25. Mamma

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Casper POV

Il fuoco dei fornelli era vicino alla mia pelle.

Sul divano, oltre il bancone della cucina, i ragazzi si stavano scambiando sguardi preoccupati in un fiume di sussurri.

I loro bisbigli erano lontani. Stavo respirando vicino al fuoco acceso. Ossigeno caldo entrava nei miei polmoni, mentre la mia mano girava meccanicamente la salsa nella pentola.

Un respiro. Due respiri. C'erano giorni in cui la vista delle fiamme non mi faceva neppure girare la testa. In cui sentivo la voce di Natalie dietro di me, le sue mani sulle mie spalle.

Altri giorni la mia gola bruciava.

Ogni respiro era più pesante di quello di prima. Non riuscivo a tenere gli occhi aperti, ma il calore era tanto intenso che riuscivo a vederlo dietro alle palpebre. Era una forza tangibile. Era tutt'intorno a me. Si aggrappava ai vestiti, alle scarpe, ai capelli. Faceva un rumore assordante.

E io non riuscivo a gridare.

"Jack."

Alzai gli occhi a fatica. Bob era il povero disgraziato ad essere stato pescato a sorte per venire a parlarmi.

"Dai, amico... usciamo un po'. Andiamo alla discarica qua dietro. Ci beviamo qualche birra..."

Gli lanciai uno sguardo truce e alzai la fiamma al massimo. Il calore mi investì il viso e per un momento mi sentii sfuggire dall'apatia.

"Fuori. Tutti voi. Vi voglio fuori di qui."

Max e Peter si guardarono. Nathan scosse le spalle.

"Sono il capo," ricordai a tutti loro, girando energicamente quella salsa che, da almeno due ore, non aveva più bisogno di cuocere.

"Sei il capo perché ti prendi cura di noi," rispose Nathan con voce pacata. "Ora ci prendiamo noi cura di te."

Non glielo avrei permesso. Il forno alle mie spalle suonò con un trillo fastidioso, così diedi loro le spalle per tirare fuori il mio soufflé.

Sentii la porta di casa che si apriva, e poi gli inconfondibili tonfi dei passi di Masao. Avevano intenzione di ammassarsi tutti nel mio salotto finché non fosse esploso?

Mi girai con tutta l'intenzione di tirare un mestolo in testa al nuovo ospite indesiderato, quando notai un altro volto inatteso.

"Ben..."

Lui osservò per un attimo il gruppo pressato sul divano, e poi puntò gli occhi coperti dalle lenti scure su di me. Lui non mi avrebbe offerto inutile pietà, ma questo non voleva dire che volessi vederlo.

"Non è un buon momento."

Ben spinse Masao da parte per raggiungere il bancone. Diede un'occhiata veloce alle alte fiamme sotto alla pentola, e non aspettò alcun permesso per infilarsi nella cucina accanto a me, e tastare le manopole dei fuochi una ad una, finché non trovò quella giusta.

Il fuoco si estinse ed io mi sentii improvvisamente più presente. Più lucido.

Non volevo affatto essere lucido.

Riaccesi la fiamma e annegai il tumulto della mia mente nel mio cuore colmo di panico.

Ben tenne lo sguardo fisso su di me e allungò di nuovo la mano per spegnere il fuoco.

Io lo accesi.

Lui lo spense.

"Sei una vera piaga, lo sai?"

Lui sorrise con l'aria di uno che lo sapeva bene.

La porta si aprì di nuovo. Cole entrò con respiro trafelato come se avesse corso interrottamente, dalla scuola alla mia porta.

Coyote e OssicinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora