.
Non nego che Damon non mi abbia supplicato nel mangiarlo, ma la vocina questa volta è stata più forte delle sue suppliche.

Ho la testa appoggiata sulla sua spalla scoperta a causa della sua canotta.
E all'improvviso, la mia attenzione la cattura un cucchiaio con del gelato sopra, che ondeggia sotto il mio sguardo.
Seguo con lo sguardo il braccio che mantiene questo oggetto, e non ci vuole un millisecondo a capire che il braccio ricoperto da piccoli e medi tatuaggi è quello di Damon.
Alzo lo sguardo verso il suo, e noto che mi sta già fissando, con quello sguardo dolce, come se stesse vedendo la cosa più bella della sua vita.

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