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«Ah, caro mio. Sei proprio nei guai!»

Will ruotò la testa sotto la macchina che stava riparando e scorse un paio di scarpe da ginnastica familiari. Si diede una spinta con le mani e riemerse da sotto la vettura. Era sdraiato con la schiena su un carrello e aveva una chiave inglese in mano.

Si ritrovò davanti a suo fratello, che lo stava squadrando dall'alto con un gran sorriso, mentre la zia era rimasta fuori dall'officina e lo stava salutando con un cenno della mano.

«Ciao, ometto. Sei pronto per tornare a casa?»

Lo doveva ammettere, era in gran forma. Sapeva che la sua malattia era fatta di alti e bassi, ma sperava sempre di vederlo stare bene il più a lungo possibile.

«Sì, la zia Sarah mi stava giusto accompagnando all'appartamento. Le ho chiesto di fermarsi qui perché non potevo aspettare che tornassi per dirtelo.»

Will aggrottò la fronte. Si accorse solo in quel momento che Michael stringeva qualcosa tra le mani. «Dirmi cosa? Che sono nei guai?»

Michael non rispose alla domanda. «Tieni, è arrivata stamattina. Era nella cassetta della posta degli zii. Detto tra noi, non capisco perché tu abbia lasciato il loro indirizzo e non il nostro per il progetto.»

«È meglio così» bofonchiò Will, prendendo la busta. Il mittente era "Sofia Reed" e il bordo era già stato aperto. Guardò il fratello.

«Non mi dire che l'hai letta.»

Michael si fissò i piedi, in imbarazzo. Gli assomigliava così tanto... «Sì, l'ho letta. Volevo che avessi la mia approvazione.»

Will non riusciva a essere arrabbiato con lui nemmeno se si fosse concentrato. Il fratellino non aveva mai ficcanasato nella sua posta o nel suo cellulare, ma era anche vero che tra loro due non era mai esistito alcun tipo di segreto.

Will si avvicinò al bancone, posò la chiave inglese e prese un cacciavite. «E...? Ho la tua benedizione?»

«Decisamente. Mi piace, soprattutto il finale. È una tosta, ti darà del filo da torcere.»

«Mh... Lo sai che un po' di tranquillità non mi guasterebbe.»

Il ragazzino scrollò le spalle. «Sì, ma le ragazze scontate annoiano, e questa di sicuro non è noiosa.»

«Come hai fatto a diventare così saggio?» rise Will, mentre apriva il cofano della macchina.

«Michael, tesoro!» chiamò la zia Sarah. «Lasciamo lavorare tuo fratello.»

Will le fece un cenno con la mano, come per dirle che non c'era alcun problema. «Puoi accompagnarlo e rimanere con lui ancora un po'? Stacco tra un'oretta.»

«Ma certo, non ti preoccupare. Andiamo, Michael.»

Il ragazzino infilò la lettera nella tasca del giubbino del fratello. «Non usare la scusa che l'hai macchiata di olio ed è illeggibile.»

«Pensavo di usarne una più convincente.» Esitò, prima di dire: «Michael? Dopo, a casa, dobbiamo parlare di una cosa.»

«Certo.»

Will gli fece l'occhiolino e lo guardò allontanarsi, sotto l'espressione apprensiva della zia. Lei aveva già capito di cosa gli volesse parlare e il suo sguardo voleva dirgli: "Non sei da solo, ci siamo noi con te."

Eppure, era sempre così maledettamente difficile.

Dopo aver lavorato alla riparazione di altre tre macchine, il ragazzo raccolse le sue cose, salutò Matt e se ne andò. Non approfittò della doccia in officina; avrebbe potuto farne una a casa con calma, sapendo che Michael ora era con lui e in salute. Durante il tragitto fino all'appartamento immaginò come avrebbe potuto affrontare il discorso del trapianto, le parole giuste da scegliere, l'ansia e la preoccupazione da mascherare. Voleva sembrargli il più tranquillo possibile, anche se la verità era un'altra. Era agitato all'idea di cosa sarebbe seguito e al pensiero che, forse, non sarebbe bastato a risparmiare l'incubo della leucemia a suo fratello.

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