Overthinking

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Ero sola.

Mi trascinavo verso il letto, tirandomi dietro le ossa, i muscoli, gli organi.

Mi avvolgevo tra le coperte fingendo che fosse l'abbraccio dell'abisso, che il buio rappresentasse la fine dei pensieri, che il corpo inerte potesse riposare, arrestarsi.

Avrei voluto fermare il mio cervello, non la smetteva di rimuginare. Faceva rumore, un gran chiasso, interminabile fragore. La gola mi bruciava, tratteneva l'aria come se ne fosse gelosa e la volesse tutta per sè, invece di cederla ai polmoni bisognosi.

Gli occhi arrossati si bagnavano di lacrime roventi, mentre m'inondavano il viso, il cuore, l'anima.

Sentivo di aver paura di ogni cosa, di essere diventata un insignificante pezzo di carne schiacciato dal mondo gigantesco, da una vita che corre via, senza aspettare che tu la raggiunga, che ti guarda annaspare, allungare la mano, inciampare, gridare.

Avevo vissuto tutti i miei pochi anni pensando di sapere cosa volessi per me, stavo faticando per ottenerlo e quando avevo capito che non riuscivo a tenere il passo avevo avuto disperatamente paura. Mi ero chiesta quale fosse l'alternativa, perchè l'idea di non averne una mi faceva sentire a pezzi, inutile. Non riuscivo a smettere di ripetermi che fossi un fallimento, che non ero abbastanza forte, che mi ero arresa troppo facilmente, che stava andando tutto male, che non riuscivo più a vedere un futuro, che non sapevo più affrontare la vita.

Pensavo di essere determinata, e invece ero incredibilmente fragile.

Sembrava che non ci fosse una strada per me, che non ci fosse posto, che non fossi in grado di fare nulla. Non mi sentivo all'altezza. E questo mi terrorizzava.

Pregavo di addormentarmi in un letto che puzzava di dolore, per poter spegnere ogni cosa per qualche ora. Mi sentivo fisicamente e mentalmente stremata. Il panico m'incendiava le membra e mi stringevo il corpo. Il mio intento stava fallendo, non riuscivo a dormire.

Mi sembrava di star per morire, che non mi sarei più rialzata.

Volevo che finisse, volevo che la smettesse.

Poi qualcuno ha aperto la porta di casa, chiedendo dove fossi.

Qualcuno è entrato in camera, chiedendo cosa avessi.

E io sussurravo "niente", ma invece era tutto, era troppo.

La voce spezzata in due, le lacrime lungo il viso nascosto tra le pieghe del piumone.

Mi vergognavo di stare così e m'illudevo che nessuno se ne sarebbe accorto.

Ma inveco ero fortunata, perchè non sono mai stata davvero sola.

Qualcuno aveva tirato via le coperte, sdraiandosi accanto a me. Mi accarezzava le spalle che m'interstardivo a rivolgere loro, perchè non doveva essere niente, non avrebbero dovuto scorgere niente. E invece il mio corpo parlava da sè, perchè non si può veicolare la disperazione a comando, non è possibile lasciarla libera di distruggere e dopo interromperne il flusso.

Arriva, si manifesta, uccide, svanisce, ritorna, ma non la si prevede, non la si controlla.

Mia mamma dice sempre che l'unica cosa che non si può nascondere davvero sono le emozioni.

E mentre brancolavo nel buio delle mie palpebre serrate, ascoltavo la sua voce che mi cullava.

Che cos'hai?

Guardami...

Vuoi dirmi che succede?

E poi c'era anche papà che mi chiamava per nome, con lettere pregne di dolore, di spavento. Non lo avevo mai sentito tanto preoccupato.

E mi vergognai, mi sentii in colpa.

Non era la prima volta che mi sentivo in quel modo, ma era la prima volta che faceva così male.

Perchè piangi?

Parla con me.

Ma io non parlavo.

Mi ha portata vicina e mi ha stretto forte, abbracciandomi. E io smisi di trattenermi.

Così iniziai a singhiozzare, come se mi avessero lacerato in due. E lei pensò bene di rimettere i pezzi a posto, pur di lacerarsi le mani.

Perchè è così l'amore di una mamma, è questo che fa chi ti ama più della sua vita. Chi non sopporta di vederti star male in un letto di lacrime, chi ti scuote per ricordarti che c'è ancora sangue nelle vene e aria nei polmoni e luce nel buio.

E che se sono viva, allora non sono ancora morta.

E che finchè non sono morta, tutto si può ancora risolvere.

Perchè se mi fossi sentita lercio, sarei stata oro tra le sue mani calde.

Non mi sento bene, avevo detto, ed era vero.

Non avevo la forza di proferire altro, di spiegare qualcosa che comunque non avrei saputo definire a parole.

Mi lasciai mettere seduta e rimasi così tra loro due, tra mamma e papà.

Lui mi teneva una braccio dietro la schiena e lei mi stringeva la mano.

Tenevo gli occhi gonfi serrati, m'illudevo che finchè non li avessi aperti, loro non avrebbero visto. Pensavo stupidamente che servisse a qualcosa.

Il dolore ti fa credere cose assurde.

Negavo con la testa, come a dire che no, non c'era nulla che non andasse, che adesso mi sarei ripresa, che non era successo niente di grave.

Pensare di essere fonte di preoccupazione per loro mi faceva ancora più male, era tutto ciò che non avrei mai voluto.

Già sapevo che mi amassero, ma sentirlo quando si è nei propri momenti peggiori e non solo quando si tocca il cielo con un dito, mi ha fatto pensare di essere la persona più fortunata del mondo. Anche se in esso non ci sarebbe stato un posto per me, finchè ci sarebbero state, lo avrei sempre trovato tra le loro braccia.

Non si erano voltati dall'altra parte, non mi avevano ignorata, non mi avevano giudicata, non avevano minimizzato quello che provavo. Mi avevano ascoltata anche se non avevo detto una parola, mi avevano stretta mentre un pezzo del loro cuore andava in frantumi, proprio come me.

Se mi sono rialzata è stato grazie a loro.

Ai miei salvatori.

A mamma e papà.

Post Scriptum:
Anche se sembra tutto nero, per quanto difficile, c'è sempre una soluzione. Pensavo che fossero parole banali, la solita zolfa di chi parla senza sapere nulla. Poi l'ho vissuto, e ho capito che è vero. Ero convinta che non ci fosse un'altra strada per me, invece ce n'era più di una. E se una va male, non significa che andranno male anche tutte le altre. Bisogna trovare quella giusta, che lo sia davvero, e poi dare tutto se stessi. Non pensate che sia meglio restare soli. E soprattutto non pensate di esserlo, perchè ci sono tantissime persone che soffrono come voi e che vi possono aiutare.

Da sola,
lo so,
non mi sarei rialzata
da quel letto.

Siate forti,
ma soprattutto,
siate fragili.

Fragmenta - Oltre MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora