15. Rissa

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Il silenzio in quell'auto era incattivito.

L'autista non aveva detto una parola da quando gli avevo dato l'indirizzo successivo. Carli era chiusa in uno stato cupo che temevo di punzecchiare.

"È andata bene. Abbiamo scoperto parecchio," dissi a nessuno in particolare.

Carli girò la testa per guardare fuori dal finestrino. "Ci hanno beccati subito."

Non sapevo se le bruciava essersi fatta prendere di sorpresa, o se davvero le importava che Casper sapesse che mi stava aiutando.

"Beh, doveva succedere prima o poi. Invece di piangerti addosso, perché non mi dici che cosa hai visto?"

Lei, giustamente, sbuffò. "Cosa c'era da vedere? Era solo Masao."

"E come ti è parso? La sua espressione intendo. Non sono riuscito a vedere granché."

"Pensavo che quando calava il sole ci vedevi meglio."

In verità non era calato del tutto quando eravamo arrivati a casa di Masao, ma non era stata la luce il problema. Il nistagmo non mi aveva lasciato in pace per un secondo quel pomeriggio. Anche in quel momento, i miei occhi tremavano furiosamente, offuscando ogni cosa.

"Dipende. Allora? Come ti è parso?"

Carli sospirò mentre l'auto compiva una curva stretta. Sulla strada si stavano accendendo i lampioni, ma al di là di questo non riuscivo a riconoscere niente.

"Era preoccupato. Quando hai detto che non vuoi vedere Casper ammazzato, Masao... ha fatto una faccia come se ci credesse davvero. Che potrebbe succedere, intendo." La sua voce si fece sottile su quelle ultime parole. 

A quanto pare io e Masao non eravamo gli unici ad essere preoccupati.

"Non gli succederà nulla." 

Lei si chiuse a riccio, mostrandomi la schiena. Sembrava assai più piccola così.

Una persona più affettuosa avrebbe cercato di abbracciarla, o... qualcosa, ma quella persona non ero io. 

"Dico davvero. Casper non finirà come Charlie."

Lei ridacchiò senza allegria. "Perché ci sei tu a proteggerlo? Che eroe."

"Siamo arrivati, signori." L'auto nera si arrestò e con essa la nostra conversazione. Confermai la destinazione sull'app e ringraziammo l'autista.

Avevo buone ragioni di credere che il ragazzo malmenato fosse ancora in casa sua.

Carli suonò il campanello di Nathan.

"Non vuoi nasconderti, stavolta?"

"Che senso ha? Ormai Cassy mi ha scoperto. E poi Nathan mi piace."

Mh. Quello era interessante.

Riconobbi il cigolio acuto della porta, più di quanto riuscii a riconoscere il viso dell'uomo affacciato.

"Ciao, Nate!" Carli saltò in avanti per abbracciarlo. L'uomo barcollò con un gemito. Evidentemente lo avevano conciato proprio male.

"Carli... e? Tu eri alla mia porta l'altro giorno, vero? Mi ricordo di te." E io mi ricordavo del suono della sua voce.

"Sono i capelli, vero? Alla gente rimangono impressi. Senti, Nate, ti dispiace se entriamo? Avrei qualche domanda da farti."

Nathan ebbe il buon senso di insospettirsi.

"Tu sei Benjamin Nicholson, dico bene?"

Oh. Quello non me lo aspettavo. Adesso ero io quello sospettoso. Nathan non era stato presente al raduno o quel giorno a scuola quando Cas mi aveva parlato della lettera. Come sapeva il mio nome?

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