Mi ricordo quel giorno d'aprile al parco, tra panche di legno sgangherate e fili d'erba profumati.
Il sole batteva vivacemente dopo giorni di pioggia e l'aria era pregna dell'odore inebriante di essa, i raggi illuminavano i nostri visi chiari, sorridenti.
La campanella era suonata, i nostri passi erano leggeri, sereni, sicuri. Ci eravamo sedute, ci guardavamo negli occhi. Intorno tramontava il primo pomeriggio, tra studenti allegri, persone che correvano respirando fiaccamente, cagnolini al guinzaglio.
Mi ricordo quello scivolo giallo e quel bambino che provava a scalarlo al contrario, rischiando di farsi male. Mi chiedo se anche noi stavamo affrontando così la vita, cercando di andarle incontro nel verso opposto anzichè scivolarci semplicemnte sopra. Se saremmo arrivate in cima a cantar vittoria o se ci avrebbe accolto il terreno duro del suolo. Ma quanto è dura scalare una superficie senza appigli, con le mani sudate a reggersi sui bordi che arrossano i palmi?
Ricordo i cavallucci con le molle, perchè come una bimba adoravi andarci. Oscillavi da una parte all'altra buffamente e chissà se preferivi restare in bilico tra due parti piuttosto che ferma in un'unica direzione. Già dentro di te c'era troppa immobilità, quella che ti rendeva indifferente.
La tua preferita era il girotondo, ti ci mettevi sopra e con tutta la forza giravi il manubrio, la velocità non ti spaventava, nè il rischio di cadere. Ti sentivi viva, forse perchè nei giorni grigi, tra pareti anonime, eri morta troppo a lungo. E ci saresti tornata tra quel gelo, tra quel buio. Che forse, in fondo, ti piaceva. Non volevi cambiare, intorno a te nulla lo sarebbe stato.
Sedute faccia a faccia, ci scambiavamo i nostri sorrisi migliori. Me lo ricordo perchè ci osservo in una foto che non sbiadisce mai e quel che vedo profuma di sincerità. Tra un click e l'altro, smorfie, labbra che si piegano, si storcono, visi che si colorano, occhi che ravvivano, cuori che si avvicinano, c'eravamo noi, o quel che ne restava. Chissà se in quel momento lo sapevamo già che quei momenti lì sarebbero finiti.
Avevi un cappuccio nero a coprirti il capo riccioluto, stringevi i lacci riempiendolo di pieghe e ridevi con le tue facce buffe. Il vento faceva volare i miei capelli spettinati, ma non scalfiva il mio sorriso grande. Mi stringevo nel mio maglioncino celeste e mettevo a posto gli orecchini lunghi, i miei preferiti. Dondolavano ai lobi, ma ero io a sentirmi cullata.
Quel giorno non lo sapevamo, ma stavamo mettendo a posto anche piccoli pezzi di noi. Quella era l'aria che ci faceva stare bene, i momenti che ci facevano sentire migliori, più unite, più spensierate. E tu eri una bimba, ma eri anche una donna, eri forte, ma eri anche fragile. E io ero insicura, ma anche felice, il cuore batteva tranquillo e, mai come allora, per fortuna batteva.
Erano bei tempi.
Ora sono bei ricordi.
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Fragmenta - Oltre Me
Short StoryPoesie, racconti, pensieri. Piccoli frammenti sparsi di esistenza. Quando scrivo mi ritrovo. Questa raccolta è il mio testamento poetico. Un giorno morirò, ma quello che scrivo resterà oltre me. È un lascito immateriale che accoglie i miei ricordi...