Capitolo 18 PARTE B

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Isabela Gonzales

30 Aprile 1987

Era passato più di mese da quando avevo lasciato Tijuana. Non avrei mai pensato di poterlo dire ma quel posto ora mi sembrava il paradiso se paragonato all'inferno delle mie ultime settimane.

Felix continuava a starmi addosso, ad osservarmi come fosse un cane da guardia. Ted dal canto suo aveva paura che scapassi, che potessi farlo da un momento all'altro e più e più volte aveva tenuto a precisare cosa mi sarebbe successo se solo avessi tentato di farlo. La loro presenza era opprimente, i loro sguardi erano lacci da cui non riuscivo a divincolarmi. Ma quella sera era diverso, Ted era fuori città per sbrigare "alcuni affari" e Felix lo aveva seguito così da potergli guardare le spalle. Per la prima volta dopo giorni, avevo la sensazione di poter respirare aria pulita lasciando scivolare via la paura. Senza pensarci troppo mi lasciai cadere su uno di quei divanetti in pelle, chiusi gli occhi e tirai un respiro profondo.

<<Credi che non abbia capito perché Ted ti ha portato qui?>>

Una voce spezzo i miei pensieri. <<Come scusi?>>

<<Io so perché Ted ti ha portato qui, l'ho capito.>> Teneva un bicchiere di Vodka tra le mani ma non ero convinta fosse ubriaco. <<Tu sei un altro dei suoi giochetti, un altro modo per fare soldi e mantenere il controllo. Quando si sarà stancato e non gli servirai più si sbarazzerà anche di te come ha già fatto in passato.>>

Sentii gli occhi riempirsi di lacrime mentre un nodo alla gola mi impediva di respirare. Lui se ne accorse.

<<Stai piangendo?>>

Annuii senza riuscire a dire altro.

<<Capisco come ti senti>> mi prese per mano. In preda alla paura, con un gesto istintivo mi divincolai dalla sua presa e mi allontanai da lui. <<Perdonami, sono stato maleducato, non volevo spaventarti>>

Non risposi.

<<Qual è il tuo nome?>> Domandò

Tentennai qualche istante. . <<Isabella>>

<<Piacere Isabella, io sono Bob.>>

Sorrisi per cortesia, poi un silenzio imbarazzante. L'uomo continuava a fissare il suo bicchiere, cercando di far roteare il poco contenuto che vi era rimasto. Il suo sguardo era triste.

<<Qual è la tua storia Isabella?>>

Arrossii in viso <<Mi consideri scortese se ti rispondo che preferisco non parlarne>>

<<No, non sei scortese. In fondo siamo solo due perfetti sconosciuti seduti l'uno accanto all'altra>>

<<E' tutto così assurdo>> borbottai

<<Già>> commentò, <<Davvero assurdo>>

Ci fu di nuovo un momento di silenzio.

<<E tu Bob? Perché sei qui?>> Chiesi. Non so cosa mi spinse a continuare quella conversazione quasi surreale. Forse la solitudine che mi consumava da settimane oppure perchè quel sconosciuto così bizzarro sembrava essere la prima persona che si interessava davvero di me dopo molto tempo.

Bob fece spallucce. <<Forse perché non ho saputo apprezzare quello che avevo. Ho scelto di concentrarmi sui difetti di mia moglie e non sulle sue belle qualità, mi sono concentrato sulle promozioni che non arrivavano e sul lavoro che in realtà non mi soddisfaceva. Ho accumulato frustrazione e rabbia nel corso degli anni. Poi è arrivato Ted Sintort. Credevo di aver trovato un amico di cui potersi fidare, anche lui aveva problemi in famiglia e non era soddisfatto del suo lavoro, mi capiva davvero. Poi ho iniziato a frequentare il club e le partite a poker e finalmente dopo anni mi sentivo bene. Erano la mia valvola di sfogo>>

<<Ma poi hai iniziato a perdere in modo insolito e hai capito che qualcosa non andava>>

Lui annuì. <<Ma nonostante questo ho continuato a giocare. Non volevo accettare di essere stato ingannato. Finché non è accaduto l'irreparabile>>

<<Niente è davvero irreparabile>>

Scosse la testa. <<Ho perso tutto e non c'è modo di poterlo recuperare>>

<<Ma non puoi arrenderti. Non possiamo arrenderci. Qualcuno deve pur fare qualcosa! Possiamo aiutarci a vicenda>>

<<E' troppo tardi ormai>> Appoggiò il bicchiere di vetro su di un tavolino e portò le mani tra i capelli.

<<Ma se odio così tanto Sintort, perché continui a venire qui?>>

Bob raccolse i pensieri scovando una risposta dentro se stesso che potesse convincere prima di tutto lui stesso. . <<perché è l'unica cosa che mi è rimasta prima della fine>>

<<Cosa vuoi dire Bob?>>

Lui non rispose. Tirò fuori dalla tasca quei pochi spiccioli che gli erano rimasti e li lasciò cadere accanto al bicchiere. Mi sorrise, poi lentamente lo vidi sparire nell'ombra.

Indugiai qualche secondo ancora con lo sguardo nella speranza di vederlo riapparire; Bob non tornò più.

Nel frattempo, un giovane uomo con un calice di birra in mano, sembrava avvicinarsi deciso verso di me.  

GIOCO DI UN INGANNODove le storie prendono vita. Scoprilo ora