Senza che mi cambi il cuore

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"Attraversare il dolore senza che ti cambi il cuore".

Ho letto questa frase in giro e fuochi d'artificio sono esplosi tra le pareti degli organi, i colori hanno illuminato la pelle ma il fumo è ancora lì, ad annebbiare il cervello.

È difficile darsi delle spiegazioni, ma a volte, in parte, la reazione che abbiamo è già una risposta.

Sono una persona fortunata, ho una famiglia che mi ama, un posto da chiamare casa, sto studiando per costruire il mio futuro, per essere indipendente, per fare esperienza.

Eppure manca qualcosa.

Spesso mi sento la spettatrice della mia vita, le giornate trascorrono monotone, tutto è improntato a quello che farò dopo, domani, un giorno. Adesso non c'è tempo, adesso devo fare altro, adesso non mi piaccio, adesso non mi sento pronta, adesso non è il momento.

E nel frattempo, adesso sta diventando poi. E "poi" non lo so cosa significa, se ci sarà, come sarà.

La sensibilità è un dono, ma anche una condanna. È cura, ma è anche veleno. Sentire è sempre meglio di non sentire affatto, ma non è facile sentire sempre tutto così tanto, così nitidamente, così in profondità.

Non importa più se a fare male è il mio dolore, oppure quello di qualcun altro. È dolore, e fa male sempre, in un modo che non mi so spiegare.

Mi chiedo cosa spinga il mio cuore a tremare così tanto per i terremoti degli altri. I palazzi crollano intorno a me, le macerie mi divorano, eppure l'epicentro non sono io, è da un'altra parte. Lontano? Non lo so.

Mi sento sempre tanto vicina, io. Alle cose, alle persone, agli eventi, ai ricordi. Ma sono anche lontana, incompresa, sola.

Piango spesso, e se da una parte amo emozionarmi, dall'altra odio non potermi controllare. Mi dico che le sofferenze sono altre, che il dolore di una persona può essere sconfinatamente immenso, logorante, letale.
Soffro tra me e me, ma non faccio mai parte di qualcosa, o del cuore di qualcuno. E, paradossalmente, a volte sono io a non permetterlo.

Penso che solo una cosa sia peggio del dolore: le sue conseguenze.

Il dolore cambia, trasforma, rompe, spezza, uccide senza fermare il cuore, senza bloccare il respiro, senza spegnere il cervello e chiudere gli occhi.

Uccide lasciandoti in vita e proprio per questo uccide in modo crudele.

A volte il dolore fortifica, ti rende migliore, ti scuote. Ma altre volte t'incupisce l'anima, t'ingrigia le giornate, ti abbatte l'umore, ti stringe il cuore come un minuscolo sasso e ti fa innalzare muri alti come torri.

Il dolore ti rende un'altra persona.

E io, che sono spaventata da mille cose, a volte ho paura di perdere me stessa. Questa sensibilità che mi fa piangere disperata ma nel frattempo mi culla come l'amore di una madre, questi valori così rigidi, non sempre compresi e condivisi, ma di cui vado fiera, questo cuore che subisce tante botte, ma non desidera barricarsi per potersi liberare di esse, questa mente combattuta, che vorrebbe amare senza soffrire, ma sa che amore è figlio di ricchezza e povertà, riempie e svuota.

Non so dove mi porterà il dolore che provo o quello che sgorga dagli occhi degli altri e finisce ad annaffiare germogli di emozioni incontrollate dentro di me.

Vorrei essere più forte.
Vorrei sapere cosa fare.

Perchè il dolore esiste e non si può estirpare del tutto, non possiamo essere sempre felici, vivremmo in un mondo di finzione se fosse così. Esistono persone crudeli, mostri orribili, nemici nascosti, ingiustizie e sciagure, malattie incurabili.

Esiste la morte che ti strappa da questo mondo, lasciando dietro di te cadaveri che camminano sui suoi anfratti.

Tutto ciò esiste, e non posso fare niente.

Ma io prego, prego che questo dolore non mi cambi mai, che io possa essere sempre quella che sono, forte e fragile.

Attraversare il dolore senza che mi cambi il cuore.

Fragmenta - Oltre MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora