I wish

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Harry's pov

Non avevo più avuto notizie su Clara, ora più che mai era un'immagine incolore e offuscata ai miei occhi, un ricordo impreciso che annebbiava di mistero la mia mente. Avevo fatto quel che rientrava nelle mie capacità, non avrei potuto far di più ... o forse sì? Queste domande erano punto fisso dei miei pensieri. Non avrei saputo definirle come un modo per auto convincermi di aver fatto il possibile o un modo sottile per incolparmi per non essere arrivato in tempo e aver potuto far di più.


Il pensiero di lei sola, accasciata sul pavimento della sua stanza assumeva tratti terribili nella mia mente. Com'era possibile che si bucasse? Era stata così capace a nasconderlo anche a Liam che da sempre conoscevo come una persona attenta e per niente superficiale. Se fossi stato nei suoi panni, non avrei mai potuto accettare che la mia ragazza si drogasse e per questo motivo ne stesse per morire, invece lui aveva affrontato la situazione con tatto, senza andare in escandescenza né tantomeno abbattersi, aveva assimilato ed elaborato tutto nel modo più disteso possibile, quasi trascurando che ora lei fosse in coma. Non sapevo quale potesse essere la sua reazione, non riuscivo a figurarmela poiché troppo atterrito dagli eventi, ma sicuramente quella che ebbe, si distaccava anni luce da quella che mi sarei potuto aspettare e che avrei potuto concepire.


Nessun mancamento l'aveva colto, come se la notizia non lo riguardasse o come se forse se lo aspettasse. Mi aveva lasciato andare senza dire una parola ed era volato via come il vento, come se io non ci fossi più, come se nessuno lo attorniasse, ma fosse solo. In un certo senso lo invidiavo per quel suo atteggiamento controllato anche in una situazione tanto tragica, ma ugualmente lo compativo per il dolore che doveva averlo assalito. In quel momento aveva bisogno di un appoggio, ma io non ero stato in grado di darglielo perché troppo impietrito per provare anche una sola emozione. Non mi ero mostrato degno di essergli amico, lasciandolo andare senza rincuorarlo e infondergli speranza.


Invece di essergli accanto, ero gettato su questa strada desolata ripensando a quanto accaduto. Pensai a quanto dovesse amarla da lasciarla andare, ma nel contempo preoccuparsi per lei, da non scoraggiarsi e sperare nel meglio. L'amore cambia le persone facendo emergere lati di loro inaspettati e magnifici. Le persone fanno cose straordinarie quando sono innamorate. Si accende qualcosa nelle loro anime che li fa risplendere e così sono capaci di tutto, di superare qualsiasi ostacolo ad occhi aperti senza temere nulla, perché la loro unione gli dà coraggio e una forza inaudita. Sapevo che Clara si sarebbe ripresa, perché qualcosa in lei sarebbe scattato ricongiungendola alla vita e a Liam. E da lì niente si sarebbe più intromesso, avrebbero superato ogni vicissitudine insieme perché uniti erano più forti, invincibili, impenetrabili dal dolore e dalla sofferenza. Mentre io sarei rimasto debole e vulnerabile perché il mio cuore non percorreva i fili per congiungerlo ad un altro. Non percepiva ancora l'aura dell'amore, che forse per lui era spenta o impercettibile.

"Mi piace pensare che qualcuno, da qualche parte è fatto apposta per te e ti sta aspettando pazientemente per accoglierti nel modo che meriti."

Non avrei mai potuto dimenticare quelle parole, la dolcezza e la sicurezza con cui Clara quel giorno le aveva pronunciate. Mi invasero trafiggendomi e insidiando qualcosa in me che mai avevo provato verso me stesso: speranza.


Nutrivo speranza per chiunque men che me. Speranza che Clara si fosse ripresa, speranza che quei due avrebbero sistemato le loro incomprensioni, ma questo sentimento non raggiungeva mai me, accendendo una luce nel buio delle mie inquietudini. Dovevo iniziare a crederci davvero, iniziare a sperare. Dovevo convincermi del fatto che davvero lì fuori ci fosse qualcuno che mi stava aspettando, inconsapevole del bene che mi avrebbe fatto, inconsapevole del bisogno che avevo di quella persona.

Decisi di lasciare quell'angolo che fino ad ora aveva ospitato me e i miei pensieri e di dirigermi altrove, non sapevo dove, nessuno mi aspettava, non una persona, non un luogo. L'unica mia compagnia era la mia ombra, ma anch'essa mi stava lentamente abbandonando con lo scomparire del sole al tramonto. Così girovagavo spento, senza entusiasmo, con passo lento e trascinato. Stavo costeggiando il mare, percorrendo senza rendermene conto il lungomare prosperoso di bambini festanti che si rincorrevano sotto lo sguardo attento delle loro madri, di amanti che passeggiavano tenendosi per mano e sussurrandosi all'orecchio, uomini che contenti di aver chiuso un altro giorno lavorativo si dirigevano compiaciuti e felici verso casa, rallegrati dal pensiero di baciare le proprie mogli e abbracciare i propri bambini. Si udiva in lontananza il suono schiacciato e vibrante dei gabbiani.


E mentre un'altra pagina di vita andava lentamente perdendosi nel libro dei ricordi io camminavo senza meta, in preda alle mie debolezze.

Pensieroso non mi resi conto che ormai il buio era sopraggiunto da tempo e che mi stavo inoltrando in posti sconosciuti e che non incutevano di certo sicurezza, ma un senso di abbandono e solitudine. Sentendomi così inconsapevolmente avevo raggiunto il luogo adatto a me, dove ogni sentimento negativo avrebbe trovato la sua giusta dimensione. Inquieto ma contemporaneamente incuriosito, senza fretta alle spalle e senza impegni, continuai a camminare addentrandomi in quell'enorme cantiere navale abbandonato e decadente. Giaceva in un certo alone di mistero. Sembrava che lì le cose fossero immutate da secoli, come se il tempo si fosse di colpo fermato lasciando quel luogo in un'epoca di decadimento. Ugualmente emanava un certo fascino, come se vi fossero nascosti segreti destinati a mostrarsi solo agli occhi dei più audaci. Gli spazi erano così ampi da potersi perdere.


Iniziai ad addentrarmi nei vicoli, piccole stradine senza vita che sboccavano in grandi piazze. Figure distorte si accantonavano in gruppi di poche persone. Un assoluto e agghiacciante silenzio regnava. Sembrava una qualche scena di un film dell'orrore. Delle grosse cortine di fumo bianco si innalzavano un po' ovunque, mentre delle risatine di tanto in tanto rompevano il devastante silenzio che incombeva. Iniziai ad avere paura, quel posto faceva raggelare le ossa.

Mi resi ben presto conto di non essere un avventuriero e così ebbi il repentino desiderio di tornarmene indietro, ma purtroppo mi ero perso in quel dedalo di stradine, non sapendo nemmeno più dov'ero. Fioche luci provenivano dai pochi lampioni funzionanti, alcuni emanavano luce a trasmittenza e questo non faceva altro che accrescere in me la paura e la voglia di lasciare quel luogo il prima possibile. Cominciai a guardare in tutte le direzioni spaesato e impaurito, girandomi intorno freneticamente alla ricerca di una soluzione, di una via d'uscita, o semplicemente ero in panico. Andavo avanti e indietro a grandi passi senza motivo. Quando improvvisamente fui fermato da una voce gracile che mi raggiunse all'orecchio.

Over the dose of your loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora