Magic

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Salimmo saturi di stare a mare quando ormai era già calata la sera. Anche i pochi bagnanti rimasti, si dileguarono con il sole e a farci compagnia rimase solo il bagliore della luna.

Ritornammo fradici ai nostri teli, nei quali ci avvolgemmo per combattere il freddo che sopraggiungeva. Non ci furono parole a disturbare quella tranquillità immobile, ma il sibilo dei nostri tremiti era palpitante. Avvolti in quei teli, sentimmo anche il più piccolo lembo di pelle gelarsi.

“Piccola, ma stai tremando!?” mi chiese con tono affermativo.

Non aspettò nemmeno la risposta che cacciò dalla borsa la sua maglietta e me la infilò addosso, proprio come si fa ai bambini.

“Va meglio così?” mi domandò quasi preoccupato.

“Si, grazie. E tu come fai?”

“Non ti preoccupare di me, io sto bene.”

“Ma se stai tremando anche tu” gli risposi notando i suoi tremolii. Per tenere al caldo anche lui, lo abbracciai in una dolce stretta che ricambiò graditamente.

“Meglio?” domandai notando che apprezzò il contatto dei nostri tiepidi corpi.

“Decisamente” fu la sua risposta che accompagnò da un bacio.

Rimanemmo in quella posizione a lungo, anche se il calore che creammo inizialmente, andava scemando.

“Direi che adesso possiamo andarcene, inizio a non sentire le gambe” esclamai con tono quasi supplichevole.

“Direi che sono d’accordo” rispose sorridendo, forse vedendo il mio volto disperato.

In un attimo prendemmo tutte le nostre cose ed arrivammo appena in tempo alla moto, che dei grossi goccioloni d’acqua iniziarono ad inumidire i nostri corpi già abbastanza freddi.

“Merda, ci mancava solo la pioggia” esclamai mentre mi mettevo il casco.

“La tua finezza è sempre in perfetto tempismo” mi disse ironico.

“Tutto calcolato, Payno” risposi avvicinandomi a lui in un tenero bacio.

“Se continui a baciarmi, non partiremo più.” Si distaccò da me e mise in moto il bolide.

Per tutto il tragitto chiusi gli occhi e rimasi aggrappata a Liam, approfittai della posizione per sentire sotto le mani tutta la tonicità del suo corpo.

Solo quando sentii la moto rallentare, aprii gli occhi senza sapere dove ci trovavamo.

“Eccoci qua, siamo arrivati” disse aiutandomi a togliere il casco.

“Liam ma non dovevi portarmi a casa?” gli domandai stranita.

“Siamo a casa!”

“Sono ancora piuttosto sicura di riconoscere casa mia, e questa non le somiglia nemmeno lontanamente” dissi osservando l’imponente villa che si ergeva di fronte a noi.

Era una di quelle poche antiche abitazioni rimaste ancora in piedi e, per risalire al XIX° secolo, come diceva un’insegna sul cancello, era tenuta molto bene.

Il colore dominante delle facciate era il bianco, contornato da colonne di marmo e decorato da infissi blu che conferivano un tocco di vitalità a tutta quella monotonia.

“Questa è casa tua?” gli domandai. “Non male per un meccanico, e cosa ne è dell’altra?” dissi alludendo alla casa in cui precedentemente avevamo passato la notte.

“Io vivo nella casa in cui ti ho portato l’altra notte, questa è dei miei genitori che stanno continuamente in viaggio per lavoro” mi spiegò fuori alla porta, dopo aver bussato.

Over the dose of your loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora