6. Porta a porta

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"Saaaaalve, volevo solo farle una domanda veloce..."

"Non compro niente." L'uomo a cui apparteneva quella voce burbera doveva avere una certa età, a giudicare dalla sua posa ingobbita e dal generale rancore nel suo tono.

"Non sto cercando di venderle niente, voglio solo sapere..." Mi sbatté la porta in faccia. Avrei potuto sopportare la quinta porta chiusa ad un centimetro dal mio naso, se non fosse stato per Cas che ridacchiava appoggiato al palo dello stop a qualche metro di distanza.

Mi girai per guardarlo male, ma di sicuro riuscii solo a divertirlo ancora di più.

"Cosa ti aspettavi? Te l'ho detto che la gente di qui non ama i ficcanaso. Per questo speravo in una delle tue magie alla Benjamin."

Mi avviai verso la prossima casa ignorando la pioggerellina sottile che batteva sulla visiera del mio cappello. 

"Cosa sarebbe una magia alla Benjamin?"

Cas si accodò dietro di me con quel suo passo da papera claudicante. "Sai, un'impronta nella sabbia... una foto su Instagram... e mi sai dire chi ha ucciso Kennedy. Quel tuo trucchetto lì."

Alzai gli occhi al cielo dietro agli occhiali scuri. Da un lato mi stava solo prendendo per il culo, dall'altro credeva davvero che fossi molto più sveglio di quello che ero. Quando avevo comunicato al mondo che avevo intenzione di entrare in un'università della Ivy League, lui era stato l'unico a non aver battuto ciglio.

La casa che stavo puntando era la seconda della via. Più ci allontanavamo dalla cassetta delle lettere di Casper, più le nostre speranze di trovare il mittente misterioso si assottigliavano.

"Ah, quella casa la puoi saltare," fece Cas con la sua finta voce di noncuranza.

Mhh, indovina quale casa non avremmo saltato?

"Ben!"

Affrettai il passo prima che gli venisse in mente di bloccarmi, e chiusi l'ultima distanza che mi separava dal campanello con una leggera corsetta.

"Perché non ascolti mai un cazzo di quello che dico?!" Il suo bisbiglio rabbioso fu interrotto da un cigolio acuto.

Sulla porta apparve un uomo di media statura, afroamericano, con un groviglio di dread sulla testa che gli arrivava appena alle spalle. Avevo visto Nathan Shaw poche volte, ma con quella luce favorevole ero in grado di riconoscerlo. Era l'ultimo arrivato dei Coyote, l'assente ingiustificato degli ultimi due giorni. 

"Nathan Shaw, detto Nate, vent'anni appena compiuti, dico bene? Il più vecchio della baby gang. Io e te non ci siamo mai formalmente presentati. Piacere. Sono Benjamin."

Nathan si stava reggendo alla maniglia come se ne avesse bisogno per tenersi in piedi. Riuscivo a vedere un solo occhio, l'altro spariva nella confusione della sua faccia, come se non riuscisse a tenerlo aperto. Era gonfio? Sembrava avere la faccia gonfia.

Maledizione! Avevo bisogno di vedere i dettagli!

Tirai rapidamente fuori il cellulare, mentre Nathan raschiava con voce confusa: "Jack? Che succede?"

"Niente. Non preoccuparti, riposati. Noi stiamo andando."

Ogni pagina della home page del mio cellulare era divisa in quattro, con un'unica app per cella. Con un rapido swipe a destra ero sulla pagina che mi serviva. Toccai la cella in alto a destra. Anche se non riuscivo a distinguere bene l'icona, sapevo che era l'app della fotocamera. 

Cas mi mise una mano sulla spalla per trascinarmi via proprio quando sollevai il cellulare sulla faccia di Nathan.

"Dì cheeseeee."

Coyote e OssicinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora