Due strilli di sirene si avvicinarono al Kitz a ritmi diversi.
Il bianco che oscurava i miei occhi non si era ancora dissipato, eppure a tratti mi sembrava di poter vedere rosso sulle mie mani, sul pavimento dov'ero inginocchiato, e sul corpo da cui non proveniva più alcun respiro.
Sentii la porta a vetri che si spalancava e passi pesanti, così serrai gli occhi prima che un'altra torcia potesse accecarmi.
"Fatti indietro!" Qualcuno gridò sopra il frastuono di una sirena ancora accesa.
Mi alzai in piedi, ma uno dei presenti mi ritenne troppo lento, e mi tirò via per un braccio.
Poi ci furono solo suoni. Avrei dovuto cercare di tenere le orecchie tese per stare al passo con quello che stava succedendo, ma non ne avevo la forza. Mi sentivo stordito, mi tremavano le gambe e avevo la sensazione di dover vomitare.
Forse avevo preso un colpo alla testa.
Forse sentire un uomo rantolare nel terrore fino a che non era giunta la morte era stata un'esperienza leggermente spiacevole.
Non so quanto a lungo rimasi lì. Sentivo persone brulicarmi attorno e parole violente che volavano da una parete all'altra.
Poco a poco, le macchie bianche nei miei occhi si dispersero, sostituite da calde luci gialle di lanterne. I presenti iniziarono ad acquisire contorni e, con loro, anche l'uomo che avevo stretto mentre moriva.
Prima che i dettagli del suo viso mi fossero chiari, lo riconobbi. I capelli scuri, il mento spigoloso, le braccia possenti.
Era Luther Cline.
Le mie ginocchia deboli cedettero e mi sentii cadere, come quando si cade in un sogno. Aprii le mani per aggrapparmi a qualcosa e scoprii una sedia sotto di me. Non ricordavo di essermi seduto. Forse mi ci aveva messo qualcuno.
"Benjamin."
Alzai la testa di scatto a quella voce imperiosa, rabbrividendo davanti alla figura massiccia di Dorothy.
"Che cazzo hai combinato, ragazzo?"
La mia lingua rimase rigida nella bocca. I miei occhi caddero di nuovo sul cadavere. Riuscivo a vedere una pozza di sangue e qualcosa di nero lì accanto...
Una pistola.
No, due pistole.
Inghiottii un grumo di saliva e mi sforzai di sollevare lo sguardo su Dorothy. "Non sono stato io."
Qualunque consolazione Dotty avrebbe potuto offrirmi, fu interrotta dall'arrivo di altri uomini in divisa.
"Porca puttana," esclamò una voce conosciuta. "Questo non è il nostro cazzo di porta caffè?"
Un altro poliziotto rispose, ma un quarto omino baffuto e occhialuto lo bloccò prima che potesse cominciare. "Silenzio! Rimanete all'erta, cazzo! Victor, chiama la squadra due e digli di creare un perimetro e di portarsi la scientifica. Sì, adesso! Non me ne frega niente se sono le due di notte! Dì a Tina di portare immediatamente qui il suo culo, o giuro che la faccio sospendere." Il capo del dipartimento si fermò per riprendere fiato e lanciare sguardi assassini ai suoi uomini. "Avete una vaga idea di quanto lavoro stia andando a puttane con ogni secondo che passa?! Jodi sarà già stato avvisato di questo casino, sa che siamo qui dentro. Abbiamo perso ogni cazzo di possibilità di far cadere quel bastardo insieme a tutti i suoi cani! Perciò vedete di darvi una svegliata e cominciate a lavorare!"
I suoi tre subordinati mormorarono in assenso e si dispersero per allontanarsi da quella furia, che, inevitabilmente, cadde su di me.
"Porta caffè, hai due minuti per dirmi che cazzo stavi facendo qui dentro, o giuro che ti trascino in centrale in manette."
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Coyote e Ossicino
Mystery / ThrillerIl Coyote era a capo di un branco di motociclisti che infestava la piccola città californiana di Norgee. Ben aveva quasi terminato il liceo, e per ora era riuscito a nascondere che i suoi occhi tremavano ad ogni abbaglio. Se alla stazione di polizi...