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Le strade a quell'ora erano deserte, ma la presenza di altre persone per Will non avrebbe fatto alcuna differenza. Quello che accadeva intorno a lui non lo toccava minimamente.

Aveva pregato di non dover più fare quel percorso, di non sentirsi come se un macigno gli impedisse di respirare. E continuava a pregare affinché il suo mondo non si sgretolasse di nuovo.

Aveva già vissuto quella sensazione, sapeva quanto bastava: un attimo, e in un battito di ciglia non si hanno più punti di riferimento. Invidiava chi, quei punti di riferimento, non li aveva mai avuti. Almeno non doveva fare i conti con i ricordi e la nostalgia.

Will strinse le dita intorpidite attorno alla bretella dello zaino. Era un gesto semplice dal quale, però, traspariva il suo bisogno di aggrapparsi a qualcosa, qualsiasi cosa.

Lungo il percorso incappò in un mini-market aperto 24/24h. Non si sarebbe fermato se non l'avesse ritenuto importante. Ogni minuto era prezioso. Ma anche il sorriso di suo fratello Michael lo era. Sgusciò all'interno del negozio, comprò ciò che reputava più utile e si rimise in cammino.

Senza accorgersene, le gambe lo avevano condotto a quel maledetto ospedale che ormai conosceva come le sue tasche.

Una voce profonda lo accolse mentre stava svoltando nel corridoio. «Hey, tu! L'orario delle visite è...»

«Ciao, Martha.»

Il viso della corpulenta infermiera all'accettazione si addolcì. «Will. Non ti avevo riconosciuto. Vai, corri. Ti sta aspettando.»

Will la ringraziò con lo sguardo e salì le scale a capo chino. Martha sapeva come lui fosse continuamente diviso tra università e lavoro, e che l'unico momento per andare a trovare il suo fratellino era fuori dall'orario di visita.

Quando raggiunse la stanza bussò per precauzione, ma già sapeva che suo fratello era sveglio. Non si sarebbe addormentato finché non avesse visto Will.

«Sorpresa, ometto» esclamò Will, entrando nella stanza. «O sei troppo stanco per le sorprese?»

«Will, non è una sorpresa. Sapevo che saresti arrivato.»

«Veramente mi riferivo a... questo.» E dallo zaino estrasse un sacchetto di carta pieno di ciambelle glassate. Il viso di Michael si illuminò: la malattia non gli concedeva spesso certe sregolatezze, ma ogni tanto uno strappo alla regola si poteva fare. Ne addentò una, gustando il sapore di fragola e la morbidezza dell'impasto.

«Oh, quasi dimenticavo...» A quel punto Will gli mostrò la vera sorpresa, un pacchetto di figurine per il suo ultimo album. Lui lo scartò con aria trasognata; ne uscirono due astronauti, la fotografia di una gigante rossa, la schematizzazione del nostro sistema solare e lo scatto sfuggente di un ufo.

Sotto lo sguardo intenerito di Will, Michael riesumò l'album nascosto dal cuscino del letto e incollò le figurine che non erano doppioni.

Fin da piccolo, Michael aveva provato un'attrazione per lo spazio. Il suo più grande sogno era diventare un astronauta. Un sogno così grande, messo in crisi da un male così piccolo. Will non ne sopportava anche solo il pensiero. Osservava gli occhi del fratello vagare affascinati da un pianeta a una nebulosa. Si interrogava, si incuriosiva, si spingeva oltre i limiti che la società imponeva. Era sempre stato più maturo della sua età. La malattia non l'aveva scoraggiato, anzi, lo spingeva ancor di più a stare al passo con la scienza, come se fosse cosciente della sua limitatezza e volesse scoprire tutti i misteri dell'Universo in un solo giorno. I medici gli dicevano di non affaticarsi troppo, ma lo spazio era l'unica cosa che lo teneva in vita.

«Bene» esultò. «Mi mancano solo ventuno figurine per completare l'album.»

«Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l'umanità, ometto.»

«Il grande Neil Armstrong... Chissà come si deve essere sentito quando ha messo per la prima volta piede sulla Luna.»

«Io non lo so di certo, ma sono sicuro che tu un giorno lo scoprirai.»

Il ragazzino sbadigliò, con l'espressione vacua che assumeva quando era pensieroso.

«Su, ora non ci pensare e mettiti a dormire. Domani mattina Martha passerà per eseguire i soliti controlli e, se è tutto a posto, potrai tornare a casa.»

Il fratello gli strinse la mano dal bordo del letto. Lo faceva sempre per addormentarsi. «Will, torna a casa stanotte. Domani hai le lezioni, e il lavoro. Sei stanco.»

«Non è vero» mentì. Non poteva farne a meno, era il suo istinto protettivo a rispondere per lui.

«Sì, invece. Fallo per me.» Chiuse gli occhi e sprofondò la testa nel cuscino. «Ci vediamo domani sera. Io starò benone con Martha. Buonanotte Will.»

Will gli accarezzò la mano e non gliela lasciò andare finché il respiro del fratello non si fece più pesante. «Buonanotte, Michael» sussurrò.

Avrebbe voluto prendere il suo posto. Perché non poteva farlo? Gli occhi gli si riempirono di lacrime. Augurò frettolosamente la buonanotte a Martha, ma non riuscì a guardarla in volto. L'infermiera non gli disse nulla, ma sapeva che il ragazzo stava piangendo.

Tutti i colori dell'UniversoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora