Don't let me go

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Niall’s pov

Aspettavo impaziente il campanello suonare, aprire quella porta e vedere Clara con l’eroina.

Non riuscivo ancora a credere di desiderare ciò, volere che ancora una volta, una volta di troppo, Beth lasciasse fluire quella merda nelle  sue vene. Ma dovevo scegliere  questo o la sua più atroce e incontrollata sofferenza.

Non riuscivo neanche a soffermarmi sull’idea che Beth dovesse continuare a straziarsi così. Il suo dolore era palpitante, consumava le sue fragili membra e soprattutto la allontanava ogni istante in più da me.

Dovevo evitare che accadesse ciò, l’eroina era la soluzione più sbagliata quanto necessaria per il momento.

L’attesa era pressante, un pesante fardello che incombeva su noi tutti. E mentre i minuti scivolavano via, qualcosa di impensabile stava tenendo occupata Beth.

Era in bagno, mi aveva detto che doveva prendere delle pillole di valium. Allora perché tutto quel tempo?

Perchè il sospetto si accresceva in me dandomi la sicurezza che qualcos’altro stesse accadendo? Mi precipitai verso la porta del bagno trivellandola di colpi incessanti.

“Beth, cosa stai facendo? Aprimi subito!” urlai sforzando la voce.

Nessuna risposta.

“Beth, forza aprimi. Resisti, Clara sta arrivando con la dose. Vedrai, ti sentirai meglio, ora però aprimi. Devi farmi entrare Beth. Giuro che sfondo questa dannatissima porta se non lo fai” continuai con gli ultimi fiati di  voce.

La paura aumentava, i battiti cardiaci mi sfondavano il petto, ogni singolo nervo era teso e pulsante.

Non più gemiti di dolore, affanno, sforzo fisico udivo provenire da lì dentro.

“Beth, amore mio, perché mi fai questo? Fatti forza. Aprimi. Aprimi. Aprimi” e mentre le parole fuoriuscivano riempiendo quell’oscuro silenzio, riuscii a sfondare la porta e . . . la fine.

L’inizio dell’incubo più brutto, così vivido, così vicino, così reale. Reale.Non era finzione o fantasia, era lì davanti a me a rinchiudermi in una dolorosa morsa da sfracellarmi le ossa, spezzarmi in due, abbattermi. Immobile, una cancrena di muscoli e sensi colpì il mio corpo.

Per un attimo non vidi più nulla. Il buio totale mi fagocitava sostituendo quell’immagine spettrale.

Sentii di svenire, mi accasciai allo stipite della porta e caddi per terra in frantumi.

I frammenti del mio corpo sfracellato dissipati su quel terreno di morte. Ricomporli, dovevo ricomporli per riassemblare quelli di Beth.

“Mio Dio, Beth. Amore mio. Beth. Beth. Perché?” urlai con quanta voce mi era rimasta. Con quanta forza mi era rimasta. Con tutto l’amore che provavo.

Beth era lì, distesa morente su un letto di sangue, come nella più cruenta scena di un film, il suo corpo, provato da mille sforzi, senza quasi più vita.

Fiotti di sangue ancora caldo zampillavano velocemente dai suoi polsi feriti, accumulandosi nella già ricca pozza creatasi lungo tutta la sua figura .

Il suo sguardo, il suo terrificante sguardo fisso sul soffitto. La bocca esangue semiaperta. I palmi delle mani squarciati, impregnati di sangue.

I suoi tremiti irrefrenabili in un moto accelerativo.

Quando ripresi coscienza, mi fiondai verso il suo corpo quasi del tutto assente a questo mondo.

Mi sedetti accanto a lei incrociando le gambe tremanti, adagiandoci sopra la sua testa.

Over the dose of your loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora