Capitolo 29

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Sarah

1 Luglio 2010

TEMPO SCADUTO.

Mossi silenziosamente le dita e con un nodo alla gola costante ripetei lo stesso movimento con le gambe e con i piedi. Tirai un profondo sospiro, sollevata di non aver perso la sensibilità e il controllo del mio corpo.

Con i muscoli ancora indolenziti e un leggero ma pressante dolore alle tempie, distesi lentamente le ginocchia e poi il collo. Inarcai la schiena nella speranza di raggiungere un posizione più comoda. Le luci bianche e fredde di quella stanza accecavano i miei occhi, chiusi e sigillati da qualche ora.

Attraverso il pavimento e le pareti percepivo l'intero mondo che mi circondava. I passi svelti dei medici e i gemiti ricchi di speranza e angoscia dei pazienti. Mi era stata concessa una seconda possibilità, non tutti sono così fortunati. Presto mi resi conto che non potevo concedermi ne arrogarmi il diritto di arrendermi.

Hanna era andata via da qualche minuto ormai. Quando avevo aperto gli occhi per la prima volta, era lei che avevo trovato al mio fianco. Seduta sul bordo del letto a vigilarmi. Mi teneva la mano mentre il suo sguardo era perso nel vuoto. Non aveva aperto bocca per quasi tutto il tempo ma le espressioni del suo viso parevano urlare, sembrava sentirsi in colpa, partecipe di quella scampata tragedia.

Mi voltai delicatamente su di un fianco, fu più semplice del previsto. Indirizzai lo sguardo verso le ampie finestre e osservai il cielo scuro e pieno di nuvoloni. I vetri erano bagnati, capii che aveva iniziato a piovere, mi chiesi da quanto tempo.

Poco dopo il telefono iniziò a vibrare.

<<Ho tentato di raggiungere la tua stanza>> fece una pausa <<ma ci sono due agenti a sorvegliare la porta>>

<<Terrence?>> farfugliai

Lui non rispose.

<<Dove sei?>>

<<Sai che non posso dirtelo. Avrai il telefono sotto controllo>>

<<Avranno già intercettato la chiamata . . . >>

Ci fu silenzio.

<<Come stai?>> chiese

Esitai prima di parlare. La vera risposta a quella domanda avrebbe richiesto del tempo e della volontà che non possedevo <<Ho avuto momenti migliori>>, rapidamente raccolsi pensieri e coraggio. <<Ci sei tu dietro a tutto questo? Sei sempre stato tu?>>

<<Non posso rispondere io a questa domanda, dovrai farlo tu Sarah.>>

<<Perché non mi hai mai detto dello scontro tra te e Mike?>>

<<Ogni cosa che ho fatto, l'ho fatta perché era la più giusta in quel momento>> Continuava ad essere vago.

<<Per diamine Terry!>> sbottai cercando di sollevarmi con la schiena. Sentii dolore. <<Questo è quello che dicono tutti i peggiori criminali sotto processo>>

Lui non rispose, ci fu di nuovo silenzio.

<<Hai sempre avuto la risposta davanti ai tuoi occhi ma non hai mai avuto il coraggio di scoprire le carte>>

Ero nervosa. <<Cosa intendi adesso?>>

<<Ricordi la foto che ho preso dal tuo fascicolo?>>

<<Come non potrei farlo!>> Lo interruppi indispettita prima che potesse parlare

<<Smettila di guardarla con gli occhi e inizia ad osservarla con la mente. In che punto della strada si trova esattamente l'auto? E perché gli sportelli sono aperti? Rifletti Sarah.>>

Sentivo la testa scoppiare. <<Ma insomma! Se sei tanto intelligente perché non me lo dici e basta?>> urlai; poi mi ricordai degli agenti fuori alla mia porta e mi ricomposi.

<<Non posso farlo. A cosa servirebbe?>> Lo sentii abbozzare un sorriso <<Ti conosco ormai.. Se non sarai tu a trovare le risposte che cerchi da anni, se non lo farai da sola, non te ne convincerai mai>>

Non ebbi il tempo di parlare

<<Ora devo andare>>

<<Dove?>>

Lo ascoltai respirare profondamente. <<Devo parlare con Hanna. Lei è l'unica che ha la chiave per poter sciogliere le catene di questo inferno. Solo lei può rendermi libero, solo lei può liberarci tutti..>> si fermò ma ebbi la sensazione che non avesse terminato la frase <<Prenditi cura di Kurtis, digli che suo padre lo ha sempre amato tanto e che mi ha cambiato la vita dal primo momento in cui ci siamo guardati negli occhi>>

Una sensazione di insolita paura e inquietudine mi assalì. <<Cosa hai in mente di fare?>> gridai mentre lacrime silenziose rigavano il mio volto.

<<Un ultima cosa Sarah. Qualunque cosa accada non fidarti di Burner>>

Non ebbi risposta alla mia domanda. Terrence non era più all'altro lato della cornetta.

Scesi dal letto, infilai le pantofole e staccai la flebo dal braccio. Ebbi bisogno di sorreggermi ma una volta ritrovato l'equilibrio mossi da sola i primi passi verso la finestra. Mi fermai ad osservare l'immensità del buio intorno a me, la pioggia continuava a concedersi al suolo, mi chiesi dove fosse Terrence in quel momento e da quale cabina telefonica avesse potuto chiamare. Ascoltando il rumore delle gocce d'acqua poggiarsi sulle vetrate chiusi gli occhi, aprii la mente.

Immaginai la notte, la ruote 66, la foresta. Ero finalmente lì, era tutto così reale che provai terrore. Vidi l'auto di Solomon accostarsi al ciglio della strada, i fari accesi nell'oscurità, Mike scendere dal veicolo velocemente. L'aria era fresca, quasi fredda. Percepivo l'odore dell'erba e delle piante circostanti misto al profumo di terra bagnata. Sentii un leggero rumore provenire dalle mie spalle, un calpestio di erba secca. Mi voltai ed il viso dell'assassino era finalmente di fronte a me. Mi scrutava. Corse via, si inoltrò nella foresta fino a quando non scomparve.

Aprii gli occhi ansimando. Le mani erano sudate.

Ora tutto era finalmente chiaro. 

GIOCO DI UN INGANNODove le storie prendono vita. Scoprilo ora