NESSUNO LO VERRÀ A SAPERE

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Pioveva quella sera. Era sera e pioveva. Potevi descriverlo in mille modi quello stato in cui si trovava il cielo. Eppure pioveva e basta.
Ero sola in sala comune, a guardare fuori dalla finestra la pioggia che cadeva regolare.

Ormai erano tre giorni che mi sentivo così. Mi sentivo vuota, come se mi mancasse qualcosa. Tutti i pensieri portano a quel foglio, che ho ancora con me. Lo riprendo ogni tanto, e lo rileggo. E Albus non l'ho visto da un pó di tempo. Da quattro giorni. Da quella sera.

Ho riletto la lettera troppe volte. E mi sono resa conto di una cosa.

Che quel vuoto è lui. Che mi manca da morire e che Scorpius non mi è mai mancato così.

Perché quella persona mi deve dare così tanti problemi? Io amo Scorpius, quel ragazzo che mi è sempre stato vicino, e che no mi ha tradito mai.
Perché?

Perché quella persona che ha gli occhi verde speranza, i capelli neri e sempre spettinati, un sorriso stupendo, i difetti più fantastici di questo mondo, un nome troppo grande da sopportare ma che riesce a sostenere comunque diventa il pensiero fisso di qualunque cosa stia pensando?

Apro il foglio. Le parole sono lì anche oggi. Ma le uniche che mi interessano sono tre.

Perché la amo.
Perché la amo.
Perché la amo.

Si può dire che io non abbia riletto la lettera, ma solo quelle tre parole. E anche altre tre.

Da sedici anni.

Risposta al problema che mi era stato assegnato.

Albus ti ama. Ti riconoscerebbe tra mille tue sosia, sarebbe anche l'unico a farlo o a perdere tempo a cercarti. Perché è... l'unico che ti abbia mai amato. Ma non è Scorpius, perché lui non ha mai rinunciato a te. Perché ti amano entrambi. Ma lui da sempre.

Questa risposta fa male. Perché so che lui convive con questo dolore da troppo tempo. Che mi sento in colpa.

E mi pento di avergli urlato, un anno fa, che mi ero finalmente fidanzata con Scorpius.

E di non essermene accorta prima.

E di averlo fatto soffrire unlteriolmente.

Ho finito col piangere, stanotte, mentre piove.

Saranno le due passate, e io sono ancora qui, mentre lascio che le mie lacrime cadano silenziose, mentre sono in piedi di fronte alla finestra.

Sento un rumore. Ma quando mi giro non c'è nessuno. Torno alla finestra, pensando che neanche domani andrò a lezione. Le ho saltate troppe volte questa setfimana. Ma in effetti sto male veramente. E Angel se n'è accorta, anche se non le ho detto niente.

Poi lo risento. Un fruscio.

Mi giro. Ho la certezza che qualcono mi stia guardando. Mi asciugo le lacrime e tiro su col naso, mentre ho ancora la lettera nelle mani. La sala è vuota. Cammino un pó più avanti, vicino al fuoco, e mi perdo nelle sue fiamme.

Poi abbasso lo sguardo, sentendomi stupida.

Però sul soffice tappeto per terra, poco distante da me, c'è qualcosa che non va.

È compresso, come se ci fosse qualcosa di invisibile sopra. Ci sono due solchi.

Due piedi.

E so chi c'è sotto il mantello.

Allungo la mano, quella libera, fino a stendere il braccio del tutto, per poi richiuderla. Sento qualcosa di leggero, sottile sotto le mie dita. Così con un movimento veloce tolsi il mantello, che diventò visibile, come chi c'era sotto.

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