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La Fiat 124 Sport Spider rossa era parcheggiata al lato della strada, con la cappotta tirata giù. Nicholas aspettava impaziente, poggiato allo sportello della vettura con le braccia conserte. Quando vide Sofia spuntare dal portone le andò subito incontro e la abbracciò.

«Cosa è successo?» disse quando si separò da lei, notando il cerotto sulla fronte. «Cosa hai fatto alla testa?»

«Te ne parlo strada facendo. Va tutto bene.»

Salirono in macchina. Nic fece inversione e si avviò sulla strada di casa. Il sole non era ancora sorto, l'aria era fredda e pungente, e in cielo era ancora ben visibile la luna.

Nic guidò per i primi cinque minuti senza proferire parola, le dita che tamburellavano impazienti sul volante.

«Quante speranze ho di sopravvivere ora che andrò a casa?»

«Poche» commentò il fratello. «La mamma era arrabbiatissima. Papà ha provato a calmarla.»

«Incoraggiante.»

«Non è divertente, Sofia. Mamma mi ha detto cosa le hai risposto al telefono prima di sparire.»

«Sparire?» sbottò lei. «Le è passato per la testa che potesse essere successo qualcosa? Oppure ha così poca fiducia in me che pensava che fossi scappata di casa?»

Nic non la guardava, aveva lo sguardo fisso davanti a sé. «Qualunque cosa abbia pensato, non gliene faccio una colpa.»

A quelle parole, Sofia ebbe l'impulso di aprire la portiera dell'auto e scappare sul serio.

«Insomma, mi vuoi dire cosa è successo?» incalzò ancora Nic.

«Un taxi. Stavo attraversando la strada, lui ha svoltato l'angolo e si è fermato appena in tempo. Poi devo essere svenuta e il ragazzo che mi ha soccorso mi ha portato nel suo appartamento.»

«Avresti dovuto chiamarci.»

«Il mio cellulare è andato. Dovrò farlo riparare. In più, ti ho chiamato appena mi sono svegliata.»

«Se fossi rimasta a casa ieri pomeriggio, tutto questo non sarebbe successo» fece lui, perentorio. Quasi quasi, Sofia preferiva la sua versione ironica.

«Avevo da fare, okay? Anche io ho una vita. E poi l'unica ad esserci rimasta male è la mamma, a Keisha non importa veramente della mia assenza.»

«Ti sbagli. È quella che ci è rimasta più male. Ha chiesto di te molte volte.»

Sofia roteò gli occhi nella penombra. «È quello che fanno i fratelli minori per attirare l'attenzione e incolpare i più grandi. Ci siamo passati, no? Io mi divertivo a farlo con te.»

Gli diede una gomitata, ma Nic non stette allo scherzo.

«Non lo so, comunque non voglio essere nel bel mezzo di questa bufera. Mi limito a fare da tassista e tornare a dormire.»

Dopo qualche altro minuto di silenzio, il fratello accostò l'auto di fronte casa. Il cielo si stava schiarendo. A breve sarebbero comparse le prime luci dell'alba.

«Grazie Nic. Scusami se ti ho svegliato.»

Lui si slacciò la cintura di sicurezza e strinse la sorella. «Sono solo contento che tu stia bene. Mandami un messaggio più tardi. Fammi sapere com'è la situazione a casa.»

«Se ne esco viva...»

Sofia non fece in tempo a mettere un piede oltre la porta che si ritrovò i genitori di fronte, seduti entrambi al tavolo della cucina. Sua madre scattò in piedi in un istante. I suoi occhi lampeggiavano di rabbia.

Tutti i colori dell'UniversoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora