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«Ti chiedo di aspettare una decina di minuti, Will. È solo per precauzione, è la prassi.»

«Sì, certo Martha.»

Lo sguardo della donna era familiare come quello di una madre. «Vedrai, funzionerà. Dobbiamo eseguire delle analisi in laboratorio, ma ne sono quasi certa. Risulterai compatibile.»

«Devo esserlo.»

Martha gli diede una piccola stretta al braccio in segno di solidarietà e si allontanò. «Chiamami se avverti giramenti di testa o qualsiasi altro tipo di fastidio.»

Will credeva che la procedura fosse molto più lunga, invece si era dovuto sottoporre a qualche semplice esame e a un prelievo del sangue. Non aveva ancora accennato nulla a Michael riguardo la possibilità di essere il donatore, non voleva dargli false speranze nel caso in cui fosse risultato incompatibile.

Devo esserlo, pensò per la quinta volta.

In quei dieci minuti di attesa ne approfittò per fargli una telefonata. Il fratello rispose al terzo squillo.

«Ciao campione. Come va?»

«Ciao Will.» Aveva la voce leggermente affaticata, ma dal tono sembrava stare benone. «Tutto bene. Stavo guardando la televisione. Tu dove sei?»

«In officina» mentì. «Come ti senti?» Sapeva di averglielo già chiesto, ma era più forte di lui.

«Sto bene, davvero. Questa mattina ho fatto una passeggiata con zia Sarah e sono anche riuscito ad andare un po' avanti con il programma di matematica. Di questo passo potrei anche tornare a scuola.»

A Will scappò un sospiro. «Vedremo, ometto. Un passo alla volta. Lo sai, questo trapianto è importante e devi essere in buone condizioni di salute per poterlo affrontare.»

«Sì, lo so. Zia ha detto che le farebbe piacere se venissi a cena da lei, stasera.»

Non ci dovette pensare su molto. La casa era vuota senza Michael, nonostante avesse più tempo per se stesso e per lo studio. Eppure, in cuor suo lo sapeva che non avrebbe mai potuto accudire Michael come facevano gli zii. A volte si domandava se la scelta di portarlo via da casa loro non fosse stata troppo avventata. Will non avrebbe mai potuto offrire a Michael la stabilità di una famiglia normale. «Certo, ci sarò. Sei sicuro che non ti crei problemi rimanere per qualche altro giorno da loro?»

«Will, smettila di preoccuparti. Non puoi avere sempre tutto sotto controllo.»

Come faceva un ragazzino della sua età ad assumere un tono tanto autoritario? Non ammetteva repliche. Gli scappò un sorriso. «Ci proverò. Allora ci vediamo più tardi. Non stancarti troppo, mi raccomando.»

«Sissignore, signore!»

«Ciao stupidino.»

Quando Will attaccò, trovò due chiamate perse da Aaron. Si alzò dalla sedia e salutò Martha, facendole l'okay con il pollice. Una volta raggiunta l'uscita dell'ospedale richiamò l'amico.

«Fratello, ti disturbo? Sei a lavoro?»

«No, sto uscendo ora dall'ospedale. Stavo facendo dei controlli per la storia del trapianto.»

«Hai qualcosa da fare ora? No, perché stavo ripensando a quello che ci siamo detti l'altra sera e... Hai ragione. Devo fare qualcosa per Wynnie.» Già ricominciava a chiamarla con il diminutivo. Era più forte di lui. «Avevo intenzione di comprarle dei fiori, scriverle un bigliettino... Non so, qualcosa mi verrà in mente. Lo sai che non sono bravo in queste cose.»

Era proprio disperato. «Ho già capito. C'è un negozio di fiori dall'altra parte del fiume, ci sono stato qualche giorno fa. Vediamoci davanti casa mia. Ti ci porto io.»

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