È strano come la vita sia imprevedibile, non trovate? Come da un momento all'altro ti catapulti qualcuno che possa aiutarti a rendere la tua vita più bella, proprio nel momento del bisogno, quando più ti senti solo ed estraniato dal mondo. A me è capitato, all'epoca avevo solamente otto anni e non mi ero ancora resa conto del grandissimo regalo che mi era stato donato.
-ESTATE 1997-
Non ero mai stata una bambina modello. Per carità, ero molto brava a scuola, ubbidiente e rispettosa, ma non ero come le altre bambine della mia età, ero...diversa, e stranamente, ne andavo fiera. Non mi piaceva indossare vestitini colorati o sandaletti sbirluccicosi, anzi, amavo indossare i miei jeans usurati e le magliette dai colori maschili, così le definivano le altre bambine del paese, che compravo al negozietto dell'usato poco lontano dal negozio di dolciumi, in cui mi ci fiondavo appena finito lo shopping di vestiario. I miei capelli non erano lunghi, ondulati e setosi come quelli delle mie compagne di classe, li tenevo corti, da una parte rasati e dall'altra con un ciuffo abbastanza lungo, e avevo sempre odiato gli enormi fiocchi con cui si acconciavano i capelli chilometrici le altre bimbe, facendole sembrare tutte così uguali, tutte simili a delle bamboline da esposizione.
Non avevo mai giocato con delle bambole, preferivo correre all'aria aperta, rotolarmi nell'erba umida, rincorrere le farfalle e arrampicarmi sugli alberi del mio immenso giardino per godermi la bella vista che mostrava il paesino in cui vivevo, Loitsche.
Molte persone lo definivano un paese privo di animo, smorto, noioso e da vecchietti pensionati in cerca di pace. Ma io invece lo adoravo, probabilmente perché abitavo lì, in quella casetta di campagna dispersa in un grande campo, da quando avevo quattro anni, ma Loitsche era l'unico posto che ritenevo casa, l'unico luogo che aveva rubato un pezzo del mio cuore.
Era una sera d'estate, indossavo una salopette di jeans corta, che lasciava scoperte le mie ginocchia tagliuzzate qua e là, una maglietta a righe blu e rosse e le mie solite converse bianche sporchissime. Mi stavo dondolando sull'altalena appesa a un ramo del salice, la leggera brezza estiva soffiava sulle mie gambe e braccia scoperte, facendole accapponare, stavo guardando il sole cominciare a tramontare.
<<Roxy, vieni qui! Dobbiamo andare!>> Le urla di mia zia Egle attirarono la mia attenzione, ricordandomi della cena programmata per quella sera, corsi fino alla porta d'ingresso dove mi aspettava con aria spazientita la zia.
<<Perfetto, andiamo che Simone ci aspetta>> mormorò lei prendendomi per mano e cominciando a camminare lungo la stradina ghiaiosa che portava verso la via da cui entravamo nel nostro cortile. Camminavamo nel totale silenzio, si poteva udire solo il rumore dei miei passi incerti sui sassolini, che per colpa della mia goffaggine, rischiavo sempre di inciamparmici sopra.
<<Eccoci arrivati!>> Esclamò mia zia indicando una casetta color panna, dai serramenti color noce scuro e una ringhiera di ferro grigia delle decorazioni tortuose. Egle suonò il campanello sistemandosi due ciuffetti castani dietro le orecchie con la mano libera dal grande piatto in ceramica contenente una crostata alle pesche fatta in casa. La porta si aprì rivelando la figura alta e snella di una donna, doveva avere super giù l'età di mia zia, i capelli biondi e leggermente ondulati le arrivavano fino alle spalle, degli occhi azzurri cielo ci scrutavano gioiosi e un sorriso raggiante arcuava le labbra rosa e sottili della donna, che strinse mia zia in un caloroso abbraccio.
<<Egle! Finalmente ti rivedo!>> Ululò straripante di felicità la donna bionda accogliendoci in casa sua. Casa sua era molto più grande ma sempre con uno stile antico, proprio come casa nostra. Un signore alto dai capelli castani e brizzolati e degli occhi color castagna dallo sguardo sincero e simpatico, si alzò dal divano porpora in velluto e si incamminò nella nostra direzione.
<<Questo è Gordon, il mio nuovo compagno>> mormorò Simone indicando l'uomo che le circondò le spalle stringendo la mano sia a me che a mia zia.
<<E questo angioletto chi è?>> Chiese la donna posando i suoi occhi cerulei sulla mia piccola figura, abbracciata al fianco di mia zia.
<<Lei è mia nipote, Roxanne>> rispose zia Egle carezzandomi il capo, sentì le dita calde di Simone sfiorare delicatamente la mia guanciotta rosata.
<<Assomiglia molto a Julia>> sussurrò nominando in modo dolce il nome di mia madre, Julia Neumann, facendo scattare un senso di lieve dolore in me.
<<Si, lo so>> soffiò la zia afflitta, spostando le sue iridi nocciola nelle mie, verdi smeraldo. Finalmente l'attenzione si spostò da me a due bambini, che avevano fatto ingresso nel grande salone. Erano entrambi alti e snelli, proprio come la madre, uno aveva dei capelli biondi cenere tagliati corti, indossava dei vestiti attillati dai colori cupi, una sottile linea di matita nera contornava perfettamente gli occhi cioccolato del bambino, l'altro, invece, aveva i capelli lunghi fino a poco sopra le spalle e dello stesso colore del fratello, indossava capi più larghi e colorati dell'altro bambino e il taglio e il colore degli occhi erano identici a quelli del bimbo affianco a lui, cosa che mi fece intuire che i due fossero gemelli.
<<Questi sono i miei due figli, Tom e Bill>> disse con espressione fiera Simone, invitando i gemelli a fare qualche passo in avanti, verso di me.
<<Ciao io sono Bill, è un piacere conoscerti>> si presentò con tono civettuolo il bimbo dai capelli corti, allungando la mano destra.
<<Tom>> mormorò l'altro accennando con la mano, infilata per metà nelle tasche dei suoi jeans, un saluto molto timido.
<<Roxanne, piacere>> sussurrai stringendo la mano di Bill e sorridendo imbarazzata a Tom.
Quello fu il giorno in cui capì quanto potesse essere loquace Bill, a cui avevo dato il soprannome di Billy. Parlava a macchinetta, senza mai fare delle pause per respirare o ingoiare della saliva, ed io ero sempre stata una brava ascoltatrice, perciò andavamo molto d'accordo, lui parlava e io ascoltavo.
Invece di Tom, che posso dire, era Tom. Non aveva la stessa parlantina del gemello, ma era davvero un bravo inventore di battutine con cui faceva morire dal ridere sia me che il fratello. Ho sempre avuto una sorta di ammirazione per il suo modo di fare, così sfrontato e a dir poco spocchioso, ma sicuro e mai titubante, io ero tutto il contrario, prima di rispondere a una semplice domanda in classe stavo anni a rimuginarci su, perdendo, alcune volte, pure l'occasione di rispondere. Nei corridoi o in posti affollati, che per mia fortuna a Loitsche non erano molti, camminavo sempre a testa bassa, impaurita del giudizio degli altri. Invece a Tom non gli era mai importato del pensiero altrui, e di questo l'avevo sempre invidiato.
Perciò si, quella sera sono entrate nella mia vita le persone che l'hanno illuminata come due fari in un porto.
I gemelli Kaulitz sono tutt'ora la luce che mi porterà sempre sulla retta via.
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.Per oggi i capitoli sono finiti! Penso che posterò altri domani. Cosa ne pensate, vi potrebbe piacere questa storia?
Grazie a tutti per il supporto e i commenti dolci!
Ciauuuu💋💋💋
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★Why'd you wanna leave me?★ [Tom Kaulitz]
Romance- La guardavo mentre veniva trascinata, allontanata da me, dal mostro che ero diventato. Una lacrima salata inumidì la mia guancia, ancora dolente per i pugni ricevuti. Fu quella l'ultima volta che vidi Roxanne, la mia dolce Roxy.- [INIZIO: 14 otto...