3. Giro in moto

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Quando arrivai a scuola, il giorno dopo, notai subito il gruppo chiassoso di motociclisti parcheggiati al centro del cortile, insieme all'attento spazio vuoto che li circondava.

C'era un bel cumulo di nuvole grigie in cielo, la visibilità era semplicemente perfetta, tanto che riuscivo a distinguere ognuno di quei sette coglioni.

No. Sei. Ora che li vedevo bene sapevo che l'assente ingiustificato era Nathan Shaw: un metro e settantacinque, afroamericano, con un groviglio di dread sulla testa che gli arrivava appena alle spalle. Al di là di ciò che era immediatamente apparente, non avevo scoperto granché sul suo conto. Sapevo che era stato in affidamento fino ai diciotto anni, e sapevo che non era di queste parti. Non avevo idea di come si fosse unito ai Coyote o quale fosse il suo ruolo nella banda.

E ora non rispondeva all'adunata di papà Coyote? Si era finalmente stufato di giocare a farsi arrestare il prima possibile?

"Ben."

Ah. Casperino il fantasmino mi chiamava. Stavo ancora valutando se continuare a camminare come se nulla fosse, quando Cas abbandonò il suo obbrobrio di motocicletta con i suoi schiavetti, e mi si parò davanti per bloccarmi la strada.

"Allora? Cos'hai scoperto?"

Ho scoperto che voglio abbandonare il caso. Che non posso dimenticarti se continui a ronzarmi intorno come una zanzara che non riesco a schiacciare.

"Che non ci sono telecamere su Chelsea Street."

Casper sorrise tirando su un solo angolo della bocca. Aveva ancora addosso i suoi guanti da moto, la sua giacca di pelle nera gli inspessiva le spalle.

"Questo mi rende molto felice. Ma hai scoperto chi ha lasciato quella lettera?"

Esitai. Incrociai le braccia al petto. Tutto a un tratto ero nervoso. Dovevo solo dirgli che non avevo trovato niente e non avevo intenzione di cercare ancora.

I miei occhi cominciarono a tremare e, in automatico, inclinai la testa per inquadrare Cas nel mio punto nullo, ma non appena iniziai a cercare la posizione giusta, lui si spostò in modo che potessi rimanere dritto.

Mi faceva infuriare. Avevo sia gli occhiali da sole che il cappello con la visiera, non aveva potuto vedere i miei occhi tremare. Gli era bastato un cenno della mia testa per capire cosa stavo facendo.

"Allora?"

"Allora, senza telecamere c'è ben poco che io possa fare. Posso... potrei interrogare i vicini."

Mi morsi la lingua. Perché l'avevo detto? Dovevo abbandonare il caso. ABBANDONARE.

Cas ridacchiò. "Interrogare i vicini? Speravo in qualcosa di un po' più di elaborato, mister detective. Anch'io sono capace di chiedere in giro se qualcuno ha visto qualcosa."

"Tu saresti capace? Bello mio, senza di me non sai nemmeno scaldarti il latte per la nanna. Non hai idea di come si interroghino dei testimoni. Sei a malapena capace di mantenere una conversazione umana."

"D'accordo." La sua voce stava ancora ridacchiando. "Allora mi sa che dovrai venire tu stesso."

Aprii la bocca e la richiusi. Mi ero appena offerto di infilarmi nei meandri della Fossa? Che diavolo c'è che non va in me? Ero andato lì con l'intenzione di rifiutarlo categoricamente.

"Ehm. Non posso. Ho il tirocinio dopo la scuola, lo sai." Prima che le cose potessero peggiorare, feci un passo di lato e provai a svicolarmi da quel muro di ragazzo.

"Allora andiamo adesso." Mi afferrò per un braccio e mi trattenne. I suoi guanti erano duri, sembravano una cosa morta attorno alle sue mani. Li odiavo. 

Coyote e OssicinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora