5. La foto

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"Entriamo?" Chiese Casper.

Mi impuntai nella fanghiglia che costeggiava la sua casa. "Perché? Non ho nessun bisogno di entrare, devo solo parlare con i vicini."

"Potrebbe volerci un po' per interrogare tutto il circondario, dovresti metterti dell'altra crema solare."

Ma guarda te, questo pezzo di merda. Lo so IO quando mi devo mettere dell'altra crema solare.

E, in effetti, sarebbe stato il caso di mettermene un po' prima di iniziare il giro.

"Entro dentro perché devo pisciare. Non farti strane idee."

Cas fece quel verso sospirato che accompagnava i suoi occhi alzati al cielo. "Come vuoi. Intanto ti preparo qualcosa."

Si avvicinò alla porta sul retro e tirò fuori le chiavi.

"Non serve che prepari niente. Sarò fuori di qui in cinque minuti."

"Puoi non essere così difficile per mezzo secondo? Lo so che non hai fatto colazione. E il caffè non è colazione."

Chissenefrega. Non ci provai nemmeno a farlo desistere, aveva la testa dura come un mattone. E poi, se avessi avuto una scusa per rimanere per un po' a casa Coyote avrei potuto dare un'occhiata in giro per trovare la lettera.

Sarebbe stato esponenzialmente più semplice trovare il mittente sapendo che diavolo c'era scritto nel messaggio. E il solo fatto che Cas non volesse farmela leggere mi rendeva morbosamente curioso.

La serratura scattò facendo cigolare la porta sui cardini. La porta in sé era la solita schifezza tenuta insieme da compensato e buone speranze, ma la serratura mi sembrava nuova, aveva fatto un suono diverso da quello che ricordavo.

Attraversando la soglia ci passai la mano sopra. C'erano quattro grossi pistoni al lato della porta. Una chiusura blindata? Casperino è diventato un patito della sicurezza? E può spendere ottanta dollari per un'unica serratura?

La mia mente se ne uscì con mille immaginari possibili su come si fosse procurato quei soldi.

Non era qualcosa su cui volevo soffermarmi. Non erano affari miei. Poteva aver rapinato una banca, per quel che me ne importava. 

La porta si richiuse lasciando il corridoio nella semioscurità e attenuando l'abbaiare di Christopher Walker.

Con quelle sue suole massicce, Casper mi superò facendo un casino ad ogni passo. Sentii lo strisciare delle tapparelle del soggiorno-cucina e vidi la linea di luce provenire da quella stanza farsi più tiepida.

Stava aggiustando la luminosità della casa così che non dovessi portare gli occhiali da sole all'interno. Era orribile quanto mi fosse familiare quella routine.

Mi fiondai nel minuscolo bagno e chiusi la porta dietro di me. Non c'era pericolo che la luce mi infastidisse lì, l'unica finestra era un cubicolo opaco di venti centimetri per venti, che dava sulla casa di fronte.

Le condizioni del bagno erano quelle che ci si può aspettare quando ad occuparsi della casa è il capo di una banda di motociclisti diciannovenne. Il gabinetto aveva un aspetto decente, grazie a dio, ma quel lavandino aveva visto un po' troppi sputi di dentifricio e un po' troppo poco disinfettante. C'era poi la montagnola di vestiti sporchi che si mescolavano alla muffa verdognola della parete, e la lavatrice vagamente arrugginita e sempre in funzione che sbatteva da un lato all'altro del suo cubicolo come se stesse cercando di liberarsi dalle catene dei suoi tubi.

Tenni lo zaino in bilico su una gamba mentre tiravo fuori la mia crema solare da viaggio. Me la passai rapidamente su braccia, mani, viso e collo, per poi rimettere il flacone nello zaino e abbandonare il bagno in punta di piedi.

Coyote e OssicinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora