Hanna
27 Giugno 2010
Ore 15:45
Quello stesso giorno, qualche ora più tardi, lo scenario che si palesava davanti ai nostri occhi era completamente diverso dall'elegante studio in stile minimal di McMillan e associati.
Il carcere di Goldfeald si presentava come un edificio vecchio e non ben manutenuto. L'intonaco della facciata aveva iniziato a sgretolarsi probabilmente già da molti anni, i cancelli e le inferriate erano completamente arrugginiti e lo spazio verde che circondava la struttura era ricoperto di erbacce.
Se non fosse stato per le telecamere in movimento, apparentemente nuove di zecca, e la presenza di giovani soldati, quel carcere avrebbe potuto essere scambiato tranquillamente come un edificio abbandonato e in disuso.
Riuscimmo ad ottenere una visita a Felix Burer con così poco anticipo grazie all'amicizia di Sarah con Peter Sullivan, un agente della polizia penitenziaria conosciuto all'epoca della sua formazione.
Superammo una lunga serie di controlli e perquisizioni che avevano tutta l'aria di essere dei palpeggi velati e proseguimmo verso un lungo corridoio da poco ridipinto di grigio, l'odore acre e pungente di vernice arrivava ancora rapidamente alla gola.
Peter ci scortò per tutto il tetro passaggio fino ad una stanza. Le luci erano bianche, fredde e quasi inesistenti. Non c'erano finestre.
<<E' da anni che non riceve visite>> quelle parole di Peter spezzarono il flusso dei miei pensieri. Sarah mi fisso per qualche istante, per un istante ebbi la sensazione di scorgere paura nei suoi occhi. Per quanto il nostro mestiere ci porti ad essere a contatto giorno dopo giorno con il male e il dolore, non ci si abitua mai ad un luogo come le prigioni, un concentrato di crudeltà e sofferenza. Le pareti di quell'edificio sembravano trasudare grida e lamenti in ogni suo centimetro e angolo più nascosto
<<Posso sapere il motivo della vostra visita?>> Continuò Sullivan.
Aspettai qualche secondo attendendo una risposta di Sarah che non arrivò mai. <<Stiamo indagando su di una serie di omicidi avvenuti una ventina di anni fa, e Burer potrebbe essere collegato con le nostre vittime stando alle nostre fonti dell'epoca.>> Porsi la mano a Peter per salutarlo cordialmente e lui contraccambio, non dovevo essergli indifferente a giudicare dal suo sguardo basso e dalle mani sudate. Nonostante quei rapidi sintomi di insicurezza che riuscì a cogliere, la sua stretta di mano era salda e decisa. <<Hanna, Hanna Asteir>> Mi presentai, lui accennò un breve sorriso e fece un passo indietro.
Quando Felix Burer entrò nella stanza in manette, scortato da due agenti, lo fece con la freddezza di chi ormai non aveva più nulla da perdere. Si accomodo davanti a noi, ma fu solo dopo che uno degli agenti uscì dalla stanza che riuscì a fissarlo negli occhi.
<<Ci siamo già visti?>> Borbottò non staccando mai lo sguardo su di me. Sarah parve sorpresa.
<<Forse nei tuoi peggiori incubi>>
<<Non dimentico mai un bel faccino come il tuo>> Si appoggiò con la schiena alla sedia e portò le mani sotto al tavolo. <<Dammi ancora qualche minuto e saprò dirti dove ci siamo visti>>
<<Vogliamo farci servire anche una tazza di caffè e qualche biscotto per caso?>> Intervenne Sarah <<Non siamo qui per fare conversazione ne tanto meno per assistere ad uno dei tuoi giochetti psicologici Burer>>
L'uomo la interruppe prima che lei potesse continuare. <<Ecco questa è proprio una bella domanda. Perché siete qui?>> disse portandosi di nuovo in avanti e appoggiando i gomiti sul tavolino che ci separava.
STAI LEGGENDO
GIOCO DI UN INGANNO
Mystery / Thriller"Riesci a distinguere il confine sottile tra inganno e realtà?" Dopo circa 20 anni, la criminologa Anna torna nella sua città natale di Fort Mill per risolvere un caso che la tormenta da tempo. Quando era adolescente, Anna era stata testimone di un...