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Nel bel mezzo di quella tranquillissima domenica, un clacson squassò il silenzio.

Sofia sapeva già di chi si trattava prima ancora di affacciarsi dalla finestra della sua camera. Si infilò in fretta un maglione, legò i capelli in una coda e corse in corridoio.

«Keisha, sei pronta?» Era in bagno da diverso tempo ormai.

La madre la raggiunse. «Sofi, Jamie è qui.»

Il clacson suonò per la seconda volta. Sofia mandò gli occhi al cielo. «È difficile non accorgersene. Puoi andare a controllare che Keisha non sia affogata nella vasca da bagno?»

Anche se stava cercando di far funzionare le cose nel rapporto con la sorella, non poteva fare a meno di quel sarcasmo.

«Non riesco a mettere le mollette» si lamentò la sorellina, spalancando la porta. Aveva indossato una gonna rosa e la sua felpa preferita. Era carina.

«Tesoro, dai a me.» La madre si chinò e portò a termine l'arduo compito. I capelli di Keisha erano voluminosi e soffici come una nuvola. «Ecco, ora sei pronta.»

Il suono del clacson non tardò ad arrivare.

Sofia prese Keisha per mano. «Su, andiamo, o Jamie mi verrà a prendere con la forza.»

«Sofia... Grazie» sussurrò la madre. Si riferiva al fatto che avesse deciso di portare Keisha con sé.

Sofia non sapeva perché l'avesse fatto, ma le era sembrato un buon modo per passare del tempo insieme e provare a legare.

Quando scesero in strada e salirono in macchina, vennero accolte dall'espressione impaziente di Jamie. «Ragazze, la partita comincia tra dieci minuti. Cameron ha bisogno del "bacio della vittoria".»

Sì, stavano ufficialmente insieme.

«Non ho ben capito perché Cam stia partecipando a un'amichevole di basket, se gioca a football» osservò Sofia.

«È un'amichevole, non il campionato. E poi qualunque sportivo sa giocare a basket in questa città.»

«Se lo dici tu.»

Jamie scoccò un'occhiata a Keisha, seduta sul sedile posteriore. «Sia chiaro, io non faccio da babysitter. Non ci so fare con i bambini, c'è un odio reciproco tra noi.»

«Hey, non ho bisogno della babysitter!» protestò lei. «Sono abbastanza grande.»

Sofia guardò l'amica, poi la sorella, e sorrise. «Brava, cantagliene quattro, Keisha.»

Jamie si infilò gli occhiali da sole senza staccare gli occhi dalla strada. «Vi preferivo quando non eravate coalizzate. Riesco a gestire una Reed alla volta.»

Arrivarono al campo di Langone Park a un minuto dal fischio d'inizio. Molti ragazzi e ragazze erano addossati alla rete che divideva il campo dalla strada. Sofia prese Keisha per mano e si fece largo con Jamie a suon di gomitate, ma alla fine riuscirono ad aggiudicarsi un posto in prima fila. Keisha si divertiva moltissimo a guardare la partita, anche se Sofia dubitava che conoscesse le regole. Assistere a una partita di basket non era la prima cosa che avrebbe fatto di domenica, ma la proposta di Jamie le era sembrata una buona distrazione da... quello che era successo il lunedì precedente. La sua amica ancora non sapeva del suo bacio con Luke, non c'era stata occasione di dirglielo. O meglio, Sofia aveva bisogno di rielaborare quanto successo, prima di condividerlo con qualcun altro. La delusione e la vergogna facevano a gara, ma almeno Luke non l'aveva usata e poi scaricata come aveva fatto Jason. Era stato piuttosto rapido a prendere la sua decisione, a dire la verità.

Keisha esultò e si mise a saltare su e giù al suo fianco. La squadra di Cameron aveva fatto canestro, ma non era stato lui a segnare. Il suo compagno di squadra indicò nella direzione di Sofia e mandò un bacio, come se stesse dedicando il punto a qualcuno.

«Sei grande, amore!» gridò una ragazza alle sue spalle. Sofia si voltò. Aveva capelli ricci e scuri e i lineamenti sudamericani. Era davvero graziosa mentre faceva il tifo per il ragazzo. Sofia era sicura di averlo già visto, ma dove? Aveva il suo viso proprio davanti agli occhi. Dove...? Ma certo! Era l'amico di Luke, quello che aveva comprato il bouquet al negozio per riconquistare la sua fidanzata.

«Sei la sua ragazza?» le chiese Sofia, alludendo al giocatore che aveva appena segnato.

«Sì, sono la fidanzata di Aaron.» Aveva un'espressione dolcissima. «Ci conosciamo?»

«Non personalmente, ma ho sentito parlare di te.»

Parve sorpresa da quelle parole. «Ah, sì?»

«Sì, e sono felice di vederti qui. Vuol dire che i fiori hanno funzionato. Mia madre ha un negozio di fiori ed è venuto a comprarli da noi, prima di portarteli» spiegò.

La ragazza sorrise e le tese la mano. «Wynona, molto piacere.»

Gliela strinse. «Sofia.»

«Aaron è fantastico, ma non posso attribuirgli tutti i meriti. Sapevo che si trattava di un'idea del suo migliore amico ancor prima che me lo confessasse.»

«È vero, era al negozio con Luke» ammise Sofia.

Wynona aggrottò la fronte. «Luke? Non conosco nessun Luke. Io stavo parlando di Will.»

Ora era Sofia a essere confusa. «Probabilmente non stiamo parlando della stessa persona.»

«Non so a chi ti stai riferendo, ma io parlavo di lui.» Wynona puntò l'indice verso l'altro lato del campo, dove c'erano altrettante persone ad assistere alla partita. Tra quelle persone c'era proprio Luke. Era con Michael e stava seguendo con attenzione le mosse di Aaron. «Quello è William, ma noi lo chiamiamo semplicemente Will.»

«È il suo secondo nome? Un... soprannome?»

Wynona scosse la testa, ridendo. «Si chiama William Hart da quando lo conosco, e sono parecchi anni ormai.»

Quel cognome. Sofia ricordò di averlo letto di sfuggita sulla tomba dei genitori. Non aveva collegato che fosse lo stesso cognome del ragazzo che le stava scrivendo le lettere, ma se il vero nome di Luke era Will, allora quel ragazzo era... Si trattava di uno scherzo. Non poteva essere vero.

Keisha scosse la sua mano e la guardò con i suoi grandi occhi scuri. «Sofi, stai bene?»

No, non era la parola giusta. Aveva la testa in subbuglio e il cuore che le martellava nel petto mentre cercava di rimettere insieme i pezzi. Perché Luke... Cioè, Will, avrebbe dovuto dirle una bugia? Doveva esserci un malinteso.

Sofia picchiettò sulla spalla dell'amica. «Jamie, ho davvero bisogno che guardi Keisha per cinque minuti.»

«Ne avevamo già parlato, il babysitting...»

Le stritolò il braccio. «È importante.»

Si accovacciò accanto alla sorella. «Mi allontano per un secondo. Stai con Jamie. Hai capito? Non ti muovere da qui. Torno subito.»

Prima che l'amica potesse replicare, Sofia andò incontro al presunto Will. Quel familiare ragazzo che aveva baciato, d'un tratto, era diventato uno sconosciuto.

Lui le dava le spalle e non si era accorto della sua presenza.

«Will» chiamò.

Ti prego, non ti voltare. Non ti voltare.

Tutti i colori dell'UniversoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora