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Un suono ovattato fece breccia nei sogni di Sofia. Si strinse di più nelle lenzuola, cercando di scacciarlo, ma quello persisteva. Socchiuse un occhio. Si era addormentata sul braccio semidisteso di Will; lui stava riposando come se non prendesse sonno da un mese. Averlo accanto nel letto era strano e bello al tempo stesso. Sarebbe rimasta a guardare la sua espressione angelica per tutta la mattina, ma il suo cellulare continuava a squillare e aveva il sospetto che si trattasse di qualcosa di urgente. Avvicinò le labbra al collo di Will e gli fece una lieve carezza sulla guancia.

«Will» bisbigliò. «Will, svegliati.»

Il ragazzo mugolò, ma quando si rese conto della chiamata scattò subito sull'attenti. La sua espressione serena cambiò di colpo quando lesse il nome sullo schermo del cellulare.

«Zia, buongiorno.» Fece una pausa. «Sì, scusami. No, sono sveglio. Che succede?»

Sofia alzò la testa dal cuscino e cercò il suo sguardo. "Qualcosa non va?" mimò con le labbra.

Ovviamente non ci fu risposta, sebbene i suoi occhi parlassero a sufficienza.

«Sì, hai fatto bene. Sarò da voi tra poco. Sì, ciao.»

Sofia rimase in silenzio e si limitò a carezzargli la schiena. Will le lasciò un rapido bacio e mandò all'aria le coperte, in cerca dei vestiti.

«Mi dispiace per il brusco risveglio, ma devo andare.»

«È per tuo fratello? Sta bene?»

«Ha qualche linea di febbre» spiegò. Rinunciò nell'impresa di trovare i vestiti e afferrò la prima maglietta che gli capitò a tiro nei cassetti. «È abbastanza comune con la sua malattia, è sempre in carenza di globuli rossi. Solo... Sai, ti ricorda che anche quando sta bene, il problema non è scomparso del tutto. Vorrei che lo fosse, ma è lì.»

Posò le mani sul comò e chinò il capo, fissando un punto imprecisato. Sofia si alzò dal letto e ne approfittò per abbracciarlo da dietro, poi raccolse le sue cose dal pavimento e si preparò a sua volta. Sapeva di non doverlo pensare, ma si sentiva inadeguata in quel momento.

«C'è del latte nel frigo e da mangiare nella credenza. Fai colazione e resta qui quanto vuoi» proseguì lui.

«Posso accompagnarti, se ti fa piacere.»

Will le prese il viso tra le mani. «Certo che mi fa piacere. Vorrei solo risparmiarti i dettagli, se posso evitarli.»

«Se vogliamo far funzionare le cose, non credo che servirà a molto. Andiamo, Michael ti sta aspettando.»

Per fare prima presero la vecchia Ford di Will, anche se ci volle del tempo per destreggiarsi nel traffico mattutino di Boston.

Mentre i minuti scorrevano e il ciondolo appeso allo specchietto retrovisore si agitava a ogni svolta, Sofia ragionò sulla piega che stava prendendo la sua vita. Non le importava delle spiegazioni che avrebbe dovuto dare ai genitori riguardo la sua assenza, dei castelli in aria che Jamie aveva costruito tutta la notte, delle materie da studiare o del nuovo dipinto che aveva cominciato e abbandonato nella sua camera. In quel momento si trovava esattamente dove doveva essere. Dove voleva essere. Se avesse potuto, avrebbe fermato il tempo alla sera prima, quando si trovava tra le braccia di Will, in un luogo in cui il mondo esterno non li avrebbe mai potuti raggiungere.

«Te ne stai pentendo?» le domandò lui, le dita strette sul volante.

Sofia staccò gli occhi dal finestrino. «Che cosa?»

«A cosa stai pensando?»

«Niente.»

«Bugiarda.»

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