Capitolo 24

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Freddy

29 Luglio 1988

Dopo circa due mesi di ricovero e cure intensive, le cicatrici fisiche di Freddy iniziavano a rimarginarsi. Purtroppo non si poteva dire lo stesso dei danni emotivi e psicologici che avrebbe trascinato con se per il resto della sua esistenza. Dopo quella terrificante e inaspettata aggressione lui non era più lo stesso, non lo sarebbe mai più stato.

Durante le prime settimane in ospedale Allison veniva a trovarlo spesso, circa due volte al giorno. Persino in coma riusciva a sentire la presenza di quella donna, che aveva amato così tanto, al suo fianco. Il tocco delle sue mani e la dolcezza della sua voce erano per lui come il più potente anestetico. Con il passare del tempo però, la frequenza delle visite era diminuita fino a ridursi ad un singolo appuntamento ogni settimana. Alla fine neanche più quello, Allison scomparve del tutto.

Freddy provò più volte a giustificare quelle assenze con ogni più assurdo tipo di impegno. Forse era malata, era stata trattenuta a lavoro o forse il suo cagnolino Charlie le aveva impedito di uscire di casa. Lui sapeva bene quanto fosse impegnativo prendersi cura di Charlie, infondo era stato proprio lui a regalarglielo.

Alla fine Freddy capì. Allison non sarebbe mai più tornata. Probabilmente perché anche solo guardare il viso del suo amato non le dava più gioia, non le trasmetteva più speranza o voglia di vivere; quello sguardo che aveva desiderato e ammirato per anni si era trasformato per Allison in un ricordo di dolore e morte. La spingeva verso l'oblio.

Lasciata la camera d'ospedale tornò a casa circondato dall'affetto di amici e perenti uniti in un solo intento: aiutarlo a non pensare.

L'unico a non esserti fatto vivo era Terrence e questo lo meravigliava. Conosceva bene l'odio che l'amico provava nei confronti di Sintort. Era stato proprio Terrence ad avvisarlo più volte di non rivolgersi a Ted per ottenere denaro in prestito ma lui non aveva voluto ascoltarlo. A volte l'amore fa compiere azioni sciocche.

La rabbia che Freddy sentiva crescere dentro di se, lo stava violentemente divorando. Avrebbe voluto togliere ogni cosa a quell'uomo che gli aveva portato via tutto. I suoi desideri si erano trasformati in un feroce istinto primordiale che non riusciva a reprimere. Vendetta era la parola d'ordine. Ted Sintort doveva morire.

Qualsiasi danno collaterale o imprevisto sarebbero stati accolti senza esitazione. Niente poteva distoglierlo dal suo obiettivo. Freddy non aveva più nulla da perdere oramai, aveva già perso tutto.

Fu per questa ragione che un caldo pomeriggio d'estate, ancora convalescente, acquistò una pistola così come aveva visto fare da alcuni amici, brandì il solito bastone per aiutare il ginocchio sinistro a sorreggersi e decise di visitare Ted nel suo ufficio.

Scese le scale che portavano al "RIPOSTIGLIO" senza nessuno che lo ostacolasse. Notò, con la coda dell'occhio, Sid Francis prendersi gioco di lui. Rideva, gioiva della sua sconfitta mentre continuava a starsene appostato in un angolo del Club, lo considerava un perdente, un buono a nulla. Freddy sentì un irrefrenabile voglia di premere il grilletto, desiderava farlo adesso, voleva porre fine a quell'inquietante e beffardo sorriso, ma si fermò, decise che non era il momento. Raggiunse un corridoio angusto e poco ospitale, era dipinto di nero e l'illuminazione era scadente. In fondo al passaggio la porta scura dell'ufficio di Ted incuteva terrore. Arrivò vicino alla soglia, portò la mano sul pomello ma si paralizzò all'istante quando sentì delle grida provenire dall'interno. Accostò l'orecchio ed iniziò ad ascoltare.

Sintort: "Stai sprecando solo fiato, ti ho già detto che non farò nulla di tutto questo."

Interlocutore: Per favore Ted, entrambi sappiamo che tu hai il potere per sistemare tutto se solo volessi.

Sintort: E' proprio questo il punto. . . NON VOGLIO! Vattene ora! non ho tempo da perdere e ne ho già perso abbastanza con te.

Interlocutore: Ti sto solo chiedendo di restituirmi ciò che mi appartiene. Ti prego Ted ne ho davvero bisogno, se non mi aiuti proprio non saprò come fare.

Sintort: Questo non è più un problema mio.

Ted rise, Felix Burer lo seguì a ruota. 

D'improvviso, il rumore di un oggetto pesante cadere per terra, spezzò quel inquietante sogghignare. 

Interlocutore: Giuro sulla mia stessa vita che la pagherai Ted per tutto il male che hai fatto.

Sintort: "E questa cosa sarebbe? Dovrei avere paura? Non sei ne la prima ne l'ultima persona che si presenta qui con l'intenzione di minacciarmi ma ti avverto: nessuno è mai riuscito a sbarazzarsi di Ted Sintort!" La voce dell'uomo si faceva sempre più forte. "Vi ho in pugno tutti, siete solo pedine nelle mie mani! Ora va via prima che decida di far crollare anche il tuo castello di carte."

Freddy sentì il movimento di alcuni passi, sembravano lenti e indecisi.

Interlocutore: E' troppo tardi per te Ted; è da questo momento che inizia la tua discesa verso l'inferno.

La porta si aprì senza che se ne accorgesse. Fu così che Freddy si ritrovo faccia a faccia con una figura a lui familiare, che dopo averlo fissato profondamente negli occhi, lo spintonò per farsi spazio e scappò via. 

GIOCO DI UN INGANNODove le storie prendono vita. Scoprilo ora