Ai miei allora sedici anni,
alle paure e ai rimedi,
alle promesse non mantenute, ma divenute immortali
attraverso i miei ricordi.A quattro anni avevo paura di perdere il naso ogni qual volta qualcuno lo afferrasse con la minaccia di portarselo via con sé.
Piagnucolavo terrorizzata in ogni occasione, così mio fratello mi disse che bastava tenerselo con forza attaccato al viso e niente, nemmeno il martello pneumatico di papà, avrebbe potuto più scollarlo.
A sei anni avevo il terrore che mia sorella, appena nata, potesse prendersi per sé tutte le attenzioni di mamma e papà.
Così mi divertivo a nasconderle il ciuccio, finché non lo gettai giù dal terrazzino e quello piombò dritto in testa a mio padre.
Ah, inutile dire quanti rimproveri mi beccai e quante risate ancora oggi ci facciamo!
Potevo sembrare un po' monella, forse anche troppo, ma in realtà ero solo spaventata.
A otto anni la notte non dormivo molto facilmente: avevo paura del buio, dei rumori notturni e dell'uomo nero.
Ricordo addirittura che arrivava un momento in cui non ero più io a contare le pecorelle ma erano le pecorelle a contare me.
Mia madre mi ripeteva che aveva un modo tutto suo per superare quella paura: produrre un rumore in grado di superare quelli circostanti e che, nel frattempo, contribuisse a rilassarmi.
Un giorno decise di dimostrarmelo prendendo inaspettatamente l'aspirapolvere.
Ebbene sì, ci ritrovammo alle due di notte a ridere e a fingere di ballare con un principe delle favole.
Mi sembrava assurdo che per lei quel suono potesse essere rilassante, perché l'unica cosa certa era che non lo fosse affatto per i vicini.
E in aggiunta era papà che adesso aveva paura, sì, della bolletta della corrente e del postino quando veniva a trovarci.
A tredici anni avevo paura di restare da sola, di non piacere agli altri, incapace di relazionarmi con le persone.
Avevo una percezione di me stessa davvero pessima, così una persona a me cara mi diede un buffetto "affettuoso" sulla fronte e mi promise che non mi avrebbe mai lasciata sola.
Dopo, ovviamente, mi crebbe un bernoccolo enorme a forma di patata dietro la testa, perché così facendo mi aveva spinta contro il muro.
Quante risate!
Ad oggi ho ancora paura di tantissime cose, costantemente.
Però nel corso della mia breve vita c'è sempre stato qualcuno che, inconsapevolmente, mi ha fatto comprendere una cosa importante.
Tutti abbiamo paura, senza alcuna distinzione, ma c'è un solo modo per smettere di averne così tanta: riderci un po' su!
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Fragmenta - Oltre Me
Short StoryPoesie, racconti, pensieri. Piccoli frammenti sparsi di esistenza. Quando scrivo mi ritrovo. Questa raccolta è il mio testamento poetico. Un giorno morirò, ma quello che scrivo resterà oltre me. È un lascito immateriale che accoglie i miei ricordi...