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Quando le lezioni del giovedì terminarono, Will salutò i suoi compagni di corso e si diresse verso l'ufficio del professor Hoffman. Era stato il suo insegnante durante il secondo anno trascorso al M.I.T., ma lui non lo stimava solo per le eccellenti conoscenze: gli aveva dato consigli, tempo e supporto. Avevano un rapporto quasi paterno e Will gli era grato per averlo aiutato nei momenti in cui aveva pensato di non essere abbastanza bravo per quell'ambiente. Il professore lo aveva preso subito in simpatia per la sua curiosità e le sue numerose domande a fine lezione; la confidenza lo aveva portato a rivolgersi a lui nei momenti di difficoltà, quando non riusciva a stare al passo con i numerosi impegni.

La targhetta dorata con il suo nome era più sbiadita rispetto alla prima volta che Will era stato nel suo ufficio, ma per il resto non era cambiato nulla. Il ragazzo bussò prima di entrare.

Il professore sedeva dietro la sua scrivania. Il suo viso cominciava a mostrare alcuni segni del tempo, i capelli grigio scuro una volta erano nero corvino, eppure non perdeva mai fascino. Gli occhi chiari sorrisero quando vide Will.

«Ragazzo. Ti stavo aspettando.» Accennò alla sedia di fronte alla sua scrivania. «Vieni, accomodati.»

«Sì, grazie. Le ruberò solo qualche secondo.»

«Ti manca poco per laurearti, William» esordì, come se avesse intuito il motivo della sua visita. Come se già sapesse. «Ho notato che non hai dato gli ultimi esami. Cosa è successo?»

«Vede, è proprio questo il motivo per cui sono qui. Ho tante spese sulle spalle e non ho molto tempo da dedicare allo studio, ultimamente.»

L'uomo lo scrutò con attenzione, pesando ogni parola. «Cosa stai cercando di dirmi?»

William si odiava per la delusione che stava per dargli, ma non aveva altra scelta. «Io credo... che dovrò assentarmi per un po'.»

«Vuol dire che ti stai arrendendo? Getti la spugna così?» Will rimase in silenzio. «Se è una questione di soldi, il M.I.T. offre borse di studio e agevolazioni. Lo sai bene.»

«Sì, lo so, e sono grato per questo, altrimenti non ce l'avrei mai fatta ad arrivare fino a questo punto.»

«Ma vuoi comunque mollare.» Il professore si alzò dalla sedia e raggiunse la finestra alle sue spalle, con le braccia conserte. Sembrava che stesse riflettendo, eppure era stranamente calmo. Will si aspettava che si arrabbiasse, che gli ricordasse quanto il M.I.T. avesse investito sulla sua formazione. Invece gli disse: «William, sappiamo entrambi che tu non hai intenzione di rinunciare.»

«Mi sento costretto a farlo.»

L'uomo scosse la testa e si voltò per guardarlo di nuovo negli occhi. «Tu sei venuto qui per sentirti dire da me i motivi per cui non dovresti rinunciare. Altrimenti avresti lasciato già da un pezzo.»

C'era un fondo di verità in quella frase. Will stava temporeggiando, in attesa che arrivasse un miracolo. Ma il tempo, ormai, gli stava stringendo un cappio intorno alla gola.

«Non so cosa devo fare... Sono esausto» rivelò con un filo di voce.

«Will, voglio dirti solo una cosa. Quando si sceglie l'università da frequentare, lo si fa spesso in base a quello che ci viene offerto. In questo caso, se tu sei qui, è perché il tuo potenziale te lo ha consentito. Smettila di sentirti inadeguato e pensa a quello che tu potrai offrire al mondo, una volta uscito da qui.»

«Lei ha sempre avuto così tanta fiducia in me. Perché?»

Inaspettatamente, il professor Hoffman si diresse verso uno scaffale della sua libreria e prese un volume. Era l'annuario di venticinque anni prima. Lo posò sulla scrivania di fronte a Will, lo sfogliò e poi gli indicò la foto di uno studente. Will sapeva che suo padre si era laureato al M.I.T., ma vedere la sua foto in bianco e nero da giovane gli fece comunque provare una stretta al cuore.

«Tuo padre e io abbiamo studiato insieme» gli confessò Hoffman. «Eravamo molto amici e lui era... brillante. Non c'è altro termine per definirlo.»

Will aggrottò la fronte. «È per questo che mi è stato vicino per tutti questi anni?»

«È stato un onore, per me, avere il figlio di David Hart come studente.»

«Non capisco. Perché non me lo ha mai detto? Che conosceva mio padre, intendo.»

L'uomo chiuse l'annuario impolverato e lo rimise al suo posto. «Perché non volevo che ti sentissi privilegiato, né tantomeno in difficoltà. Hai fatto il percorso come tutti gli altri e lo hai fatto con le tue sole forze.»

Will si alzò a fatica, come se fosse rimasto seduto su quella sedia per anni. Ora, guardando il signor Hoffman, non vedeva più solo l'insegnante modello; vedeva anche un legame con suo padre.

«Indipendentemente da quale sarà la tua scelta, William, tuo padre sarebbe fiero di te.»

Il ragazzo gli strinse la mano, mentre l'uomo gli diede una pacca sulla spalla.

«La ringrazio, professore.»

Erano parole semplici, forse banali, ma volevano incamerare i mille pensieri che Will in quel momento non riusciva ad esprimere. Il signor Hoffman lo capì, perché sorrise con gli occhi come aveva fatto quando era entrato nel suo studio. Will se ne andò con l'immagine del suo professore da giovane, seduto in un'aula a seguire le lezioni insieme a suo padre. Quel pensiero lo rese felice.

Quando tornò a casa, qualcosa lo fece fermare prima di entrare. Non si aspettava altre sorprese da quella giornata, e invece... C'era un biglietto attaccato alla porta con lo scotch. Chi poteva essere? Sua zia aveva le chiavi per entrare, e poi gli avrebbe potuto telefonare.

Il cuore prese a battergli forte nel petto. Diceva solo:

Caro Will,

non scappo da nessuna parte senza di te.

Sofia

Tutti i colori dell'UniversoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora