Capitolo 17

7.1K 299 180
                                    

"Dicevano che il nostro era un amore impossibile, ma quello che non sapevano è che noi due l'impossibile sappiamo farlo benissimo."
(Gio Evan)
~~~

Grace

"Porca stramaledetta puttana." Ringhio sommessamente mentre il mio pugno chiuso continua a scontrarsi contro la dura superficie in legno della porta.

Sto bussando da circa dieci minuti alla porta della suite di Hunter.
E da dieci dannati minuti lui non si degna di aprire.

Il carico di asciugamani puliti stretto tra il mio petto ed il mio braccio destro si è ormai ridotto ad un ammasso di tessuto stropicciato.

Mandy mi aveva assicurato che Hunter non ci sarebbe stato, che sarei potuta entrare, fare il mio dannato lavoro e uscire dalla stanza indisturbata.

Beh...Mandy si sbagliava e la mia pazienza si sta rapidamente esaurendo.

"Apri questa dannata porta!" Mi ritrovo ad urlare queste parole all'improvviso, lasciandole riecheggiare nel corridoio deserto.

Accorgendomi troppo tardi di avere un tantino esagerato, mi accingo a guardarmi intorno per essere sicura che nessuno abbia assistito alla mia solitaria sfuriata.

Ed è adesso che la porta si spalanca.

Arretro con un balzo nel momento in cui noto una ragazza sulla soglia: è bella, innegabilmente bella e non indossa nulla se non una camicia bianca che le scivola sul corpo come una piuma.
Si tratta della stessa ragazza che affiancava Hunter ad una delle tante feste alle quali l'ho incontrato, credo si chiami Leila o Lily... o qualcosa del genere.

A giudicare dal suo aspetto deduco che lei e Hunter hanno fatto di tutto tranne che parlare in quella camera.

Non appena sembra notare la divisa che indosso mi squadra come se fossi spazzatura: non sembra ricordare il nostro primo incontro anche perché credo fosse fin troppo ubriaca quella sera.

"Buongiorno." Sussurro con finta cordialità rafforzando la presa sul bucato pulito.

Lei non mi risponde, mi getta un'ultima occhiataccia e si incammina a piedi scalzi lungo il corridoio deserto stringendo un paio di vertiginosi tacchi nella mano destra.

Mormoro un silenzioso vaffanculo ed entro a passo sicuro nella stanza, incurante di annunciare la mia presenza.

Lo scenario che si presenta ai miei occhi è a dir poco sconcertante: la camera è nel più completo caos, il disordine sembra regnare sovrano in ogni singolo angolo.

A lasciarmi perplessa però non sono nè le innumerevoli bottiglie di birra ormai vuote che cospargono il pavimento e neppure i cumuli di biancheria sporca gettati alla rinfusa qui e lì.
Ciò che attira la mia attenzione è piuttosto la scia di vestiti che dalla porta giunge fino a letto tracciando una sorta di percorso: un tubino striminzito, un paio di collant, un pantalone elegante da uomo, una giacca blu cobalto.

Si, su quel letto dalle lenzuola sgualcite è sicuramente accaduto qualcosa stanotte.

E quel qualcosa ha avuto Hunter come protagonista.

Provo a scacciare dalla mia mente questo ammasso di pensieri pericolosi, ma l'immagine di Hunter svestito e adagiato sul letto si insinua nella mia testa come un'edera velenosa, come qualcosa di pungente difficile da scacciare.

"La mia capacità di creare caos stupisce anche me a volte."

Il cuore mi balza in gola nel momento in cui avverto quella voce, quel tono gelido che ho imparato ahimè a riconoscere.

𝗟𝗢𝗡𝗧𝗔𝗡𝗢 𝗗𝗔 𝗧𝗘Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora