13. Luther

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Il giorno seguente mi svegliai con una nuova dose di scoppiettante energia.

Coinvolgere Carli era stata l'idea più geniale che avessi avuto da tempo immemore. Non ero finito. Fino a quel momento, mi era solo mancato questo semplice trucchetto: avere un piccolo tirapiedi che mi presti i suoi occhi su commissione. 

Mi preparai per la scuola mentre stilavo mentalmente la lista di tutto ciò che avrei dovuto comprare per tenere Carli dalla mia parte.

Un laptop e un cellulare, ovviamente. Quelli se li aspettava. Mi sarei presentato anche con una bici nuova, una da urlo, non come quella carabattola con cui andava in giro lei.

Se l'avessi annegata di regali, forse avrebbe chiuso un occhio quando avesse realizzato che le mie indagini erano in diretto contrasto con gli interessi di suo fratello.

"Vado a scuola," salutai di fretta mia madre attraversando il soggiorno.

"Ehi, ehi! E la colazione?"

"Sono in ritardo!" Aprii la porta di casa ma la voce squillante di mia madre mi bloccò ancora. Stava venendo verso di me.

"Prendi questo." Mi allungò un quadrato bianco che sotto le dita scoprii essere la stoffa di un fazzoletto.

"C'è un toast al formaggio dentro," spiegò lei.

"Va bene, grazie!" E provai a fuggire di nuovo.

"È il compleanno di tua nonna oggi."

Sbuffai con un piede fermo fuori dalla porta. "Bello, son contento per lei."

"Devi andare a trovarla."

Squadrai mia madre con occhio scettico. "E tu? Sei andata a trovarla?"

"Non preoccuparti di cos'ho fatto io. Ha chiesto di te. Dice che non ti vede da mesi."

"Beh, se lei non fosse un'acida stronza..."

Mia madre mi tirò uno schiaffetto sul petto, l'apice della violenza di cui era capace. "È tua nonna! E non vivrà per sempre. Vai a trovarla, falle gli auguri e se ti chiede dove sono, dille che io... ho la febbre, e ho paura di passarle qualcosa."

"Non mi sembri malata."

Lei mi spinse fuori e cominciò a tossire come una povera orfanella vittoriana. "Coff, coff, non posso proprio... coff, coff, non ce la faccio, Benjamin... coff..." E chiuse la porta.

Beh, la mia diabolica nonnina sarebbe riuscita a superare il suo compleanno senza poter torturare suo nipote. 

Non avevo mai avuto amore per lei, e il sentimento era caldamente reciproco: io non potevo perdonare tutto quello che aveva fatto passare a mia madre, e dal canto suo non era mai riuscita a farsi andare giù che nella sua perfetta famiglia fosse stato adottato un maschio, e non una femmina.

...

Passai la maggior parte della mattina nell'ufficio del college counselor per analizzare dettagliatamente le mie domande di iscrizione alle università della Ivy League. Avevo buone possibilità. Sia il mio punteggio SAT che l'ACT erano quasi perfetti. Mancava ancora la lettera di raccomandazione di Dotty, ma il mio tema di presentazione era già pronto e infiocchettato.

La mia prima scelta era il corso di criminologia di Yale. Se avessi superato la prima fase di selezione mi avrebbero chiamato per un colloquio. Ero sicuro che in uno scambio orale sarei riuscito ad impressionare la commissione.

Andavo alla grande. Come avevo potuto perdere tutta la mia sicurezza per quella sciocchezzuola del cadavere? La mia ipovisione non era nemmeno chissà quanto grave. Anzi. Praticamente ero a tanto così dal vederci perfettamente. 

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